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Come Dori guardava Fabrizio (Hotel Supramonte)

Creato il 02 agosto 2015 da Faustotazzi

Mi piacerebbe iniziarlo questo post parafrasando quasi quel sonetto che partiva con "Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io / fossimo presi per incantamento". Ecco: "Cinzia, io vorrei che tu e Chloé ed io / ci guardassimo sempre / come Dori guardava Fabrizio". Cioè come Dori Ghezzi guardava Fabrizio de André. 
Nella seconda metà degli anni settanta, in previsione della nascita della figlia Luisa Vittoria, Fabrizio De André e Dori Ghezzi andarono a stabilirsi nella tenuta sarda dell'Agnata, a due passi da Tempio Pausania. La sera del 27 agosto 1979 furono rapiti e tenuti prigionieri nei boschi e tra i monti presso Pattada; vennero liberati quattro mesi dopo, Dori il 21 dicembre alle undici di sera, Fabrizio il 22 alle due di notte, dietro il versamento di un riscatto pagato dal padre di Fabrizio, Giuseppe. La nostra storia ha a che fare sia con il prima che con il dopo del rapimento. 
Qualche tempo prima del rapimento, una troupe televisiva de L'Altra Domenica guidata da Fabrizio Zampa li andò a trovare nella loro fattoria in Sardegna per presentare il nuovo disco "Rimini" e dopo il pranzo vennero riprese in diretta due canzoni, Andrea e appunto Rimini. In diretta dalla tavola sotto il portico, con le chitarre, i contadini e la pioggia che cadeva a dirotto. Fabrizio cantava, suo figlio Cristiano giovanissimo alla chitarra, Dori e lo stesso Zampa a fare i cori. LuVi bebé che si fece sentire fuori campo in Rimini e sua madre mise in camera uno sguardo talmente carico di variati sentimenti di cui varrebbe probabilmente la pena scriverne, ma sarebbe un altro post. 
Mentre cantano Andrea, Dori guarda ripetutamente Fabrizio fin quasi a dimenticarsi la sua parte. Chissà dove finirono per un istante i suoi pensieri prima di riaversi e ricominciare il coro, sta di fatto che in quello sguardo, in quel preciso, millimetrico e quasi impercettibile istante c'è tutto. C'è Dori nel suo più profondo, c'è il suo rapporto con Fabrizio, la complicità, l'arte di essere una coppia. Ci sono Cristiano che suona e LuVi che si fa sentire dall'altra parte del tavolo, ci sono il senso di pienezza e di responsabilità, c'è la felicità profonda e intensa dell'essere famiglia. In quello sguardo di Dori ci sono il passato, il presente e il futuro, ci sono lei, loro, tutti quelli che gli stanno e che gli sono stati intorno; c'è la vita, l'universo, il mondo. Ed è un istante che per me è passato attraverso il tempo, da una domenica pomeriggio in una casa in un paese perso nella bassa campagna lombarda nel millenovecentosettantotto fino a qui, oltre trent'anni dopo, in una casa nel centro di Parigi, nel duemilaquindici, in un posto dove faccio cose e vedo persone che nemmeno avrei potuto immaginare quando per la prima volta vidi quei due dal vivo, quarant'anni fa. Di questo è difficile scrivere, soprattutto adesso che c'è Chloé, perché questo è un pezzo di passato e con lei adesso c'è il futuro. Ma quello sguardo ha attraversato il tempo e oggi lo ritrovo e lo capisco profondamente come non lo avevo mai capito prima: Cinzia, io vorrei che tu e Chloé ed io ci guardassimo sempre come Dori guardava Fabrizio.
Oltre un anno più tardi, dopo il rapimento, Fabrizio scrisse nuove canzoni che raccolse in un album senza nome che tutti chiamarono L'Indiano per il disegno dell'indiano a cavallo in copertina. Per i suoi rapitori, per gli materiali del sequestro, Fabrizio e Dori ebbero sempre parole di comprensione. Non si costituirono mai come parte civile, in una intervista a Gianni Minà spiegarono il loro punto dicendo che quello che quei pastori e contadini avevano fatto era la conseguenza del loro mondo millenario che nel giro della loro sola generazione stava cambiando per sempre (*) . In un certo senso, Fabrizio li assolveva quasi con un biblico Padre perdonali perché non sanno quello che fanno e chiuse dicendo che in un certo senso lui e Dori erano stati liberati mentre loro -  i pastori - erano sono ancora là. A onor del vero, Dori affermerà molto tempo dopo, che rivedendo le foto e i filmati dell'epoca poteva vedere come dopo il rapimento rimasi a entrambi qualcosa nello sguardo.
Fabrizio scrisse una canzone che si intitolava Hotel Supramonte (anche se in effetti il luogo dove vennero sequestrati e detenuti non era esattamente il Supramonte) che inizia così:
E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il cielo
e che è fatta solo della sua voce profonda e di un arpeggio semplice di chitarra sulla tonalità di re. 
In tutte le versioni che potrete trovare - sia in quelle originali dell'epoca che nei concerti successivi - fabrizio la canta da seduto, con le labbra appoggiate sul microfono, lo sguardo basso e quella frangia sull'occhio che lo fa sembrare quasi Capitan Harlock. 
Poi, nella seconda strofa, entrano un basso e un violino a creare una scarna linea ritmica e melodica.
Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facilegrazie a te ho una barca da scrivere, ho un treno da perderee un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la nevesul tuo corpo così dolce di fame così dolce di sete.Passerà anche questa stazione senza far malepasserà questa pioggia sottile come passa il dolore
In un'altra intervista Fabrizio dirà che quello che lui e Dori vissero insieme durante il rapimento fu la prova definitiva che erano fatti l'uno per l'altra. Di questo nella terza strofa ne fa poesia.
E ora siedi sul letto del bosco che ormai ha il tuo nomeora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dormema se ti svegli e hai ancora paura ridammi la manocosa importa se sono caduto se sono lontanoperché domani sarà un giorno lungo e senza paroleperché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole 
Il violino ripete due volte la linea melodica e il pezzo, che è un pezzo semplice, semplicemente finisce.
Fabrizio De André più che cantare canzoni raccontava storie. Che dire, mi spiace non ci sia più, mi spiace soprattutto perché sarei curioso di poter ascoltare un'altro suo disco. Ma se un giorno non ci fossi più, di questo certo non mi preoccuperei.

Questo post è dedicato a Cinzia(*) Quello dei mondi millenari che cambiano per sempre nel giro di una sola generazione è peraltro un tema che mi interessa molto, vedere al proposito in questo stesso blog gli scritti sugli Arabi del deserto. 

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