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Coi diritti non si vive

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

In un programma radio di qualche tempo fa, un ospite - di cui non svelo il nome perché, non conoscendolo, (esattamente come fa il nostro Presidente della Camera con il cognato) non posso esprimere certezze sulla sua situazione economica – parlando dei suoi viaggi all’estero, metteva una certa malcelata boria nel dichiarare: “siccome faccio lo scrittore, ho la fortuna di poter lavorare dove preferisco”.
C’è una grossa falsità, in quella frase buttata lì con costruita nonchalance, un inganno che, per inquadrare in un’aura di nobiltà intellettuale chi la pronuncia, prende in giro i tanti ascoltatori e ancor di più quelli che tra loro, ingenui all’inverosimile, potrebbero mal interpretare e costruirsi delle false speranze.
Considerato che l’intervistato non era né Camilleri né Ken Follett, ma che, al contrario, si trattava di un autore (magari bravissimo, per carità) i cui libri sono pubblicati da un editore medio –piccolo, un autore mai entrato in una classifica dei primi 50 best sellers, risulta assai difficile pensare che il signore in questione possa campare grazie alla sua attività di scrittore. Piuttosto, se ne dovrebbe dedurre che il suo poter produrre testi in giro per il mondo sia dovuto ad altre fonti di sostentamento economico, siano esse una rendita familiare o la capacità di adattarsi a qualunque mestiere in qualunque angolo del globo.
Insomma ciò che una volta di più mi preme precisare agli adolescenti di tutte le età i quali, vivendo di talent-show ma non sapendo emettere una sola nota intonata, pensano di tentare la carta del successo mettendosi a scrivere, è che gli scrittori capaci di campare di diritti d’autore in tutto il mondo sono pochissimi, un centinaio o poco più, e che quindi pensare di mettersi a posto il 740 con la scrittura equivale più o meno a investire tutto il proprio tempo e le proprie energie nella ricerca del biglietto vincente della lotteria, o nell’aspirazione a un matrimonio col principe azzurro.
Può anche capitare, per carità, ma oltre al talento serve un colossale colpo di culo.
Conosco personalmente moltissimi autori editi, gente anche molto brava e dedita alla scrittura con profonda e sincera passione, ma nessuno di loro potrebbe dire di riuscire a mangiare grazie ai diritti sulle proprie opere. Certo non ho l’onore di annoverare tra i miei amici né Gabriel Garcia Marquez né Sophie Kinsella, ma credo che sia giusto e doveroso per chiunque abbia un po’ di esperienza di editoria sottolineare il fatto che quello dello scrittore è, per antonomasia, un mestiere non-redditizio (vale a dire un non-mestiere), di per sé insufficiente a condurre una vita dignitosa o, tantomeno, a viaggiare per il mondo inseguendo la propria eterea ispirazione.


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