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Come iniziare a dipingere e quando fermarsi. l’arte di katharina grosse.

Creato il 28 novembre 2010 da Theanonymato
COME INIZIARE A DIPINGERE E QUANDO FERMARSI. L’ARTE DI KATHARINA GROSSE.

Katharina Grosse, If Music No Good I No Dance, 2004, mostra a cura di Milovan Farronato a Viafarini, Milano (Foto di Rossana Lo Russo)

Katharina Grosse è sicuramente una fra le più interessanti pittrici contemporanee.
Ciò che rende il lavoro dell’artista così affascinante e seduttivo è nell’importanza assoluta del “come dipingere”, nell’impatto estetico del colore e nel coinvolgimento totale dello spazio circostante.
L’artista lavora con un diffusore spray a compressione: questo le permette di rapportarsi con lo spazio attraverso un’imponente gestualità continua e incurante dei limiti delle superfici finite. In questo modo l’opera coinvolge pienamente lo spazio e, pur se concepita come site-specific, prende posto nella ricerca dell’artista come un frame tra il lavoro precedente e l’operazione successiva, senza soluzione di continuità, come un racconto a colori del suo vissuto che trascende la fisicità dei luoghi.
Sperimentando materiali e combinando la potenza visiva dei colori con l’impalpabilità della pittura spray, Katharina diffonde una sorta di energia primordiale e astratta nel luogo prescelto: la potenza del colore parzialmente domata dall’artista si diffonde partendo da un punto e “cambiando la pelle” agli oggetti circostanti, in una narrazione fluttuante che si manifesta ai nostri occhi sia come progetto che come risultato.


COME INIZIARE A DIPINGERE E QUANDO FERMARSI

Jonathan Watkins in conversazione con l’artista Katharina Grosse
(tratto da Katharina Grosse – Cool Puppen, catalogo monografico della mostra alla Ikon Gallery)

COME NASCE UNA TUA OPERA?
Non faccio più bozze preliminari per i miei lavori, e il vero processo di progettazione è legato alla decisione di quali colori ordinare al colorificio. Questa è la cosa che per me si avvicina di più ad una progettazione.

RICORDO CHE PER IL TUO LAVORO A IKON SEMBRAVA CHE TU SCEGLIESSI I PIATTI DA UN MENÙ…
Si, guardavo la palette di colori e pensavo “Come mi sento oggi?”

NELLO STESSO TEMPO, SCEGLIEVI I COLORI CHE STESSERO BENE TRA DI LORO, AL FINE DI OTTENERE UNA SPECIE DI BILANCIAMENTO ESTETICO?
Scelgo molti colori per avere più scelte possibili quando dipingo, quindi all’inizio non mi prefiggo un’idea per un lavoro ben preciso. Due anni fa ero molto più selettiva nelle mie scelte, ad esempio un marrone fango e un arancione, e lavoravo solo con questi colori predeterminati. Ora è diverso.

QUINDI UNA SPECIE DI ISTANTANEA SPECIFICITÀ DEL LUOGO. TU TI TROVI IN UNO SPAZIO CON QUESTO DISEGNO, QUESTO APPARATO, E LA DOMANDA “ORA CHE FARE?”
LA PRIMA VOLTA CHE LAVORAMMO ASSIEME (ALLA BIENNALE DI SIDNEY 1998), DAVI MOLTA PIÙ ATTENZIONE ALLA GIUSTA SOLUZIONE FIN DALL’INIZIO. ANCHE NELLA SCELTA DEL COLORE REAGIVI ALLE QUALITÀ FORMALI DEL CONTESTO IMMEDIATO.

… già, ricordo che vidi il verde che usai per primo nel colore dei muletti che manovravano lì attorno.

ERA UNA SPECIE DI “IMPRESSIONISMO ASTRATTO”, COME SE INIZIASSI A LAVORARE DA UN’IMPRESSIONE VISIVA DI UN DETERMINATO POSTO IN UN DETERMINATO MOMENTO, COMUNICANDO POI QUELL’IMPRESSIONE ATTRAVERSO GLI AMPI GESTI DI UN IMMENSO LAVORO DIPINTO A SPRAY. ORA, SENZA QUEL TIPO DI SPUNTO, COME INIZI UN LAVORO?
Inizio da elementi che ricordo di altri lavori. Ho acquisito certe abitudini, come iniziare dagli angoli, o fare movimenti veloci con una mano leggera di vernice un po’ qui e un po’ là, un sacco di diversi colori, su tutta la superficie che ho a disposizione. Trasporto idee sul colore e sullo spazio nella situazione in cui mi trovo, ricordandomi alcune cose, ma che restano solo idee, idee del passato presenti nella mia testa. Quello che vedo, dopo aver lavorato con la memoria, è molto diverso perché mi trovo in un altro spazio e in un’altra realtà. Ciò che penso prima di fare un lavoro, appare molto diverso da quello che faccio. Posso avere qualsiasi tipo di idea ben chiara, ma poi, quando lavoro, non è solo un’esecuzione di qualcosa che ha già una forma nella mia mente.
Tutto quello che faccio nei miei dipinti si basa su alcuni pensieri, seguiti da altri e così via.
È questo che lo rende così diverso da una fotografia.

È PER QUESTO CHE HAI DECISO DI NON FARE PROGETTI O BOZZETTI?
Esattamente. È in questo modo che do risalto alle caratteristiche del dipingere.

