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CINEMA | Via dalla pazza folla e Ritorno alla vita

Creato il 05 ottobre 2015 da Siboney2046 @siboney2046

via dalla pazza folla e ritorno alla vita

Letto così questo post sembrerebbe il titolo di un eremitico manifesto esistenzialista e avrebbe anche una certa logica, ed invece si tratta semplicemente dei nomi degli ultimi due film che ho visto al cinema, e che nel complesso sono un enorme MAH!

Via dalla pazza folla è un film diretto da Thomas Vinterberg che porta sul grande schermo l’omonimo romanzo ottocentesco di Thomas Hardy. Nei panni della protagonista Bathsheba Everdine una sempre insopportabile Carey Mulligan. A dire il vero non so se la trovo insopportabile per i ruoli che riveste o se trovo insopportabili i personaggi perché li interpreta lei. Anche qui potrei aprire un dibattito degno di un talk show pomeridiano su Canale 5.

via dalla pazza folla

Bathsheba inizialmente sembra una donna forte ed indipendente che grazie ad un destino favorevole (il classico ricco zio che muore lasciandola come unica erede) ed alle sue capacità individuali riesce a compiere la scalata sociale: da zitella squattrinata a ricca gentildonna. Troppo indomabile per sposare uno dei suoi tanti pretendenti (compreso quel pezzo d’uomo di Matthias Schoenaerts che interpreta il fattore Oak, desideroso di sposarla fin da quando era ‘na poraccia), procede impavida respingendo ogni proposta di matrimonio, anche quella del suo ricchissimo ed affascinante vicino di tenuta Boldwood (il sempre grande Michael Sheen), solamente per mantenere la sua indipendenza femminile. Fin qui bravissima, applausi, reggiseni bruciati e tante care cose. Solo che la cara Bathsheba perde tutta la sua integrità morale al primo belloccio insignificante che le passa davanti, ovvero il sergente Troy (il cui appropriato ed incolore volto è quello di Tom Sturridge – *Carlotta, pardon*). Lui le fa due moine, due complimenti, apre la coda da pavone e lei cade innamorata e lo sposa in due secondi rendendolo dispotico ed inetto padrone di tutte le sue proprietà faticosamente sudate. Ovviamente lui è un bevitore, violento, spendaccione e anche adultero: insomma, nel mazzo dei Re di Cuori la saggia Bathsheba ha scelto il pretendente peggiore, come ogni donna farebbe! Da lì ovviamente le cose si complicano e bla bla bla, non vi racconto tutto per mantenere la suspense anche se il finale è prevedibile.
Ovviamente, come in ogni film ambientato nella campagna inglese, la fotografia è meravigliosa, visualmente molto suggestiva e lirica; eccellenti le ricostruzioni dei set e dei costumi ottocenteschi; bravi gli attori che rendono bene il carattere dei personaggi (anche l’irritante Carey-Bathsheba). Nonostante le singole componenti fossero promettenti, la sommatoria risulta disorganica, slegata, frammentaria. Mancano la continuità, la fluidità, il respiro del grande romanzo ottocentesco, tipici appunto dei libri e raramente presente nei film (l’unica pellicola all’altezza del libro in questo senso per i miei gusti è stato Anna Karenina di Joe Wright, forse perché non era la classica trasposizione ma un’opera sperimentale). Per me è un film nì che credo proprio non riguarderò (anche perché mi rode il fegato a vedere la Carey sempre in mezzo ai miei figaccioni preferiti, tipo Michael Fassbender, Ryan Gosling e soprattutto Leonardo Di Caprio!!).

ritorno alla vita

Ritorno alla vita è invece l’ultimo atteso film di Wim Wenders che sono sicura molti (fra cui io ed il mio amico Riccardo, *ciao Rich, la prossima volta guardiamo The lobster*) hanno deciso di vedere grazie al meraviglioso trailer con la splendida canzone “Night in White Satin” dei The Moody Blues. Ecco, io penso che i registi dei trailer dovrebbero essere applauditi e poi linciati, perché portano lo spettatore a farsi delle aspettative che il più delle volte vengono disattese, proprio come quando esce il nuovo lookbook di Zara e siamo tutte in hype salvo poi andare in negozio e vedere che quasi tutti gli abiti sono straccetti in poliestere mal rifiniti con prezzi molto al di sopra del loro valore.
In sostanza è la storia di Tomas Eldan (James Franco), talentuoso romanziere con il blocco dello scrittore ed in crisi matrimoniale  che in una nevosa serata invernale investe un bambino che pur restando illeso, resta sotto shock. Ma la cosa singolare è che non si è accorto che i bambini erano due ed uno purtroppo è morto. Tomas ovviamente entra in un turbine autodistruttivo con tanto di tentato suicidio mentre parallelamente Kate (Charlotte Gainsbourg), madre dei bambini ed illustratrice prezzolata, cerca di non cadere in depressione. La vita procede lentamente e col tempo le cose si sistemano: Tomas lascia la moglie (Rachel McAdams) che non ama più e con cui aveva divergenze sulle aspettative familiari (lei voleva figli, lui no); si mette con un’altra donna che lavora nella casa editrice in cui pubblica i suoi romanzi e adotta la figlia di lei (toh, Tomas ha cambiato le aspettative familiari); scrive libri sempre migliori e diventa un grande scrittore pluripremiato. Parallelamente Kate continua con la sua vita tranquilla fino a superare il trauma;  trauma che invece resta un segno indelebile nella coscienza del figlio sopravvissuto. La mia prima riflessione va sul titolo: cosa cavolo centra?! Il titolo originale è “Everything will be fine” e trovo abbia milioni di volte più senso di “Ritorno alla vita”. Ma quale ritorno? Il titolo è fuorviante e dal mio punto di vista offusca il messaggio della pellicola: nonostante la vita possa mettere sul nostro cammino delle grosse difficoltà, col tempo tutto si risolve.
Ho trovato nì anche questo film specie anche per altri aspetti. Innanzitutto non mi è piaciuto il doppiaggio: l’ho trovato casuale, fiacco, come del resto tutto il sonoro del film (con troppi sottofondi musicali per i miei gusti, che dopo un po’ trovo irritanti). In secondo luogo in alcuni momenti c’erano troppi esercizi di stile fini a se stessi (tipo all’inizio quando Tomas è disteso a letto e vede la polvere come un effetto di luce. Perché?!), pratica che trovo semplicemente fastidiosa. Come anche alcune inquadrature ampollose volte solo a suscitare la meraviglia negli occhi dello spettatore, non a colpirlo intimamente. Nel complesso l’intero film è debole e spesso durante la proiezione mi sono fermata a pensare “ok e allora?”; e la debolezza non viene risolta neanche dal finale che avrebbe potuto essere catartico e risolutivo ed invece risulta insapore. Wim, non ti ho capito!

L’aspetto positivo della visione di Ritorno alla vita è che mi ha permesso di scoprire il trailer di The lobster che mi ha incuriosito come pochi film sanno fare!

Avete visto qualcuno di questi film? Aspetto consigli su cosa non mi devo perdere delle nuove uscite!


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