Magazine Società

Cinema, la recensione di “Youth – La giovinezza”

Creato il 22 maggio 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

(Recensione di Alice Grisa per “storiadeifilm.it“) – “Youth – La giovinezza” è un film di Paolo Sorrentino, con Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano e Jane Fonda. Presentato mercoledì sera al Festival di Cannes è uscito nelle sale cinematografiche italiane nello stesso giorno.

In un elegante centro benessere a valle delle Alpi, due anziani amici, un direttore d’orchestra e un regista, trascorrono alcuni giorni di vacanza. Il regista sta lavorando al suo “film testamento” con un team di sceneggiatori. Il direttore d’orchestra è volontariamente in pensione. Ma un emissario della regina Elisabetta gli chiede di tornare alla musica, anche solo per una sera.

Reduce da un Oscar “difficile”, massacrato dalla gente comune sui social quanto dalla critica radical chic sulle riviste “intellettuali”, poetico e controverso, esteta ed “estetico”, cervellotico, barocco e manierista, Paolo Sorrentino torna a Cannes. Che cos’è la grande bellezza, al di là delle terrazze romane squarciate dal cielo, al di là del product placement Martini o della città divina e orrorifica, se non la libertà di “andare oltre”? E Paolo Sorrentino va oltre. Va oltre anche con Youth (come nella storia di Jep Gambardella). Cross-sorrentinianamente, si potrebbe dire che in realtà la grande bellezza sia la giovinezza. E il mondo un pulitissimo centro wellness.

Dove Sorrentino mette tutto (ma proprio tutto): il senso della vita, il tempo che passa, il prima e il dopo, i genitori, i figli, il dolore, la malinconia, l’arte, il sogno, l’incubo, il desiderio, la meraviglia, il terrore, le ossessioni. Che evaporano sottili e fragili dalle vasche termali. Che si sciolgono nel fango terapeutico. Che volano sopra la cima di una montagna, in quel blu che taglia i cavi della funivia per perdersi verso l’infinito. Gli ottant’anni di Fred (Michael Caine) e Mick (Harvey Keitel) dovrebbero naufragare dolci nei mari termali di una SPA di lusso. Tra massaggiatrici, prati verdi e pasti light. Ma non è così. Mick è ossessionato dal suo ultimo film. Fred è ossessionato e basta. E apatico. Che sia proprio l’apatia, quei “non” reiterati, il segnale definitivo che la giovinezza è oggettivamente scivolata via, prima che si potesse trattenerla? Non bere, non correre, non mangiare, non lavorare, non amare, non fare sforzi, non esagerare.

Fred se ne rende conto, ma, oggettivamente, non gliene importa niente. Si lascia vivere dai giorni (di vacanza), si fa lacerare dalle pillole di un passato pieno di lati oscuri (“Non ricordo i miei genitori” confida all’amico di sempre Mick; “Avevi decine di donne e la mamma lo sapeva” gli ricorda la figlia Lena, Rachel Weisz); poi Fred si (pre)occupa dei problemi della prostata, della carta di una caramella Rossana da accartocciare all’infinito (come sé stesso?), di Lena, un “bilancio” in carne e ossa di tutto quello che (non) ha fatto. Fred, ottantenne a ridosso di una soglia ignota, accetta di farsi trapassare dall’esistenza. Mick invece la rifiuta, accanendosi a piegare la realtà e l’arte al proprio disegno. Proprio come un regista circondato dai suoi specchi (e dai suoi spettri). Come Fellini nel girotondo surreale alla fine di 8 ½.

Ma Sorrentino va oltre. Crea un microcosmo wellness e lo arreda (come sempre) in modo barocco, come se avesse svaligiato l’Ikea degli esseri umani. Anche se, in realtà… (per continuare a leggere la recensione > “storiadeifilm.it”']);">cliccare qui –>> “storiadeifilm.it”).


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :