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Come Cavalieri…o come androidi?

Creato il 23 settembre 2012 da Tnepd

Come Cavalieri…o come androidi?

Come Cavalieri…o come androidi? Mi spiace per quelli che si trovano bene nel mondo corrotto nel quale sono immersi. Mi spiace per i “tutti uguali”, che si sentono a proprio agio ad essere “tutti uguali”, e ai quali qualsiasi cambiamento dall’alto, per imposizione o per seduzione va sempre bene, purché possano sapersi e sentirsi “tutti uguali”. mi spiace, ma a me le cose che vedo, l’umanità che vedo non sta bene proprio per niente.  Forse è per quello che mi hanno sempre ripetuto. Sarà pure vero che provengo da un’età antica, in cui i legami veri erano tutto, e la parola di un uomo era per lui legge. Fatto sta che a me questo esperimento di massa, che sta trasformando gli esseri umani in zombie, e i loro legami in polvere, sa veramente ribrezzo. Cosa intendo con “amici”. Intendo semplicemente le persone alle quali daresti la schiena, in caso di pericolo, affinché veglino su di te. Troppo cavalleresco, come concetto? Non me ne frega niente: io è così che la vedo. L’amico è una persona per cui ogni giorno sacrifichi un piccolo pezzetto del tuo sano egoismo. Amico, è qualcuno che non ti tradirebbe, o che non tradiresti, mai. . Comunque; cosa dire dell’amore per una donna o per un uomo? Non sono forse rapporti anch’essi esclusivi, e in questo sacri? Ma che ne sa, l’uomo medio di oggi, della vera sacralità? Certo certo, ancora ascolta le parole di qualche gufo, in antiche o moderne divisa e ornamenti. Teme ancora l’inferno, l’uomo medio di oggi. O quello letterale, o una qualche versione comunque determinata dalla forma mentis religiosa di cui è comunque, se ne renda conto o meno, schiavo. Ma il punto è: quanto contano, i legami, per quell’esperimento che continuiamo a chiamare “uomo d’oggi?” La televisione, anzi una cattivissima e stregonesca televisione, tra gli altri delitti ha sedato o soppresso il suo bisogno di comunicare qualcosa, di scambiare qualcosa di sé e degli altri, a tavola. Sembrerebbe una cosa da poco; ed invece è un’enormità. Mica l’ha fatto in un giorno, intendiamoci: questi sono processi lenti, graduali, dall’effetto giornaliero quasi impercettibile. Ma a furia di piccole gocce d’acqua, la roccia che è la mente umana a un certo punto si è aperta di schiatto in mezzo. E la gente non parla più, a pranzo o a cena. Solo che la gradualità del processo…..ha fatto sì che le persone non abbiano realizzato il cambiamento. E non lo hanno realizzato… Fissano, questo fanno, placidi e passivi uno schermo. Tutto quello che da quello schermo giunge, è recepito passivamente, in uno stato che ricorda il sonno leggero; o piuttosto un trans ipnotico. Una condizione che è stata creata ed è ogni istante garantita, da un’incondizionata, a-critica donazione di fiducia, a quella che di fatto è un’arma di persuasione di massa. Quanto sono importanti, nell’economia della giornata dell’essere umano medio, i sentimenti e la loro condivisione?

E non pensate neppure per un attimo che il problema sia un lassismo portato dal progressivo decadimento di un’antica struttura religiosa. E’ il cuore, dell’essere umano, che deve finalmente essere liberato per potergli raccontare ciò che è sacro, e ciò che non lo è. E non certo qualche istituzione, qualche Leviatano con i suoi dogmi e l’interminabile lista di presunti intermediari tra l’umano e il divino.

