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Come definire la strategia di prezzo

Da B2corporate @b2corporate
Fin dall’inizio degli anni Novanta, il ruolo ed il significato del prezzo sono radicalmente cambiati.
La friendly competition, che prevaleva in una fase di crescita economica, si è in seguito trasformata in un’intensa guerra commerciale, nella quale il prezzo ha assunto le vesti di una vera e propria arma strategica.
In questo nuovo contesto ad alta intensità concorrenziale, la conquista di quote di mercato porta le imprese a concentrarsi essenzialmente sul prezzo. La posta in gioco è considerevole; per gli strateghi, è il momento della verità.
Definire una chiara strategia di pricing è pertanto determinante.
La strategia di pricing è un concetto molto ampio che riguarda tutta l’azienda. Non è solo legato al listino prezzi ma riguarda l’intero posizionamento dell’impresa:
- Siamo un’azienda di alta gamma?
- Puntiamo a profitto o quote di mercato?
- Competiamo nel segmento low cost?
ESEMPI DI STRATEGIE DI PRICING
Queste sono alcune delle domande a cui la strategia di pricing deve rispondere. Quanto sia determinante impostare una giusta strategia di prezzo lo dimostrano i casi di Porsche e General Motors (GM). L’allora a.d. di Porsche Wendelin Wiedeking illustra come segue la sua impostazione: “la nostra strategia di pricing è quella di mantenere i prezzi stabili per proteggere il nostro brand e per evitare un crollo dei prezzi nel mercato dell’usato. Quando la domanda si contrae tagliamo la produzione, ma non abbassiamo i nostri prezzi.” Del tutto opposta era quella di GM spiegata dall’a.d. Richard Wagoner: “i costi fissi sono molto alti nel nostro settore. Abbiamo compreso che in un momento di crisi stiamo meglio tagliando i prezzi anziché i volumi. Dopo tutto, al contrario di molti competitors, riusciamo ancora a fare soldi con questa strategia”.
Cosa avvenne alle due aziende che seguivano strategie di prezzo così opposte?
Porsche divenne l’azienda automobilistica più profittevole del settore, puntando ai profitti, mentre GM, puntando ai volumi fallì (vedi figura 1):
Come definire la strategia di prezzo
Fig. 1: Strategie di prezzo in Porsche e GM (Fonte: Price Management, Franco Angeli)
Con la fuoriuscita di Wagoner da GM, Bob Lutz, vice presidente di General Motors, dopo avere subito perdite di circa 11 miliardi di dollari, cambiò la strategia di pricing: “stiamo uscendo dal business distruttivo, come il GM employee Pricing sales, che accresce la quota di mercato ma distrugge i margini. È preferibile vendere meno macchine ad un prezzo elevato piuttosto che più macchine con margini bassi. Vendere 5 milioni di veicoli con profitto pari a zero non è così conveniente come vendere 4 milioni di veicoli con profitto."
Questi casi indicano quanto sia importante definire in maniera adeguata la strategia di pricing. Incredibile ma vero: in molte aziende prevalgono ancora obiettivi di volumi, quote di mercato e vendita di prodotti a discapito dei profitti.
Quest’affermazione, fatta da un top manager di un’impresa leader nel settore dell’elettronica di consumo, è emblematica: “siamo onesti. Diciamo tutti di mirare ai profitti, ma le teste iniziano a cadere se le quote di mercato si contraggono del 0.1%. Quando i profitti crollano del 20%, non succede niente.” In casi come questo è chiaro che la strategie di pricing non viene vissuta. In questi casi risulta utile incentivare i manager e la forza vendite riconoscendo perlomeno parte della retribuzione variabile in base ad obiettivi di marginalità e non solo in base ad obiettivi di volumi.
Quanto sopra vuol dire che avere un’ampia quota di mercato è sempre una cosa negativa? Certamente no!
Se un’azienda detiene un significativa quota di mercato dovuta ad esempio a performance, qualità, innovazione, valore capace di generare marginalità soddisfacente e elevati profitti allora si tratta di una situazione sostenibile.
Se invece la quota di mercato viene conquistata tramite prezzi aggressivi eccessivamente bassi non allineati a costi bassi, allora si genera marginalità insufficiente e bassi profitti o perdite – la situazione diventa insostenibile.
Alcuni esempi di una chiara strategia di prezzo sono i seguenti:
- Apple, con una strategia di price premium, che riesce a cogliere il valore che scaturisce da un posizionamento legato a driver di valore come design o tecnologia dei prodotti.
- Ryan Air, che segue una strategia di prezzi low cost, impostando l’intero modello di business sulla scomposizione del tradizionale tutto compreso delle compagnie aeree di bandiera.
- Ferrari, un caso di strategia di pricing di altissima gamma, che Montezemolo ha voluto rafforzare nel 2013, annunciando di voler incrementare esclusività, prezzi e margini, rinunciando a volumi.
