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Cinque viaggi in treno bellissimi (più uno)

Creato il 20 ottobre 2013 da Patrickc

Alcune ferrovie indimenticabili sulle quali ho viaggiato

Amo il treno. È un mezzo che amo perché è lento, e non mi riferisco ai ritardi. Lo amo perché ti accorgi di muoverti, del paesaggio che cambia lentamente. Lo amo perché mi rilassa, perché favorisce l’incontro fra le persone: porta in mezzo alla gente. Lo amo perché ti dà libertà, perché l’auto, in fondo, è solo un altro ingombrante bagaglio da portarsi dietro. Lo amo perché è bellissimo sfogliare gli orari dei treni e perdersi fra le destinazioni, i nomi delle stazioni, specie quelle piccole e sconosciute. Penso con nostalgia ai treni a lunga percorrenza che spariscono, sopraffatti dagli aerei low cost. Ho fatto viaggi bellissimi in auto, in California, nei Balcani occidentali, in Grecia, a Cuba, dove era la scelta migliore (o l’unica). Ma il treno è nel mio cuore.

European rail summer timetable

L’orario dei treni europeo

Magari poi pesano anche il fatto che avevo 15 anni di meno e tutto sembrava più nuovo ed esaltante, ma il senso di libertà degli interrail, il sussulto regolare dei vagoni sulle rotaie che entrava a far parte di te, il caleidoscopio delle stazioni, degli scompartimenti, dei volti dei passeggeri con cui condividevi brevi o lunghi frammenti di viaggio restano fra i ricordi più vividi e confusi che porto con me. Leggendo un post sui viaggi in treno più belli non ho quindi potuto non pensare ad alcuni viaggi in treno indimenticabili. Non i più belli in assoluto, perché alcuni restano ancora fra i sogni da realizzare come la transiberiana, ma ho ricordato gli itinerari più belli che ho percorso.

6. La delusione: Myrdal – Flam (Norvegia)

Inizio da una delusione. Perché poteva essere uno dei percorsi più belli e invece lo ricordo se non come un mezzo incubo, come un sogno rovinato. La Flåmsbana (si legge flomsbana) è un binario meraviglioso, un’incredibile strada ferrata che scende insinuandosi nelle pendenze di uno stretto fiordo nel sud della Norvegia. Attraversa un passaggio che inizia largo e si stringe sempre più come un imbuto. Attraversa fiumi, entra nel ventre della montagna, sfiora cascate scivolando lungo pendenze impensabili per un normale treno. In meno di venti chilometri divora oltre 800 metri di dislivello lungo i fianchi di monti impervi e severi anche se in realtà non te ne accorgi veramente. Bellissimo? Non proprio.

Sono passati dieci anni e quindi potrebbe essere cambiato molto (sembra però che le cose non siano troppo diverse), ma il punto è che i norvegesi sembrano avere un’insana passione per il kitsch e forse una fiducia non sufficiente nelle bellezze naturali  sconvolgenti del loro paese. Capisco la necessità di riempire i vagoni con le masse scomposte di turisti (sono quelli del temibile circuito Norway in a nutshell). Ma che bisogno c’è di trasformare il convoglio in un trenino turistico con l’altoparlante che non la smette di parlare e non ti lascia mai solo con il superbo paesaggio? Che bisogno c’è di fermarsi alla cascata di Kjosfossen e invece che osservare l’acqua e ascoltarne in silenzio il rombo, dover assistere a un bizzarro spettacolo che rievoca il mito di Huldra, la protettrice dei boschi? Fidatevi: molto meglio scendere a piedi lungo l’idilliaco sentiero di quattro-cinque ore, tutto in discesa.

Through the Window

I paesaggi che si vedono dal finestrino sono davvero bellissimi
“Through the window” by Phil (da Flickr cc-attribution non commercial)

Flamtastic views for an hour

“Flamtastic views for an hour” di Karen Blumberg (da Flickr)
(cc attribution – non commercial)

L’incubo kitsch peraltro non finì a Flåm ma proseguì. Presi il traghetto che portava a Gudvangen, un fiordo di bellezza struggente, dalle pareti cupe, ripide e austere, uno dei posti più belli che io abbia mai visto, in mezzo al quale c’era però un orribile centro visite in cemento che vendeva paccottiglia e davanti al quale due figuranti vestiti da vichinghi duellavano con asce e spade. Davvero, spero non sia più così e che quel posto lo abbiano abbattuto, raso al suolo e che abbiano messo quei due vichinghi a fare i guardaboschi. Ma non ci scommetterei.

