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Cinema - "Nebraska" - Recensione di Angela Laugier

Creato il 02 febbraio 2014 da Tafanus

NebraskaRecensione del film Nebraska" (di Angela Laugier)

Regia: Alexander Payne 

Principali interpreti: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Stacy Keach, Mary Louise Wilson, Rance Howard, Tim Driscoll, Devin Ratray, Angela McEwan, Glendora Stitt, Elizabeth Moore, Kevin Kunkel, Missy Doty, Anthony G. Schmidt, Melinda Simonsen – 115 min. – USA 2013.

Woody Grant è un vecchio, con passato da alcoolista, che vive in una località del Montana e che comincia a manifestare vuoti di memoria e demenza. E’, per questa ragione, mal sopportato in famiglia: i due figli, David e Ross, hanno poco tempo per lui, ciascuno preso com’è dal proprio lavoro; la moglie Kate (che cerca di badare a lui come meglio può) è a sua volta anziana e ha sulle spalle l’intero peso del ménage. Nessuna meraviglia, perciò, se, pur sorvegliandolo anche troppo strettamente, spesso ne perda le tracce e sia costretta a ricorrere ai figli per ritrovarlo, cosa che obbliga i figli ad abbandonare il lavoro per cercarlo. Woody si allontana spesso, infatti, per raggiungere, a piedi o in autobus, la città di Lincoln, in Nebraska: non avendo più il permesso di guidare, per l’età e per i suoi precedenti da etilista, decide che ci andrà a tutti i costi con le sue sole gambe malferme, anche se dista da casa sua un migliaio di miglia. A Lincoln, infatti, lo attende, preparato… proprio per lui, un milione di dollari di cui un’azienda locale gli ha comunicato la vincita, con una lettera truffaldina che copre una promozione pubblicitaria. Il figlio David, dopo avergli invano spiegato come stanno le cose, decide che lo accontenterà, dedicando l’intero weekend (ma, in realtà, qualche giorno in più), al viaggio col vecchio padre lungo la strada che porta in Nebraska. Anche Ross e Kate saranno, per poco tempo, della partita, raggiungendoli a Hawthorne, luogo della giovinezza di Woody, delle amicizie e del primo amore, cosicché il percorso serve a rinverdire i ricordi dei più anziani, ma anche a far conoscere a David e a Ross insospettabili momenti del passato di quel padre, quasi sconosciuto a entrambi, e di quella madre un tempo assai spregiudicata nelle parole e nel comportamento, ma ora inacidita, inguaribile Santippe incapace di pietosa e tenera empatia nei confronti di quella fragile creatura che è, adesso, suo marito. Il viaggio, quindi, se è per Woody anche un percorso a ritroso nel tempo e perciò un modo di provare a sé di essere stato vivo quando qualcuno lo aveva amato, per David diventa soprattutto l’occasione per far luce in se stesso, per capire chi è, da dove viene e che cosa conta per lui e, forse, per riprendere, con altro animo quel legame con la donna che gli voleva bene e che fino a quel momento egli non aveva saputo né comprendere, né amare davvero. Il viaggio è anche un modo per capire qual è il giusto valore da attribuire al denaro: un mezzo, non un fine, come invece viene considerato quasi da tutti, anche nel cuore profondo degli stati del Mid-West americano, in piena crisi economica, in quegli agglomerati di case, fra deserti e mandrie, in cui gli uomini hanno perso la coscienza del senso della vita e delle relazioni familiari e sociali, degradandosi e imbarbarendosi.

 

Alexander Payne sembra essere tornato, con questo bellissimo film on the road, alla felice stagione dei suoi precedenti About Schmidt (2002) e Sideways (2004) dai quali si era allontanato inopinatamente girando il deludente Paradiso amaro (2011), che aveva ottenuto alcuni Oscar (a riprova di quanto siano discutibili i criteri di scelta per l’assegnazione di quei premi).

Mantenendo la propria narrazione in un difficile equilibrio fra dramma e commedia, il regista, con grande finezza, evita l’eccesso di patetismo che la vecchiaia di Woody avrebbe potuto evocare e al tempo stesso evita di mettere in ridicolo le piccole stramberie di un uomo ormai alla fine dei suoi giorni, che vorrebbe impossessarsi della vincita prodigiosa, ma non per godersela (i suoi desideri, molto modesti, intaccherebbero una parte molto piccola di quell’ingente somma): egli vorrebbe lasciarla ai propri figli quale ricordo tangibile dell’affetto che per loro aveva provato e che non era stato capace di manifestare. Questa immagine insieme tenera e cocciuta del vecchio Woody è resa con grande professionalità da un eccelso Bruce Dern, che per questa sua interpretazione è stato premiato come miglior attore al festival di Cannes nel maggio 2013 (questa edizione è stata davvero una miniera di grandi film). La pellicola è girata in un bellissimo bianco e nero, con viraggi improvvisi al seppia e all’azzurro, quasi a sottolineare simbolicamente un paesaggio che accompagna, con le sue luci e le sue ombre, un’esistenza che, pur essendo arrivata al termine, è capace ancora di qualche luminoso sprazzo di vitalità, di qualche guizzo di intelligenza e di buon umore, soprattutto se confortata ogni tanto da qualche innocente birretta. Con che cuore, infatti, la si potrebbe negare a un uomo che ha i giorni contati?

Segnalo a tutti quelli che fossero interessati che il film di Alexander Payne: A proposito di Schmidt (About Schmidt) è visibile in streaming, del tutto legalmente, sul sito della RAI che potete trovare a questo link.

Il film, che è del 2002, è molto interessante, perché contiene temi e riflessioni che sono, a mio avviso, stati sviluppati molto più ampiamente in quest’ultimo bellissimo Nebraska.

Angela Laugier


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