Dall'altro lato troviamo aziende come Microsoft con la Xbox, Sabena o Saab che a causa di strategie di pricing inadeguate hanno accumulato perdite, portando al fallimento.
Come definire la strategia di prezzo
Fig. 2 - Casi di successo ed insuccesso (Fonte: Price Management, Franco Angeli)
PREZZO E VANTAGGI COMPETITIVI
L’approccio classico di numerose imprese consiste nel concentrarsi sulle loro relazioni con i clienti, cercando di identificare con precisione le loro esigenze e di soddisfarle al meglio. Esse producono notevoli sforzi per comprendere il modo di ragionare dei clienti rientranti in ciascun segmento, per individuare quelli che, ai loro occhi, saranno gli aspetti più importanti dell’offerta, e infine per prevedere le loro future necessità e le tendenze di mercato. Anche i concorrenti devono sempre essere oggetto di uno studio molto attento, in virtù del quale possono crearsi dei vantaggi competitivi che permetteranno all’impresa di differenziarsi e di difendersi.
Un “vantaggio competitivo strategico” deve perciò rispondere a tre criteri:
1) deve basarsi su una caratteristica importante per il cliente;
2) dev’essere percepito dal cliente;
3) dev’essere durevole, ovvero i concorrenti non devono poterlo imitare facilmente.
Soddisfare contemporaneamente queste tre condizioni non è impresa facile. Il prezzo è uno dei parametri chiave sui quali si può giocare per realizzare dei vantaggi competitivi. In generale, essi permettono di soddisfare i due primi criteri (importanza e percezione da parte del cliente). D’altronde, un prezzo meno alto può rappresentare un vantaggio durevole solo se l’impresa è capace di mantenerlo senza conseguenze negative nel lungo periodo; altrimenti, la concorrenza può accodarsi al calo dei prezzi ed eliminare il vantaggio che si era venuto a creare. La gestione dei prezzi in una prospettiva concorrenziale non può dunque essere scissa dalla gestione dei costi.
In termini generali, lo sviluppo di un vantaggio competitivo deriva da uno dei due seguenti presupposti:
• offrire una performance paragonabile a quella della concorrenza, ma a un prezzo inferiore. Nel lungo periodo, ciò è possibile solo a condizione di una struttura dei costi inferiore. Il price leader si definisce così come un’impresa alla quale i prezzi inferiori permettono di determinare o di influenzare fortemente il livello di riferi¬mento e la struttura dei prezzi nei mercati sui quali essa è presente (ciò non sussiste necessariamente se l’impresa occupa una nicchia di mercato). Esempi sono Ikea, EasyJet, Dacia o Lidl;
• offrire ai clienti un maggior valore (miglior performance ecc.) e mantenere questa posizione con l’aiuto di parametri diversi dal prezzo (per esempio la qualità, il servizio, la comunicazione). Quando questa strategia viene correttamente imple¬mentata, i clienti sono pronti a comprare il prodotto a un prezzo anche maggiore di quello praticato dai concorrenti. Esempi sono Natuzzi, Lufthansa, Audi o Pam.
Il successo di una strategia competitiva dipende in primo luogo dalla scelta dei vantaggi competitivi e dei mercati nei quali l’impresa vuol essere presente. Distinguendo da una parte l’approccio di mercato (totale/nicchia) e dall’altra il tipo di vantaggio competitivo (costo-prezzo/valore), possiamo riassumere le diverse scelte possibili secondo le quattro “strategie generiche” della figura 3.
Come definire la strategia di prezzo
Fig. 3 Le quattro “strategie generiche” del posizionamento concorrenziale
I generalisti possiedono una gamma estesa e sono presenti su grandi mercati, in contrapposizione agli specialisti, che si concentrano su un target di mercato più ristretto. I concorrenti che seguono una strategia di differenziazione puntano su una migliore performance (che comprende certamente anche il servizio) e si sforzano di rendere unico il loro posizionamento; i price leader, invece, propongono dei prezzi meno elevati di quelli dei loro concorrenti come punto di forza della loro politica commerciale. Il segreto del successo è scegliere una chiara strategia e perseguirla in maniera coerente.
RISORSE PER APPROFONDIRE
Come definire la strategia di prezzo

Copertina del libro “Price Management”, H. Simon, D. Zatta, M. Fassnacht, Franco Angeli

Come definire la strategia di prezzo
Copertina del libro “Le Basi del Pricing”, D. Zatta, Hoepli Autore

NOTE SULL'AUTORE



Come definire la strategia di prezzo
Articolo a cura di Danilo Zatta, Partner in Simon-Kucher & Partners, società leader nella consulenza su strategie, marketing e vendite, è autore dei libri “Le basi del pricing” e Revenue Management”, entrambi Hoepli e “I trend economici del futuro”, Il Sole24 Ore. [email protected]

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