5. In treno alle Cinque terre (Italia)

Le Cinque terre sono un luogo emozionante, di una bellezza onirica, irreale, ma che trovo incredibilmente strano. Per la maggior parte dell’anno sono praticamente terra straniera, come certi angoli di Firenze e Roma. La presenza di americani, giapponesi, francesi è impressionante ed è di quei posti dove albergatori e ristoratori, a meno che tu non abbia uno zaino invicta sulle spalle, ti salutano prima in inglese. Poi, quando li guardi stupito, passano, con un pizzico di delusione, all’italiano. Capita pure, accanto a scoperte stupende, di incontrare un po’ di scortesia o brutte esperienze. Succede, purtroppo, nei posti così affollati. Ma anche noi italiani dovremmo riscoprirle e frequentare di più, le Cinque terre, perché sono uno dei posti più belli del mondo. E forse questi episodi spiacevoli sarebbero meno.

Vista la quantità di turisti, capita l’esperienza strana di trovarsi con gente di tutto il mondo stipati in quei piccoli vagoni di trenini che sono praticamente l’unico modo per spostarsi fra quei cinque meravigliosi paesi. Case che sfidano la natura, in bilico fra la roccia e l’acqua. Gli spostamenti sono brevissimi, ma emozionanti, anche se i vagoni sono affollati.

Come in un proiettore di diapositive il paesaggio è inframezzato dal buio pesto delle gallerie che si aprono improvvisamente su di un blu profondo, rotto solo dal bianco della schiuma.  Il viaggio nelle Cinque terre evoca proprio il colore di questo mare, il verde delle vigne che sembrano tuffarsi fra le onde e le gambe doloranti per i troppi gradini. E poi, in sottofondo, il rumore sferragliante di quei treni.

vernazza

Vernazza, di Lauren Rauk (da Flickr)
(cc-attribution non commercial)

Sea Train


Sea Train (di Simao Mata, da Flickr)

4. Lo Shinkansen da Tokyo a Kyoto (Giappone)

Non si dimentica facilmente la prima volta che si vede questo ‘mostro’ bianco arrivare silenziosamente in stazione. Lo Shinkansen sembra pronto a trasformarsi in un robot gigante nel caso fosse necessario difendere la terra da un attacco alieno. Ma la meraviglia non si risolve in questa immagine: la stazione sembra un unico organismo vivente che pulsa, si muove a un suo ritmo, secondo sue logiche. Ricordo lo stupore con cui osservai l’elaborata procedura di disimbarco e imbarco eseguita alla perfezione dal personale e dalle file di passeggeri come se fossero un’unica macchina biomeccanica.  Ma prendere lo Shinkansen in Giappone è un rito anche per me. Prevede l’arrivo con un certo anticipo e  l’acquisto di un giornale, di una bottiglia di tè verde e dell’ekiben, il pasto completo in scatola (bento) venduto in stazione (eki) – a volte sono quasi piccole opere d’arte – che consumo ordinatamente in treno come gli altri viaggiatori (qui è possibile, sulle metropolitane sarebbe estremamente maleducato, oltre che difficile). Ma il momento più bello di questo viaggio è quando, lasciata Tokyo, compare sulla destra l’enorme, inconfondibile profilo del Fuji-san. Il monte Fuji è in grado di far tornare bambini, a volte, anche i più compassati uomini d’affari giapponesi. Non è raro sentire sul vagone un mormorio che serpeggia o un’esclamazione quando il monte appare, improvviso e inconfondibile. Se vai verso Kyoto prendi un posto col finestrino, sulla destra del vagone. Mi raccomando.

Lo shinkansen

Il velocissimo Shinkansen (detto ‘bullet train’, treno proiettile) non sembra pronto a trasformarsi in un robot gigante?

ekiben

Ekiben, un pranzo completo che si acquista in stazione (foto mia)

