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Coaching Case History – 3da Parte

Creato il 23 aprile 2012 da Copywriter @copywritermilan

Michela e il coaching con Silvia Minguzzi

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Dalle discoteche passando da Anthony Robbins fino alla filosofia dei Veda,da circa quindici anni Michela Brunetti, una giovane donna carinae vivace di38 anni, segueattraverso le fasi della sua evoluzionecon affetto e grande stima l’amica Silvia Minguzzi, divenuta poi sua coach.

Fin dal primo istante ti sembra di conoscerla da sempre, perché Silvia ha un amore per tutto il genere umano, è umile, tratta tutti con enorme rispetto e dona il suo sorriso contagioso che emana serenità. Ti fa stare bene solo con la sua presenza, quando poi ti avvali dei suoi servizi (lei stessa dichiara di essere un ‘servitore’), ne esci rinnovata e pronta a prendere in mano la tua vita in modo consapevole, ricca di tutte le strategie e i nuovi atteggiamenti che lei insieme ai suoi validi collaboratori riesce a trasmetterti.

Ma partiamo dall’inizio Michela, raccontami dell’occasione che vi ha fatte incontrare.

Io ero andata a ballare nella discoteca in cui Silvia si occupava di Pubbliche Relazioni e siamo diventate amiche. Siamo rimaste in contatto,anche se a fasi alterne,ed ho potuto assistere alla sua trasformazione. Silvia dimostrava già allora di essere naturalmente molto portata per la comunicazione, e ne era un esempio il suo lavoro, ma in seguito si è formata ulteriormente con gli studi, i libri, i vari corsi che ha frequentato e le conoscenze di tutte le persone cha ha incontrato, tanto da diventare una vera e propria coach esperta. Devi sapere che Silvia non ha pregiudizi su niente e su nessuno, non è mai giudicante ed è pronta ad apprendere aspetti che ritiene validi di tutte le altre discipline aumentando la sua capacità di dare. La cosa bella è che quando parla con te ti fa sentire importante, hai la sensazione di essere in cima ai suoi pensieri e tutte le sue azioni sono volte al benessere di chi le sta accanto.

Che tipo di insegnamento ti ha dato?

Con lei ho assistito a lezioni di PNL ancora prima che fondasse l’Accademia dell’Intelligenza Emotiva con Andrea Magnani, ma in seguito ho frequentato anche i loro corsi. Io utilizzo le nozioni di Programmazione Neurolinguistica nella vita di tutti i giorni in modo inconsapevole. Le competenze che ho acquisito mi sono molto utilianche nel rapporto con i colleghi operatori socio- sanitari. Oggi lavoro in una Casa Protetta per Anziani dove la relazione con l’ospite è fondamentale. In certe situazioni può essere difficile trovare un buon canale comunicativo con le persone anziane che sono al di fuori del loro ambiente, che si trovano a dover affrontare il dolore, la malattia, la mancanza di autosufficienza e che hanno quindi la necessità di dover dipendere dalle cure di un estraneo. In questo ambito, così come in molti altri, se perdi la motivazione non riesci a lavorare. Con l’aiuto delle cose che ho appreso durante le lezioni, riesco ad andare d’accordo con tutti e vado a lavorare col sorriso, cosa che non mi sarebbe stata possibile se non avessi fatto questi corsi.

Cosa ti ha fatto decidere di intraprendere con Silvia un percorso formativo di questo tipo?

Tutti abbiamo dentro delle ferite profonde da guarire e dei problemi da risolvere, si tratta spesso di dargli il giusto peso evitando di attribuirgli un’importanza eccessiva e di smettere di giustificarealcuni nostri atteggiamenti che ci portano ad adottare comportamenti poco vantaggiosi. Se riusciamo a trasformare le nostre cattive abitudini e a sfruttare le esperienze quotidiane al meglio, la qualità della nostra vita ne trae beneficio. Io per esempio sono sempre stata una persona molto timida, a scuola mi vergognavo di fronte ai miei compagni ed ero terrorizzata dalle interrogazioni. Inoltre cercavo di stare lontano dalla gentementre oggi sono una persona diversa, ho imparato ad essere assertiva e a dire le cose che penso con autorevolezza senza essere offensiva. A volte mi trovo a pensare ‘come mi comporterei se fossi Silvia?’, l’ho vista intervenire in situazioni di emergenza con una tale fermezza e lucidità che vorrei riuscire ad avere anch’io. Inoltre ha una grande coerenza tra pensiero e azione, tra valori e comportamenti.

