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Ci vediamo domani

Creato il 03 maggio 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

bfdfbbRoma. Il quarantenne Marcello Santilli (Enrico Brignano), è alle prese con l’ennesimo affare sballato, il mancato acquisto di un ristorante, servendosi come intermediario del direttore della banca (Ricky Tognazzi) cui aveva chiesto un finanziamento per poter versare la caparra. L’attuale gestore, infatti, nega di aver avviato alcuna trattativa e d’altronde Marcello, per evadere il fisco, non aveva provveduto alla registrazione (basta una stretta di mano).
E così, l’improvvisato “furbetto del quartierino”, che nella vita si è lasciato irretire dal miraggio di una facile ricchezza, fra intuizioni campate in aria e tutta una serie di Gratta e vinci, si ritrova indebitato, senza lavoro, sfrattato, un matrimonio alle spalle con Flavia (Francesca Inaudi), ed una figlia, Melania (Giulia Salerno), che lo considera come “il verme nella sua mela”.
Per fortuna c’è l’amorevole nonna (Liliana Vallasciani) ad ospitarlo in casa sua, ma l’abitazione ben presto andrà soggetta ad ipoteca, per finanziare un nuovo lampo di genio del nipote, folgorato da una notizia letta sul giornale: a Pietrafrisca, piccolo paese pugliese, vive una comunità di ottuagenari e manca un’agenzia di pompe funebri … L’uomo giusto al momento giusto: basterà aver pazienza, tre o quattro decessi, tanto per iniziare, ed una volta assolti i debiti forse sarà anche possibile avviare l’attività di ristoratore …

Enrico Brignano

Enrico Brignano

Terzo lungometraggio di Andrea Zaccariello (Boom, ’99; Sei come sei, 2002, episodio Una specie di appuntamento), anche sceneggiatore insieme a Paolo Rossi, Ci vediamo domani si è rivelato una piacevole sorpresa, in particolare per la capacità di volgere uno sguardo alla realtà essenzialmente puro, affrancato dai soliti artifici della risata facile e dell’accondiscendenza ruffiana ed avvalorato invece da toni favolistici, nell’alternanza fra malinconia e disincanto.
Se l’introduzione della vicenda può apparire un po’ didascalica, per quanto evidenzi una certa attenzione nel dare risalto a più di un particolare (la moralità double face del direttore di banca, la casa della nonna nido familiare, baluardo di ricordi e antichi valori, la speranza di un cambiamento espressa per bocca di Melania, “io non giudico, semplicemente non faccio finta di niente”), una volta che l’azione si sposta a Pietrafrisca il film “prende aria” e assume diversa consistenza. Qui infatti si palesa la felice intuizione di rappresentare un luogo del Sud Italia non come il solito contenitore di stantii e comodi stereotipi, ma in guisa di naturale ed incontaminato proscenio, funzionale ad offrire la visione di una sorta di mondo parallelo, sospeso nel tempo, che spingerà il protagonista ad una profonda riflessione, volta a comprendere come le conseguenze delle nostre scelte avranno sempre una ripercussione, positiva o negativa, a seconda delle circostanze, sulla vita degli altri, in particolare di quanti ci sono vicini.
Ricky Tognazzi ed Enrico Brignano

Ricky Tognazzi ed Enrico Brignano

Evidente la contrapposizione fra le aspettative, per lo più mancate, dell’odierna generazione dei quarantenni, spesso compressa, tra tacito consenso e mal comune mezzo gaudio, in un sistema che impone un generico stare bene, omologato e buono per ogni uso, meglio se coincidente col possesso di più beni materiali, e “il nulla da perdere” degli anziani, fieri nella loro dignità di aver dato e ricevuto tutto ciò che il proprio lavoro poteva consentire, offrendo una relativa tranquillità a se stessi e ai propri familiari. Sono ben consapevoli, inoltre, che l’unico significato attribuibile alla vita sia quello d’accettarne il suo fluire: il solo condizionamento sarà rappresentato da uno speranzoso “ci vediamo domani”, aggiungendo così un altro giorno alla loro esistenza terrena. Pur avendo apprezzato la struttura complessiva del film, non mi ha del tutto convinto l’impostazione “brignanocentrica”: il bravo attore mi è parso in difficoltà sulla distanza, in particolare nel reggere, più che l’alternanza fra ironia e malinconia (anzi, a mio avviso le conferisce una benvenuta levità poetica), il volgere della storia, a volte un po’ incerto, verso toni surreali e grotteschi (i vari tentativi di Marcello per far fuori i vecchietti, gente “vera”, del luogo, che gli si rivolgono contro) e il cedere a qualche lungaggine (come l’arrivo al paesello, toccata e fuga, di una badante).
Burt Young e Brignano

Burt Young e Brignano

Per fortuna i duetti con Burt Young (l’anziano Palagonia), valido confronto generazionale, riescono a riportare un certo equilibrio, mentre il personaggio di Flavia avrebbe meritato una maggiore definizione, sottolineando al riguardo la bravura di Francesca Inaudi nel farcene intuire le note caratteriali, grazie ad un semplice sguardo, gesto o atteggiamento. Il finale, anche se va per le lunghe, intriso di un sentimentalismo forse eccessivo, è comunque funzionale nel riunire passato e presente, ciò che è stato e ancora potrà essere, ed offre la definitiva percezione di aver assistito, pur nei limiti di una certa discontinuità sulla linea da seguire, ad un film dall’afflato sincero, volto alla riscoperta di un coinvolgimento umano dato per disperso, indicando una probabile via per ritrovarlo.
E favola sia, ci vediamo domani.

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