Il monte Fuji visto dal treno

Il monte Fuji visto dal treno

3. Treno notturno da Varanasi a Delhi (India)

Riuscire a prendere lo Shiv ganga express, il treno notturno che collega Varanasi a Delhi fu già una mezza avventura. Il treno era pieno e solo la caparbietà di una piccola agenzia di viaggi di Udaipur riuscì a trovarmi un posto. Ero già verso la fine del mio viaggio in India e avevo capito, gradualmente, che se insisti, se aspetti pazientemente, se aspetti un giorno, se trovi le persone giuste (e magari pagando qualcosa per il disturbo), tutto in quel Paese diventa possibile. Non mi ero accontentato del responso della biglietteria. E in quell’agenzia, dopo una serie di telefonate concitate mi trovarono un posto per ‘vip’: su tutti i treni ci sono infatti posti riservati nel caso in cui un personaggio di rilievo debba viaggiare. E non pagai alcun sovrapprezzo. Ma gli ostacoli non erano finiti. perché prendere un treno in India a volte non è un’azione così banale. Quando, alcuni giorni dopo, dalla parte opposta del Paese, fu l’ora di andare alla stazione di Varanasi, tutti sembravano estremamente scettici sulle mie possibilità di farcela, ad arrivare in tempo, nonostante mi muovessi con due ore di anticipo. Arrivare alla stazione dalla città vecchia significa infatti affrontare un lungo percorso e un traffico bestiale. Per dare un’idea, tutti concordavano sul fatto che fra risciò a pedali, a motore o taxi, il mezzo più veloce era senz’altro il primo. E in effetti finimmo in mezzo a infiniti cortei nuziali, auto incolonnate, camion messi di traverso. E mentre io osservavo preoccupato, il ‘pedalatore’ alla guida del risciò dribblava carretti e mucche, saliva sul marciapiede, si infilava in vicoli e ne usciva improvvisamente. Arrivai al binario solo in mezzo a una marea umana, nel buio, col mio zaino troppo grande e mi infilai non so come nel mio vagone, appena in tempo. Le cose più complicate, le conquiste, si ricordano sempre con un piacere particolare. Fu un viaggio bello e comodo anche se ricordo poco del percorso in sé, perché  mi addormentai quasi subito. Arrivammo con oltre quattro ore di ritardo, ma nessuno sembrò farci alcun caso.

Wedding parade in Varanasi

Ci mancava pure il corteo nuziale… (foto mia)

Varanasi to Palakkad

Le cuccette in un treno indiano: erano esattamente così
Foto di Zippaparazza (da Flickr cc-attribution non commercial)

Varanasi Train Station

Varanasi Train Station (foto di Zack Lee, da Flickr cc – attribution non commercial)

2.Da Inverness a Kyle of Lochalsh (Scozia)

It’s a symphony in three parts: pastoral, mountain and sea

I treni delle highlands scozzesi attraversano luoghi selvaggi e deserti, pazzeschi e verdissimi. Forse il percorso più emozionante quanto a panorama è quello fra Inverness e Thurso, all’estremo nord. Ma a me è rimasto nel cuore quello fra Inverness e Kyle of Lochalsh, la porta che si affaccia sull’Isola di Skyem a ovest. E’ una ferrovia sottile, scavata nella roccia, che alle volte sembra sospesa nel nulla, sulla quale macina chilometri un incredibile trenino che alla fine, quando si arriva, sembra quasi infilarsi nell’acqua (e invece si ferma, tranquilli). Che nel vagone quel giorno ci fosse un gruppo di musicisti impegnato in un’indiavolata jam session di folk, aggiunge una colonna sonora vivida, ma indefinita a quei ricordi.

Kyle line

‘Wild skies’ Foto di Robin e Taliesin Coombes (da Flickr © usata col permesso degli autori, used with permission from the authors)

Kyle line

Wikimedia commons Kyle line, foto di John Allan

Kyle of Lochalsh

L’arrivo sull’acqua… (foto di Annie ed Andrew, da Flickr)

1. Da Trondheim a Bodø (Norvegia)

Secondo la Lonely Planet è il più bel treno notturno d’Europa. Ma forse non è corretto chiamare quello che corre lungo la ferrovia del Nordland un treno notturno. Perché d’estate questi binari che accarezzano i larghi fiordi valicando la linea immaginaria del circolo polare artico sono sempre illuminati dalla luce rosata di un eterno tramonto. Il ricordo di questo percorso che portava verso la destinazione sognata delle isole Lofoten è struggente. Era dolorosamente struggente già allora, visto che dopo il primo viaggio, nel 2001, tornai subito due anni dopo negli stessi posti. E ancora oggi provo un’intensa nostalgia di quel viaggio che, ne sono sicuro, rifarò. Una cosa è certa: i panorami e quell’irreale colore che il cielo assume solo nelle assurde notti del nord ti terranno sveglio tutta la notte. Sulle cuccette, fidati, si può risparmiare.

NSB 4653, Bodo, Norway

di John, da Flickr

Depuis le train, entre Trondheim et Bodo

Il panorama dal finestrino (di Christine Veeschkens, da Flickr)


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