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Cobain: montage of heck

Creato il 07 giugno 2015 da Sweetamber

Non ho mai avuto chiaro il personaggio di Courtney Love, né tantomeno quello della figlia Frances Bean Cobain. La prima mi è sempre parsa la classica stronza che riesce ad approfittare di qualsiasi situazione per farsi notare; la seconda ha avuto la saggia idea di allontanarsi dalla madre per anni per poi riconciliarsi con la Love poco prima di collaborare per il film presentato in anteprima al BiF&st di Bari.

Dopo aver visto Montage of heck, entrambe mi garbano molto meno.

Non era necessario un altro qualsiasicosa su Kurt Cobain. Ormai sappiamo di lui e della sua storia personale più di quanto è lecito conoscere ad un pubblico interessato alla produzione musicale di un artista.
Kurt Cobain era un drogato, Kurt era un uomo tormentato, Kurt qua, Kurt là. Non se ne può più.
Speravo che questo film fosse un documentario logico e quantomeno più sincero di tutto quanto ci sia già stato, ma mi sbagliavo. Si tratta dell’ennesimo tentativo di scaricarsi la coscienza da parte di tutti coloro che lo conoscevano intimamente e un palese tentativo della vedova Cobain di raggranellare qualche attenzione e sparare una serie di storielle già sentite, solo ben confezionate.
I critici affermano che lei menta spudoratamente per tutta la durata delle interviste contenute nel documentario e che dica come sempre la sua pazza versione della storia.
Ma andiamo con ordine.

Il documentario è diretto da tal Brett Morgen che, poverino, avrà voluto combinare qualcosa di decentemente considerato in questa vita e ha quindi preso in mano la sceneggiatura giostrata da Courtney Love e probabilmente dalla di lei figlia Frances Bean, la quale ha prodotto il documentario. Si tratta di un montaggio / collage di una serie di registrazioni vocali, video amatoriali e animazioni stile stop-motion che ripercorrono (parte) della vita di Kurt Cobain. I video su Kurt Cobain si sprecano, già da quando il cantante ha appena tre anni e saltella allegro e biondissimo da una parte all’altra dell’inquadratura.
Ad intervallare filmini e immagini ci sono le interviste fatte alla madre di Cobain, al padre, alla matrigna, alla sorella, alla vedova e a Chrish Novoselic. Nessuno dice qualcosa che arricchisca quel che già sappiamo di Kurt Cobain e probabilmente il migliore della serie è Novoselic che, saggiamente, preferisce non parlare troppo, spiegando in semplici e brevi battute qualcosa di Kurt Cobain. Lo fa, però, con l’atteggiamento di chi è ben conscio di andare a toccare un argomento già divenuto cliché e si defila con gran classe: non sembra cercare soldi o fama, soprattutto perché la sua vita ha preso una piega molto diversa.
Courtney Love appare dopo qualcosa come quarantacinque minuti di girato e devo dire di aver stentato a riconoscere in quella donna dai capelli lunghi e finti e dal viso totalmente ritoccato la stessa giovane eroinomane dalle guance chubby e dal viso distrutto che accompagnava Kurt Cobain in centinaia di scatti nei primi anni ’90.
Parla nervosa, fuma continuamente faticando a trattenere la sigaretta con le dita e beve da una piccola bottiglietta di plastica. Vestito nero, trucco semplice, coperta al massimo e seduta su un comodo divano bianco: parrebbe quasi una lady attempata, non fosse per quel che dice. Racconta di droga, di Kurt, di Frances riuscendo a non assumersi mai nessun tipo di responsabilità e insospettendo l’ascoltatore ad ogni parola che pronuncia.
Quelli che restano, restano male, a quanto pare.
Grande assente è il frontman dei Foo Fighters ed ex batterista dei Nirvana Dave Grohl, a quanto pare per problemi di tempistica connessi al montaggio del tutto. A me pare solo un modo elegante per dire lui non ce lo volevamo, è troppo famoso e oscura la Love, quindi pace. Sono inoltre risaputi i problemi che Grohl e la Love hanno nell’entrare in contatto dopo le accuse di quest’ultima contro il cantante di qualche anno fa.

Un documentario autorizzato e supervisionato da figlia e vedova, ma di cui non se ne sentiva necessità.
Sappiamo già tutto di Kurt Cobain e vedere quel che già si conosce in filmati amatoriali dati in pasto al grande pubblico come nulla fosse a più di vent’anni dalla morte del cantante mi sembra tanto una furbata acchiappa soldi.

Non sentivamo la necessità di vedere Kurt che tiene in braccio la figlia in stato semi-catatonico mentre Courtney lo accusa di essersi fatto e lui non riesce nemmeno ad elaborare una frase di senso compiuto e tutto si conclude con i due che cantano canzoni sconnesse alla bambina mentre le sistemano i capelli.
Non sentivamo la necessità di sentire la Love dire che Kurt era il più drogato fra loro due e che pensava sempre all’eroina, o la madre dire che nell’ultimo periodo il figlio era divenuto dipendente anche dal buco e non più solo dalla sostanza.
Queste cose non mi spingono a provare pena né per Kurt Cobain né tantomento per Courtney & compagnia bella: mi spingono a pensare alla sventura di non poter essere lasciati in pace nemmeno dopo la morte, nemmeno dopo una morte così pubblicizzata e mitizzata nel corso degli ultimi vent’anni e sulla quale s’è detto davvero di tutto.

Non so che aspettative avessi rispetto alla visione di questo documentario, la cui uscita già mi fece temere il peggio, ma sicuramente quelle poche che potevo anche remotamente avere sono state tutte disilluse. Un modo triste di accaparrarsi soldi e visibilità (principalmente per il regista) e di convincere le odierne quindicenni che basta ascoltare Smells like teen spirit Heart shaped box per capire tutto di un uomo, un cantante e del suo gruppo.

Kurt Cobain odiava la gente, lo intimidiva tanto la platea a quanto pare. Probabilmente non avrebbe autorizzato un film di questo tipo, pensando alla sovraesposizione che avrebbe subito e a cui avrebbe costretto anche la figlia adorata. È troppo facile girare e realizzare documentari e film con protagonista un fantasma, perché la verità non sta mai da una parte sola e non si può pretendere di raccontarla per l’ennesima volta in maniera così non equilibrata.

Questo film serve a ben poco, se non a rimpinguare le casse di tutti quelli che ci han messo la faccia e la forza lavoro.


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