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Città del sale, c’è stata una strage di migranti, non è Trapani

Creato il 06 gennaio 2014 da Diarioelettorale

C’è una cittadina francese in Provenza che ha conservato interamente la cinta di mura medievali, Aigues-Mortes si chiama, ed è oggi un’importante meta turistica. Pensate che l’accesso automobilistico alla parte della città interna alle mura è strettamente regolamentato e tutti i punti di ingresso richiedono il pagamento di un biglietto di ingresso. Questo fa sì che il traffico automobilistico sia estremamente ridotto e che la qualità della vita dei suoi abitanti ne sia preservata.
Il nome di Aigues-Mortes le deriva dalle paludi e dagli stagni che la circondano.
La principale industria di Aigues-Mortes è legata alla produzione di sale marino.
Alle porte della città sono presenti le “Salins du Midi” che con le altre presenti in Camargue rappresentano il primo centro di produzione della Francia.

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Nell’agosto del 1893 Aigues-Mortes fu teatro di uno scontro tra operai francesi e italiani, tutti impiegati nelle saline di Peccais, che ben presto degenerò in un vero e proprio “pogrom” contro gli italiani in una esplosione incontrollata di violenza xenofoba.
Il bilancio finale delle vittime per diverse ragioni, non fu mai accertato con sicurezza, si va da un minimo di nove morti secondo le stime ufficiali, riportate dalla stampa francese, alle 50 vittime di cui parlò il Times di Londra.Secondo altre fonti le vittime potrebbero essere state centinaia. La tensione che ne seguì sul piano diplomatico all’epoca fece sfiorare la guerra tra i due paesi.

Ad Aigues Mortes in quell’agosto del 1893, si trovava stanziata una nutrita colonia di operai italiani che avevano trovato occupazione nelle saline di Perrier e Peccais.
Gli operai italiani erano preferiti ai francesi perché meno sindacalizzati e disposti ad accettare paghe inferiori pur di poter lavorare.
Il lavoro in salina era particolarmente duro e scarsamente remunerato.
Prima bisognava pulire il terreno e livellarlo, quindi a maggio si introduceva l’acqua salmastra.
A giugno poi il sole faceva evaporare l’acqua ed allora si frantumava il sale, se ne facevano mucchi, si trasportava il sale lasciato a riposare tra i mucchi verso altri mucchi, più grandi dei primi, e si ricoprivano di paglia e tegole.

Da secoli l’estrazione del sale era occupazione riservata quasi esclusivamente agli ex-galeotti, ma proprio nel 1893 la Compagnia delle saline aveva assoldato 600 italiani e 150 francesi, anche se di questi ultimi se ne erano presentati 800, gli italiani vennero preferiti perchè pur di lavorare accettavano una paga sensibilmente inferiore rispetto ai francesi.

La giornata di lavoro durava undici ore, dalle sei alle sei con un’ora di riposo per asciugarsi, mangiare un pezzo di pane. Il lavoro era a cottimo. Uno bravo poteva fare fino a 12 franchi, ma molto dipendeva dalla squadra, infatti gli operai erano organizzati in squadre e le squadre erano organizzate per nazionalità. Se si rallentava il ritmo era l’intera squadra a perderci, e allora il salario poteva scendere a 9 franchi.
Se una squadra francese intralciava una squadra italiana, gli italiani facevano luccicare i coltelli.
Gli italiani venivano in prevalenza dal Piemonte, ma anche dalla Lombardia, dalla Liguria, dalla Toscana.

