(Recensione di Alessandro Pascale per “storiadeifilm.it“) – “No Escape – Colpo di Stato” è un film di John Erick Dowdle, con Owen Wilson, Pierce Brosnan, Lake Bell, Spencer Garrett e Sterling Jerins. E’ uscito nelle sale cinematografiche italiane lo scorso 10 settembre.
Jack Dwyer è un uomo d’affari statunitense che si trasferisce con la famiglia per motivi di lavoro nel sud est asiatico. Il giorno stesso, nel paese insorge un gruppo di ribelli che ha come obiettivo quello di rovesciare il governo centrale. Ne consegue una caccia all’uomo in cui Jack, assieme alla moglie e ai figli, dovrà correre al riparo.
Di primo acchitto il principale motivo di interesse per No Escape è dato dal fatto che vi troviamo il burlesco Owen Wilson (Jack Dwyer) calato in un inedito ruolo drammatico. Il secondo è vedere i fratelli Dowdle calarsi in un thriller dal retrogusto politico anomalo per la loro produzione tipica, fatta di opere più prossime al taglio horror (Necropolis, Quarantena). Il terzo è ritrovare Pierce Brosnan (Hammond) nei panni di un agente segreto britannico, qualche anno dopo aver figurato nei panni del James Bond al servizio di sua Maestà. Di fatto però nessuno di questi elementi riesce a cogliere realmente nel segno; quel che c’è di più riuscito è la forte carica tragica con cui gli autori riescono a creare un’empatia tra lo spettatore e le bambine della famiglia portata dal tecnico Dwyer in un non meglio identificato paese del Sud-Est Asiatico.
Nonostante la narrazione scorra infatti con un’impostazione standardizzata che segue le azioni del protagonista, i momenti più vibranti emotivamente sono proprio quelli in cui gli autori riescono a far emergere il vero e proprio terrore nei visi delle bambine, incapaci di capire le ragioni della violenza che le circonda. L’altro punto forte è la rappresentazione delle scene iniziali di guerriglia tra il popolo e le forze dell’ordine, grazie ad un taglio fotografico e ad un uso dello slow motion non comuni. Oltre a questi elementi di indubbio fascino si deve constatare che i Dowdle pasticciano non poco, mettendo troppa carne al fuoco. È soprattutto il taglio politico a mostrare le maggiori contraddizioni: se è vero che l’opera mette in discussione e condanna le politiche estere speculative dei paesi occidentali nel Terzo Mondo, è altrettanto vero che nello spettatore rimane impressa soprattutto l’efferata barbarie dei rivoltosi.
Questi sono ritratti come dei selvaggi assetati di sangue che sembrano più simili ai macellai di Hostel, piuttosto che come degli amorevoli padri di famiglia preoccupati per le proprie famiglie. L’empatizzazione dello spettatore con gli occidentali arrivati per depredare (pur non volontariamente, quanto meno per quanto riguarda Dwyer) è pressoché totale, e il risultato è un effetto di balcanizzazione della… (per continuare a leggere la recensione > “storiadeifilm.it”']);">cliccare qui –>> “storiadeifilm.it”).