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Cina e Taiwan: un incontro all’insegna del riavvicinamento

Creato il 01 dicembre 2015 da Bloglobal @bloglobal_opi

cina-taiwan

di Agnese Carlini

Un incontro storico, avvenuto il 7 novembre scorso a Singapore, tra il Presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo taiwanese Ma Ying-jeou, ha segnato la ricorrenza del settantesimo anniversario dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La sconfitta dell’impero nipponico portò Taiwan sotto il controllo della Repubblica di Cina, unico governo legittimo riconosciuto fino al 1949 che, in seguito alla rivoluzione maoista, si vide obbligato a rifugiarsi sull’isola di Formosa.

Sul piano internazionale molte cose sono cambiate. La fine della Guerra Fredda ha portato con sé il disgelo nelle relazioni tra USA e Russia e l’emergere di un nuovo attore nella regione dell’Asia-Pacifico: la Cina. Dal punto di vista geopolitico l’ascesa della Cina è andata ad intaccare le sfere di influenza che si erano create nei decenni precedenti, soprattutto quella statunitense. Come potenza vincitrice della guerra, il primo interesse cinese è stato quello di promuovere e rafforzare il suo status e la sua influenza non solo nella regione ma anche a livello internazionale e, inoltre, quello di stringere legami sempre più forti con la Russia. È in questo contesto geopolitico, in cui la Cina è divenuta una superpotenza, che Taiwan ha dovuto affrontare sfide sempre più difficili in ambito economico, diplomatico e ha dovuto adottare strategie di sicurezza nazionale.

Il processo di trasformazione politica e la democratizzazione di Taiwan, iniziati negli anni Ottanta, hanno causato non poche preoccupazioni tra le sfere politiche cinesi. La morte di Chiang Ching-kuo, leader del Kuomintang (KMT) ha drasticamente diminuito, se non del tutto abbattuto, la possibilità di un’ipotetica riunificazione tra Cina e Taiwan. Nonostante venne sostituito da Lee Teng-hui, anche costui membro del KMT, le sue origini taiwanesi facilitarono in qualche modo l’ascesa del Partito Democratico Progressista (PDP). 

Nel corso degli anni, le relazioni tra i due governi si sono dimostrate altalenanti. É importante ricordare la politica degli anni Novanta di “uno Stato, due sistemi” che prevedeva un ritorno di Taiwan sotto la sovranità della Repubblica Popolare Cinese mantenendo in cambio un proprio sistema politico, una propria struttura socio-economica, le sue relazioni non governative con Stati terzi e garanzie in merito alla piena indipendenza legislativa e giuridica. Tuttavia la situazione precipitò in seguito alle dichiarazioni nel 1999 del Presidente Lee Teng-hui, secondo cui Taiwan e Pechino dovevano mantenere aperte le relazioni riconoscendosi come due Stati, pertanto indipendenti e sovrani [1]. Scaturirono forti tensioni tra i due governi che culminarono con un rafforzamento militare da parte della Cina sulle coste dello stretto di Taiwan. Nel 2005 si assistette all’adozione da parte della Repubblica Popolare Cinese della Legge anti-secessione, volta a difendere la sovranità e l’unità nazionale e soprattutto la pace nell’intera regione. Le tensioni con Pechino diminuirono notevolmente dopo l’elezione nel 2008 e durante tutta la presidenza di Ma Ying-jeou. Dopo 66 anni di scontri e di interruzione dei rapporti tra i due governi, a causa soprattutto di una politica non conciliante da parte della Cina contro le richieste di indipendenza taiwanesi, il Presidente Ma nei suoi due mandati ha scelto la via della riconciliazione piuttosto che quella delle relazioni diplomatiche. Solo nel 2010 si assistette ad un cambio notevole delle relazioni economiche tra Taipei e Pechino, che si formalizzarono con la firma dell’Accordo di Cooperazione Economica.

