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Cile: nessun colpevole per il caso dei 33 minatori sepolti vivi

Creato il 04 agosto 2013 da Eldorado

Nessun colpevole, non solo, ma non ci sarà nemmeno l’istruzione di un processo. Dopo più di due anni di indagini, il pubblico ministero incaricato di investigare i fatti della miniera cilena di San José, dove proprio tre anni fa (era il 5 agosto 2010) trentatrè minatori rimasero intrappolati nelle viscere della terra per sessantanove giorni prima di essere salvati, ha deciso di archiviare e di non presentare imputazione alcuna.

Le accuse presentate all’indomani della frana, che riguardavano non solo i proprietari della miniera, ma anche il Sernageomin (Servicio Nacional de Geología y Minería), che venivano tacciati di negligenza sono cadute. Insomma, quello del 5 agosto fu solo un incidente prodotto dalla fatalità.

A non crederci per primi sono proprio i minatori, che in più occasioni avevano denunciato le condizioni precarie con cui svolgevano il loro lavoro. Nel 2006 nella miniera San José era morto un lavoratore e dal marzo 2007 al maggio 2008 le installazioni erano state chiuse proprio dal Sernageomin che le aveva ritenute non idonee e pericolose. Tutti fatti, oltre ad altri gravi incidenti sul lavoro, che i minatori ed i loro rappresentanti avevano sottolineato nei giorni della crisi. Lo stesso presidente Piñera al tempo era stato enfatico nel dichiarare che il governo avrebbe portato i responsabili in tribunale. La decisione del pubblico ministero confuta quindi ogni anteriore dichiarazione e cancella la possibilità di un procedimento processuale penale, mettendo in pericolo anche l’azione civile per i risarcimenti richiesti dai minatori.  

Risarcimenti su cui contano i trentatrè, che dal giorno dell’incidente hanno visto le loro vite radicalmente cambiate. Dopo l’iniziale popolarità e gli inviti in mezzo mondo, i minatori sono tornati a vivere la vita di tutti i giorni, con un trauma psicologico difficile da superare ed un arduo reinserimento nel mondo del lavoro. Ognuno di loro ha ricevuto 13000 dollari per i diritti cinematografici del film sulla vicenda, più un bonus di 10000 dollari, un regalo del miliardario cileno Leonardo Farkas. Dopo tre anni, però, i soldi cominciano a scarseggiare. Da qui la speranza che almeno il processo civile, con la richiesta del risarcimento  di mezzo milione di dollari per ognuno giunga a buon fine. In seguito al non procedere del procedimento penale, i minatori hanno annunciato che porteranno il caso davanti all’Organizzazione Internazionale del Lavoro. 

Intanto, la miniera San José ha chiuso i battenti. La società che la gestiva (la San Esteban SA) ha presentato domanda di fallimento e parte dell’accordo giudiziario prevede la vendita delle sue installazioni. Se così fosse, la miniera potrebbe tornare ad operare per continuare l’estrazione del rame di cui è ricco il giacimento di Copiapó su cui sorge la San José. Insomma, risolti i vari cavilli burocratici, è probabile che tutto tornerà come prima. 


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