C’è stato un accadimento particolare della tua vita che ti ha fatto decidere che fosse arrivato il momento del cambiamento?

Effettivamente ad un certo punto mi sono resa conto che il mio matrimonio non soddisfaceva certi parametri per me fondamentali e ho pensato di dover agire per mettere la mia persona e i miei principi al centro della mia vita. E’ stato il momento difficile ma inevitabile in cui ho ritenuto di affrontare questo argomento con mio marito, Silvia mi ha aiutata a risolvere le paure e le angosce del momento.  Un altro nodo per me importante era la mia istruzione: dato che avevo interrotto gli studi ho deciso di riprendere in mano la mia professionalitàfrequentando una scuola serale. L’Operatore Socio Sanitario collabora con altre figure professionali e con la famiglia al fine di soddisfare i bisogni primari della persona, assiste l’utente nello svolgimento delle attività domestiche, effettua interventi igienico-sanitari, agevola la persona e i suoi familiari nell’accesso alle risorse e ai servizi socio-sanitari, promuove interventi di riabilitazione e attività di socializzazione: ho scoperto che questo era proprio il lavoro che faceva per me, all’inizio volevo solo un diploma ma poi ho capito che questa scuola è molto vicina al mio ideale di impegno nel sociale e inoltre mi permette di essere economicamente indipendente.Mi piace prendermi cura delle persone che hanno bisogno, ho uno scopo che mi appaga. Gli anziani inizialmente sono diffidenti e ci si trova a dover gestire una quotidianità piuttosto dura con la consapevolezza di un tempo limitato davanti a sé. Io devo comunque rimanere distaccata senza farmi coinvolgere troppo, ma mi diverto e riesco a trovare il modo essere a mio agio anche quando lavoro con i nonni perché  vedo le cose belle dello stare con loro.

Secondo te qual è una delle prime cose utili che si apprendono quando si fa un percorso di crescita con un coach?

Senza dubbio si impara ad ascoltarsi, a farsi delle domande e si comincia a parlare con il cuore usando un canale diverso. Durante il primo anno dell’Accademia poi si fa ‘pulizia’ dentro di sé, si impara a gestire le emozioni (belle e brutte), impari a capire chi sei e quali sono i tuoi obiettivi. Il bello del coaching e dell’Accademia è che sono ‘strumenti’ flessibili che si adattano totalmente alle necessità, ai tempi e ai modi di essere delle persone. Il coaching e i corsi possono anche cominciare in un modo e in seguito cambiare direzione di pari passo con il cambiamento che avviene in noi. A me capita anche di diffondere queste conoscenze acquisite anche a chi mi sta vicino, diventa naturale contagiare chi vive con noi con il nostro modo di essere. Ho anche provato di persona il coaching con mio figlio quando la nostra famiglia ha dovuto affrontare un periodo di grandi sfide e sono stata molto soddisfatta del risultato.

Michela hai scoperto qual è il tuo sogno da trasformare in progetto?

Effettivamente un progetto ambizioso ce l’ho, voglio superare il mio limite e ho cominciato facendo il mio primo viaggio all’estero completamente sola: vorrei abbattere le barriere linguistiche per potermi muovere liberamente ovunque e avere contatti con persone di diverse culture. Per questo motivo sto prendendo lezioni di inglese e sto raccogliendo informazioni per poter trascorrere un periododi studio e lavoro in Inghilterra. Ne ho già parlato con i miei figli e anche loro trovano l’idea interessante. Sono convinta che quando vuoi una cosa con convinzione e quando questo sogno ti appartiene veramente, il mondo cospira per realizzarlo…come si dice ‘la fortuna si ha quando la formazione incontra l’occasione’. Io ci metto il mio entusiasmo e il mio impegno, per il resto rimango con un atteggiamento aperto e di grande fiducia.

 

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