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Cita-un-libro #ioleggoperché 8

Creato il 05 aprile 2015 da Povna @povna

Molte cose da raccontare: di treni, di viaggi al nord, di incontri postulati, casuali, improbabili e impossibili. La 'povna ne voleva parlare giusto oggi, prima di prendere un altro treno e andare a festeggiare la sua molto poco ortodossa santa pasqua. Poi però arriva la vittoria di Effe, del Gonnellino di Eta Beta a Cita-un-libro, e la 'povna è subito sedotta dalla sua proposta splendida, di parlare di infinito. Il pensiero le corre, istantaneo, ad alcuni concetti, innanzi tutto fisici, perché dall'infinito all'entropia, così come è usata, malamente, nel discorso quotidiano e metaforico, il passo è in sostanza brevissimo. Calvino arriva celere alla mente, nelle Lezioni americane, innanzi tutto, e in quella sul concetto di Esattezza, là dove la poesia, cioè il fare letterario, cioè il riordinare la vita sotto forma di racconto, resta per lui la sola sfida vincente al perturbante disordine cui sottopone l'uomo, finito per definizione, ma con la mente aperta ad andare oltre ogni limite, il concetto stesso di entropia. Di fronte al crescente disordine del cosmo, scrive infatti, "all'interno di questo processo irreversibile possono darsi zone d'ordine, porzioni d'esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva. L'opera letteraria è una di queste minime porzioni in cui l'esistente si cristallizza in una forma, acquista un senso, non fisso, non definitivo, non irrigidito in una immobilità minerale, ma vivente come un organismo. La poesia è la grande nemica del caso, pur essendo anch'essa figlia del caso e sapendo che il caso in ultima istanza avrà partita vinta". Si tratta di una citazione splendida, alla quale è possibile legare anche alcune spiegazioni di divulgazione alta rese, a proposito del secondo principio della termodinamica, dal fisico Robert Gilmore nel suo libro Il quanto di natale: ""Un'inversione temporale su larga scala" - ricorda a un incredulo Scrooge (specchio nel testo di un qualsiasi lettore non esperto) lo "Spirito dell'entropia" - "è molto improbabile che [...] accada nella realtà". Nello stesso tempo, però, è necessario tenere sempre in mente che "non c'è una qualche legge fondamentale tra quelle che governano l'Universo che proibisca all'energia di lavorare per disfare un processo catastrofico. [...] È solo improbabile. [...] È così improbabile che puoi essere del tutto certo che non accadrà mai, ma solo perché è improbabile. Che una cosa non accada non è una prova che non possa accadere; ma solo che è improbabile e quindi non si verifica". Per concludere, pratico: "in fin dei conti, cosa distingue l'impossibile dal limite ultimo, estremo, dell'altamente improbabile?".
Ma c'è qualcosa che, malgrado tutto, continua a non convincere la 'povna (non della bontà del ragionamento, ci ha scritto sopra pure un saggio, ma della sua migliore pertinenza per l'ambito proposto). Nonostante la sua passione per la fisica, e l'innegabile interesse che suscita, a suo avviso, la relazione tra l'entropia come concetto metaforico (che si è imposta nel discorso pubblico con una frequenza inversamente proporzionale alla sua reale comprensione in ambito scientifico), le sembra infatti che eliminare dall'orizzonte ermeneutico la nozione di infinito matematico resti comunque una decisione pesante e - per come vede lei i rapporti tra letteratura e scienza - in fin dei conti intrinsecamente sbagliata.
Se dalla fisica la relazione metaforica tra infinito e pensiero umano si sposta all'ambito della scienza più pura di tutte, però, la questione si fa ancora più complessa. Il rapporto con la filosofia, con Eraclito, ma anche con Archimede, coi tre problemi di cubo, angolo e cerchio, e dunque con Aristotele, con Dante e la fine del Paradiso diventa ineludibile (del resto, di derivazione filosofica è anche, come è noto, la scelta del suo simbolo - e sul concetto di infiniti mondi la filosofia moderna, da Descartes, passando per Galileo, a Leibiniz, a Hume, che furono insieme pensatori e scienziati, avrebbe parecchio da parlare). L'intreccio, come sa bene Snoopy, a questo punto si infittisce. Bisognerebbe parlare di Bolzano e di Cantor, e la 'povna non ne ha la competenza. Perché, di citazione in citazione, si arriverebbe a Russel, a De Giorgi, a Cook: e bisognerebbe considerare nel quadro anche l'avvento dell'informatica (con una parziale chiusura del cerchio, visto che il concetto di entropia informatica si è sovrapposto, in epoca contemporanea, a quello dell'entropia fisica anche in campo letterario, basti citare, tra i molti, un romanzo come Rumore bianco di De Lillo). La tentazione di citare, allora, da Uno, due, tre, infinito... di George Gamow si fa forte, perché il suo lavoro di divulgazione, così come la sua figura, tutta quanta, si prestano allo scopo mirabilmente. La 'povna si avvia così a compulsare un testo che le è caro, anche per tradizione di famiglia. Ma è a quel punto che qualcosa la blocca sulla via della libreria, e la riporta a un altro tempo. Un'estate lontana, la vasta e ombrosa biblioteca di nonna 'povna, l'atmosfera immobile del paese-che-è-casa. Lei è una adolescente quindicenne, con un amore folle per la matematica, in quei mesi è in visita da loro l'Ozio, direttamente dall'America. Lavora nello studio inglese, a qualche suo problema di teoria dei numeri: il pomeriggio, quando è immerso nelle carte, tutti hanno ordine di non disturbarlo. Ma la 'povna può entrare, forte di una tacita deroga. Si mette in un tavolino a fianco, si fa i fatti suoi, e guarda. E ogni tanto l'Ozio alza la testa, le passa dei piccoli problemi da risolvere, le spiega qualcosa.
La citazione sull'infinito arriva sull'onda di questa memoria preziosa e recita così, semplicemente:

Cita-un-libro #ioleggoperché 8

Per Cita-un-libro, nell'ambito di #ioleggoperché, numero 8, da una conferenza divulgativa dell'unico 'premio Nobel' matematico italiano.


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