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Come affrontare il disagio psicologico e... lo stress che ne deriva! 2 Parte

Da Psychomer
Come affrontare il disagio psicologico e... lo stress che ne deriva! 2 ParteEccoci arrivati al secondo appuntamento con lo Psicologo Psicoterapeuta Mazzani Maurizio.
Di seguito trovate la seconda ed ultima parte dell'articolo: Come affrontare il disagio psicologico e... lo stress che ne deriva.
Perchè ricorrere ad un intervento psicoterapico?
Che cos'è la psicoterapia?
Completando il precedente articolo aggiungo, che la pratica della cocettualizzazione essendo il dinamismo cognitivo nodale della terapia, ritengo meriti una spiegazione più esaustiva. Essa consiste inizialmente nell’insegnamento di procedure di automonitoraggio al fine di far acquisire al soggetto la consapevolezza del proprio modello cognitivo (le proprie credenze su se stessi e sul mondo), e delle emozioni e dei comportamenti ad esso conseguenti. In un certo qual senso esso costituisce un percorso d’autoconoscenza volto al proprio funzionamento psichico.
Il nocciolo è quello di raccogliere più informazioni possibili sulle situazioni attinenti l’insorgenza del malessere psicologico, e portarle in sede terapeutica per discuterne con il trainer. Molti individui vengono in terapia con una visuale confusa dei propri problemi, si sentono vittime delle circostanze e vivono dei pensieri e sentimenti sui quali sentono d’avere scarso controllo. Essi sono limitatamente consapevoli di quanto le loro reazioni, il modo di far fronte agli eventi e le loro “abilità” per fronteggiarli siano spesso una concausa al potenziamento e all’aggaravamento del loro stress.
Se, premessa, le reazioni che si hanno possono contribuire all’insorgenza e al mantenimento dello stress, consegue, che esiste necessariamente qualcosa che sia in loro potere di fare per controllarlo e modificarlo!
Ecco che la visuale rigida dell’essere solo vittime e impossibilitati ad esercitare un qualche controllo sulle situazioni stressanti, viene ristrutturata in termini di potere d’azione e di cambiamento.
All’inizio di una terapia le persone sono anche gravate da un dialogo interiore (il parlare tra sé e sé) disperato, impotente, caratterizzato da sentimenti demoralizzanti ed autosvalutanti e da una sorta di paralisi della propria volontà. E’ prassi quindi, nell’agire terapeutico, che si cerchi di abbattere le convinzioni che creano ed alimentano tale visuale distorta di se stessi, che mantiene il senso della propria inefficacia al fronteggiamento dello stress.
La mancanza di percezione d’autoefficacia rappresenta l’assenza del senso di personale forza, che si fonda sulla consapevolezza d’essere abili ad affrontare una determinata situazione, ciò deriva sempre dal modo di percepire sé stessi e di porsi in rapporto con la realtà.
Brevemente, per incrementare l’autoefficacia percepita, si stimola principalmente la persona sia a confrontarsi con determinati compiti, secondariamente sia a cimentarsi con attività di cui è portato ad esagerarne le difficoltà, per far ciò si usano argomenti razionali e l'incoraggiamento.
E’ quindi particolarmente rilevante, ribadisco, l’incremento della consapevolezza del soggetto sul proprio ruolo nelle reazioni di stress.
Far acquisire tale centralità, è di primaria importanza, le persone sono artefici di ciò che si vivono, perciò appare ovvio supporre che esse non sono soltanto vittime del proprio stress, anzi appare alquanto palese immaginare che la propria posizione attiva (il modo personale di valutare gli eventi, come si sente, si pensa e ci si comporta) contribuisca eclatantemente al proprio livello di stress. Ne consegue, concetto estremamente centrale, che è dunque in potere del soggetto stesso porre termine o comunque diminuire la potenzialità delle situazioni avversive nell’indurre stress.
Noi siamo i costruttori della nostra realtà, artefici e vittime dei nostri pensieri, comportamenti ed emozioni!
Man mano che si raccolgono i dati, avviene la riconcettualizzazione dove si offre un modello concettuale alternativo d’osservazione dei dati raccolti, quali causa del proprio stato emotivo disfunzionale. E’ nel corso della narrazione del paziente, che lo psicoterapeuta tra informazioni utili alla comprensione delle disfunzionalità disadattive, insite nella sua struttura mentale. Egli l’aiuta poi ad osservare le avversità in termini più benigni e che siano suscettibili di mutamento.
Siamo dunque alla ristrutturazione dei problemi e dei sintomi legati allo stress, con l’offerta di un’interpretazione alternativa più adattiva e nello stesso tempo più funzionale al raggiungimento dei propri scopi di vita.
In conclusione si induce contemporaneamente nel paziente, una diminuzione delle difese egoiche parassite, un incremento della sua complessità cognitiva con lo sviluppo di capacità di comprensione dei propri stati mentali e di quelli altrui (capacità metacognitive), come anche, obiettivo fulcro, maggiore plasticità all’invalidazione delle proprie credenze, cioè maggiore facilità al decentramento dalla visuale soggettiva. Ciò significa maggiore malleabilità a concepire, il proprio modo di osservarsi e di osservare, solamente come una possibilità di costruzione relativa e non assoluta!
Dott. Mazzani Maurizio Psicologo Psicoterapeuta

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