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Il 16 agosto del 1893, a poche ore dall’inizio, accade che un uomo litiga con un altro uomo. Sono un francese e un italiano. Poi ancora un litigio. Ancora un una volta tra un italiano e un francese. Durante l’ora di pausa uno degli italiani, uno di Torino, si alza, s’asciuga il sudore della fronte e si dirige verso una tinozza d’acqua dolce. L’uomo slega il fazzoletto dal collo e lo immerge nella tinozza. Ha bisogno di refrigerio, di acqua dolce, ma l’acqua dolce in quell’ambiente è preziosa. Uno dei francesi, gli dice qualcosa. Il torinese che dice che se ne infischia di lui e dei suoi compagni. E scoppia la rissa, si brandiscono coltelli, pale. Il torinese, che con il coltello ci sa fare, ferisce uno degli uomini che lo hanno aggredito.
Poi accade che un francese lancia una pietra nella baracca degli italiani. Allora una delle baracche in cui dormono i francesi viene circondata dagli italiani.
Qualche operaio francese riesce a correre via, verso la città, verso Aigues-Mortes per informare le autorità di polizia. Il giudice di pace viene informato dei fatti.
In città, intanto, si sparge la voce di un massacro compiuto dagli italiani.
Scatta la psicosi collettiva alimentata dalla xenofobia. Così si organizza una folla. Gli operai italiani, ora sparsi per le stradine del centro di Aigues-Mortes, corrono e si nascondono.
Verso le tre del pomeriggio il banditore verrà ingaggiato per bandire gli italiani, e una folla inferocita di francesi lo seguirà urlando lungo i vicoli della città del sale.
Le forze dell’ordine è come non esistessero. In città, a quell’ora, ci sono solo sei gendarmi e quindici doganieri a fronteggiare un migliaio di francesi scatenati nella caccia all’uomo, presi a sassate, sgozzati o trafitti dai forconi. Donne, ragazzini e adulti si lanciano sui corpi. Ci sono anche i cecchini, piazzati dietro agli alberi. Cadono in molti, quel giorno, nella notte e l’indomani. Colpiti dalle pallottole, dalle pale. Tutti coloro che si fermano vengono uccisi.

Maurice Terras, il primo cittadino del paese, dopo avere ottenuto che i padroni delle saline, sotto il crescente rumoreggiare della folla, licenziassero gli immigrati fece affiggere un comunicato: “Il sindaco della città di Aigues-Mortes ha l’onore di portare a conoscenza dei suoi amministrati che la Compagnia ha privato di lavoro le persone di nazionalità italiana e che da domani i vari cantieri saranno aperti agli operai che si presenteranno. Il sindaco invita la popolazione alla calma e al mantenimento dell’ordine. Ogni disordine deve infatti cessare, dopo la decisione della Compagnia“.

Non fu così e alla fine, ufficialmente ci furono quattordici morti di cui nove sono stati riconosciuti. Le testimonianze però parlano di cifre diverse. Tra i cinquanta e i novanta, morti nei letti dei fiumi, morti sul sale,.morti nelle baracche, morti in città.

Il secondo manifesto, fatto affiggere dal Sindaco dopo la strage, recita: “Gli operai francesi hanno avuto piena soddisfazione. Il sindaco della città di Aigues-Mortes invita tutta la popolazione a ritrovare la calma e a riprendere il lavoro, tralasciati per un momento. (…) Raccogliamoci per curare le nostre ferite e, recandoci tranquillamente al lavoro, dimostriamo come il nostro scopo sia stato raggiunto e le nostre rivendicazioni accolte. Viva la Francia! Viva Aigues-Mortes!“.

Maurice Barrès in un articolo dal titolo “Contre les étrangers” pubblicato su Le Figaro, scrisse: “il decremento della natalità e il processo di esaurimento della nostra energia (…) hanno portato all’invasione del nostro territorio da parte di elementi stranieri che s’adoprano per sottometterci” e Le Mémorial d’Aix scrisse che gli italiani: “presto ci tratteranno come un Paese conquistato” e “fanno concorrenza alla manodopera francese e si accaparrano i nostri soldi“, e “la presenza degli stranieri in Francia costituisce un pericolo permanente, spesso questi operai sono delle spie; generalmente sono di dubbia moralità, il tasso di criminalità è elevato“, e La Lanterne scrisse: “Contro un’orda di affamati che a casa loro languiscono nella miseria” proprio come ci capita di leggere troppo spesso su Facebook a proposito dei migranti in transito per l’Italia.

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