Ma è un dato, è innegabile, basta guardarsi attorno, che le persone riservano l’ultimo posto, nella scala delle proprie priorità, a coltivare e vivere quella condizione meravigliosa, di forza e vulnerabilità ad un tempo, che sola APRE al rapporto con l’alto.
Come Cavalieri…o come androidi?
Non vuole soffrire, l’essere umano di oggi. eppure la “spada” di valore, sia essa lo spirito, la psiche o il carattere individuali, si tempra di fuoco ed acqua. Mai solo di acqua. Eppure, e forse non è un caso, nessuno pare voglia aprirsi al rischio di soffrire. Così agiscono; eppure, non si rendono mai chiaramente conto del perché lo fanno. E la ragione, è che un processo che sfugge al loro controllo. E difatti, è un processo pazientemente governato da qualcun altro. 
Comunque: l’essere umano non vuole soffrire, anzi correre neppure il rischio. Vuole assomigliar ad un robot, il cittadino di domani. O forse, “vogliono”, che lui assomigli ad un robot. Ma lui, troppo impegnato da altre priorità, che non siano la coltivazione di rapporti e sentimenti umani, non nota comunque la differenza. I rapporti deteriorano. Non ho nulla a favore, e neppure nulla contro, l’istituzione del matrimonio, in qualunque sua accezione o forma. Eppure, è un dato di fatto che la gente, per accettare oggi di sposarsi, deve prima potersi rassicurare all’idea di poter comunque divorziare. Si impegnano, con un piede dentro e l’altro fuori. Questo, a quanto pare, fornisce una dose sufficiente di sicurezza psicologica, per l’essere umano che non vuole il dolore, per fargli compiere il passo. Ma il punto è: se non sei convinto/a……ma chi te lo fa fare? E invece i rapporti, questi e quelli di ogni altri tipo, sopravvivono come scheletri di elefanti. Solo scheletri. La forma c’è, ma lo spirito al suo interno è soffiato via da chissà quanti anni. I locali pullulano di “sigle” attempati che invece di vivere la propria unicità, invece di seguire il proprio “patto con la vita”, competono grottescamente con gente di vent’anni più giovane, nell’ossessione di restare sulla cresta dell’onda. Una cresta, e un’onda, naturalmente, che non sono stati loro a creare, e alle quali diligentemente finiscono semplicemente per conformarsi. Gli amici sembrano sempre più gente che ti frequenta mentre aspetta di trovare qualcuno dell’altro sesso che li sopporti, in cambio di un patto di illusoria sicurezza psicologica. Le coppie si sfasciano al primo o secondo litigio, appunto perché passando anni interi nel tantativo di evitare ogni situazione di conflitto ( in pratica, stanno insieme anni, senza mai conoscersi per niente ), e poi “fanno il botto”. Oppure, vige la legge di imitare le squallide soap-opera televisive, e trasformare una relazione in un inferno a due, invece di sviluppare potenziali creativi realmente condivisi. L’essere umano di oggi, quello “medio” perlomeno, è di fatto l’animale più solo nella storia di questo pianeta. Ma NON SE NE ACCORGE, giacché schermi televisivi, computer e surrogati iper-tecnologici di vera e pulsante presenza fisica-emozionale dell’ “altro”, lo convincono che LUI NON HA BISOGNO DI ALTRO. In molti casi, il che è ancora peggio, l’essere umano medio, se ancora umano lo si può definire tale, se ne frega alla grande, del contatto e dello scambio emozionale, spirituale, intellettuale. Insomma: ha trovato, o meglio gli hanno costruito una splendida gabbia a prova di ogni qualsiasi tipologia e intenbsità di dolore: chi glielo fa fare, di incontrare mai qualcuno, per parafrasare il vecchio Levinass, in “presenza” e vera “nudità”? Solo che così, l’essere umano diviene il guardiano spietato del proprio “vaso di pandora”. Solo che così, la paura cresce a dismisura, e ogni emozione finisce per essere fuggita come la peste. Io non so come chi legge questi post viva la propria vita relazionale. Magari per il mondo là fuori sono un tipo tutto”bianco e nero”, che so. Ognuno ha il diritto di vivere la propria vita come vuole. Quello di cui sono convinto, però, è che non è affatto un buon segno, che la gente viva nella completa naturalezza la propria cronica paura di essere ferita. Non è un buon segno, ma per niente, che si possa vivere, in piena serenità, di qualcuno, qualsiasi qualcuno, fino al punto che un volto non è più un volto, ma uno specchio della propria vacuità.  Per farla breve. Porto i ricordi belli e brutti, spesso le cicatrici, e in alcuni casi le ferite ancora sanguinanti, dei rapporti che ho vissuto nella mia vita. Amici, parenti, amori. Ma in nessun caso, in nessuno, ho mai “vissuto” un essere umano come un “pezzo” intercambiabile. Nessuno, neppure chi mi ha ferito o deluso di più, è mai stato per me sostituibile con qualcun altro. E francamente, da che ero bambino, a tutt’oggi, una delle cose che ho meno capito di troppe persone intorno a me, era ed è tuttora il loro disperato confondere la paura di restare soli, con l’amore.   Esiste una categoria di esseri umani, e con essi una precisa, chiamiamola, patologia, che si esprime, tra gli altri modi, in un utilizzo sfacciatamente strumentale degli altri; nel vederli come un tramite e mai come un fine. Si tratta degli psicopatici. La loro totale mancanza di empatia nei confronti di tutto ciò, che di esterno a loro VIVE, è agghiacciante. Il loro necrotico narcisismo, la loro “autoreferenzialità” esistenziale, li rende tanto contro-natura, quanto pericolosi per gli altri. Non intendo associare le persone di cui ho fin’ora fatto questione, a veri e propri psicopatici. E’ solo, che sembra proprio che perlomeno PRENDANO SPUNTO, e TRAGGANO ISPIRAZIONE, da “modelli” veramente psicopatici di riferimento…Chi vuole ci mediti un po’ su. Per quanto riguarda me, ora che vado per i quaranta, posso dire con un certo margine di certezza che ormai non cambierò più i “modelli” nobili e puri, che mi vengono personalmente in mente, quando utilizzo le parole “amicizia” e “amore”. Sarò forse un cavaliere di  altri tempi, come tante signorine mi hanno detto nel corso degli anni. O forse, semplicemente, sono così e basta. Amicizia e amore, sono legami, e i legami sono cose reali, e non metafore per qualcos’altro. Per quanto mi riguarda, un legame deve essere una catena d’acciaio. O quello, oppure per me la persona che ho davanti è un semplice “conoscente”. 
Come Cavalieri…o come androidi?
C’è chi ama le cose che resistono…e chi ama i legami che si sfaldano con un alito di vento. Il mondo è bello perché è vario. Ma l’ ESSENZIALE è che sia vario. E non, che l’umanità in blocco arrivi a conformarsi un giorno a un modello di vita relazionale di pura facciata e strumentale. Perché non più di UMANITA’ in senso proprio, si tratterebbe in quel caso, a mio avviso. Ma di “qualche cosa” di diverso, di ulteriore. E di “ulteriore”, nel preciso senso di “non più umano”. Un abbraccio controcorrente   David The Hurricane Di Bella

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