Il 2015 è iniziato all’insegna del dialogo tra le due parti in questione. Il Presidente Xi ha tenuto ad evidenziare come le attività indipendentiste sull’isola rappresentino la minaccia più grave al processo di pace. Nonostante la politica di riconciliazione, la Cina continentale ha ribadito in tono minaccioso la necessità di mantenere le relazioni sempre nel rispetto del Consenso del 1992, secondo il quale Pechino sarebbe giustificata ad attaccare Taiwan nel caso in cui quest’ultima dichiarasse la propria indipendenza. L’incontro è avvenuto in piena campagna elettorale e le critiche da parte del PDP così come di alcuni analisti non si sono fatte attendere e hanno interpretato l’incontro come una manovra volta a favorire gli interessi cinesi. Le elezioni presidenziali del gennaio 2016 sono viste come una possibile causa di deterioramento del dialogo intrapreso dalle due parti e la possibilità che il candidato del KMT possa vincere sembra essere relativamente bassa se comparata con quella del DPP da sempre ostile a Pechino. Non riuscendo a firmare un qualsivoglia accordo che apporti benefici mutui in ambito economico, sembra difficile che nel breve tempo si riesca a trovare un punto d’intesa nelle questioni politiche.

La posizione di Taiwan è particolarmente delicata; l’isola, infatti, continua ad essere esclusa da alcuni accordi regionali commerciali come ad esempio il Partenariato Trans-Pacifico (TPP), l’Area di libero scambio dell’Asia-Pacifico (promossa dalla Cina) e gli altri accordi bilaterali sulla liberalizzazione del commercio. Inoltre, le relazioni con la Corea del Sud e il Giappone sono notevolmente peggiorate a causa soprattutto del riavvicinamento tra Taiwan e Cina. Gli Stati Uniti, storici alleati di Taiwan, sembrano essere favorevoli alla politica di riavvicinamento intrapresa dall’amministrazione Xi. Ciò implicherebbe un passo indietro da parte degli USA, soprattutto in tema di vendita di armi e supporto militare a Taipei. La visita a Washington, Los Angeles, San Francisco e New York del candidato del KMT, Eric Chu, ha avuto come scopo principale quello di convincere gli americani di essere il miglior candidato per gestire le delicate relazioni tra Taiwan e Pechino. Chu ha tenuto a ribadire come sia negli interessi degli USA che le relazioni tra l’isola e la Cina continentale continuino in favore della pace e della prosperità e questa stabilità può essere garantita solo dal suo partito. Dal canto loro, gli Stati Uniti non hanno appoggiato apertamente nessuno dei due partiti constatando che la decisione finale spetta esclusivamente al popolo taiwanese [2].

È ancora prematuro stabilire quanto l’incontro tra Xi e Ma possa influenzare le elezioni del 2016 ma, dagli ultimi sondaggi sembra difficile che il KMT possa vincere il prossimo mandato amministrativo. Nonostante le divergenze politiche tra le due parti, è necessario capire che il futuro di Taiwan non può essere separato da quello della Cina continentale e che mantenere buone relazioni con Pechino è di vitale importanza per assicurare la pace nell’intera regione dell’Asia-Pacifico.

Ci sarà molto da discutere prima di poter trovare un compromesso che soddisfi gli interessi economici e soprattutto politici di Pechino e Taipei. Certo è che l’incontro Xi-Ma ha segnato una svolta significativa e fortunatamente non si dovranno aspettare altri 66 anni prima che ciò si ripeta.

* Agnese Carlini è OPI Contributor e Intern presso l’International Security Department di Chatham House

[1] H. HALBEISEN, La Politica Nacional de Taiwan desde las elecciones presidenciales 2000, in “Documentos de trabajo sobre Estudios de Asia Oriental”, n 53, p. 11-12, 2003.

[2] S. TIEZZI, KMT Candidate to US: Cross-strait peace and stability on the line in Taiwan election, in “The Diplomat”, November 17, 2015.

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