C’È ANCHE UN’ESPLORAZIONE DELLO SPAZIO IN CUI DIPINGI. HO NOTATO CHE NON TI MUOVI IN MODO SISTEMATICO IN UNO SPAZIO: SEMBRA PIUTTOSTO UN MODO PARTICOLARE PER “MARCARE” IL TUO TERRITORIO. I PRIMI SEGNI CHE FAI SEMBRANO LE TRACCE DI UN’ESPLORAZIONE INIZIALE DELLO SPAZIO CHE STAI PER OCCUPARE. E C’È UNA SORTA DI DRAMMA NEL FATTO CHE TU TI TROVI SOLA IN UN TALE VUOTO. CON TUTE DA LAVORO, MASCHERE E ALTRE PROTEZIONI, SEMBRA CHE TU SIA SBARCATA SULLA LUNA.
Si, recentemente mi sono proprio resa conto di non essere effettivamente nello spazio: quello che indosso mi isola dallo spazio. Il processo dei segni iniziali si trasforma subito per me in un’esperienza di osservazione di figure, per la distanza, e anche perché c’è qualcosa da osservare.

QUESTO È MOLTO DIVERSO DALLA CLASSICA IDEA DI JACKSON POLLOCK, CON T-SHIRT, JEANS E PIEDI NUDI, CURVATO SU DI UN’ENORME TELA STESA SUL PAVIMENTO. L’IDEA DI DISTANZA CHE DESCRIVI NON È QUELLA CONVENZIONALMENTE ASSOCIATA ALL’ESPRESSIONISMO ASTRATTO…
… e usando colore spray in effetti non tocco lo spazio. L’unico modo in cui ne sono connessa fisicamente è camminandoci.

… MA LA PITTURA SPRAY È UNA SPECIE DI MEDIUM A RISPOSTA DIRETTA. APPARE DOVE TU PUNTI LA PISTOLA A SPRUZZO.
Si, c’è un parallelismo, come se guardassi e dipingessi allo stesso tempo. È molto diretto. Questo riflette la mia esperienza pittorica in generale, cioè che il pensare e il guardare qualcosa accadono nello stesso momento. Accadono molte cose nelle nostre teste (associazioni, analisi e così via) e tutto troppo in fretta per essere descritto a parole. Questo è molto diverso dal processo mentale che avviene dopo aver fatto un passo indietro, allontanandosi da ciò che si è dipinto. La pittura a spray è diversa da quella a pennello, perché in qualche misura il pennello si mette in mezzo.

COME INIZIARE A DIPINGERE E QUANDO FERMARSI. L’ARTE DI KATHARINA GROSSE.

Katharina Grosse, If Music No Good I No Dance, 2004, mostra a cura di Milovan Farronato a Viafarini, Milano (Foto di Katharina Grosse)

IMMAGINO CHE ANCHE LA MANCANZA DI SPESSORE DELLA PITTURA SPRAY SIA MOLTO IMPORTANTE…
Sono solita essere molto attenta alla sostanza della pittura. Una quindicina di anni fa usavo colore molto denso, cera e stampi sulle superfici dipinte. Pensavo che, per dare “presenza” al colore, la pittura dovesse avere spessore. Poi ho scoperto che era il contrario. Gli effetti più brillanti si ottengono con applicazioni sottili di colore. Se voglio trasmettere un’idea di sostanza e tridimensionalità, allora uso la natura dell’edificio su cui sto lavorando, come ad esempio i muri attorno agli angoli, che ne diventano il corpo…

TORNANDO ALL’IDEA DELLA NARRAZIONE, E AL MODO IN CUI INIZI A LAVORARE, SEMBRA CHE TU COMPIA PARTICOLARI MOVIMENTI, COME SE SPINGESSI IN AVANTI UN PEDONE ALLA PRIMA MOSSA IN UNA PARTITA DI SCACCHI, QUALCOSA DI EQUIVALENTE AL “C’ERA UNA VOLTA”. INIZI CON QUALCOSA DI FAMILIARE INVECE DI AGONIZZARE SU MODI DIVERSI DI COMINCIARE, E POI, RAGGIUNTO UN CERTO IMPETO INIZI A CAMBIARE LA TUA GESTUALITÀ.
Si, e poi mi interessa molto potermi dare la possibilità di passare da pensiero a pensiero, senza nascondere ciò che ho concepito prima. Non voglio essere didattica, voglio piuttosto allargare il modo di pensare, senza preoccuparmi che qualcosa sia o non sia bello.

QUINDI NON È UN PROCESSO ESTETICO…
Non ne sono sicura. Ma se lo è, non è un “puro” processo estetico. Per complicare la cosa, ho una sinestetica reazione al colore, come se ascoltassi qualcuno cantare. I miei lavori devono essere un pò seduttivi, altrimenti nessuno ne rimarrebbe intrigato. L’illusione dello spazio pittorico è seduttiva. La relazione tra questa specie di seduzione e la qualità estetica complessiva dell’opera è la stessa che per una bellissima canzone, quando ti fai un’idea del cantante di una composizione meravigliosa…

PARTE DELL’ATTRAZIONE DEL TUO LAVORO SI BASA CERTAMENTE SULL’IDENTIFICAZIONE CHE LO SPETTATORE HA IN TE E NEL DESIDERIO PRIMORDIALE DI “MARCARE” CHE IMPERSONIFICHI CON IL TUO LAVORO.
ALLA LUCE DI QUESTA PRATICA INTUITIVA, COME CAPISCI QUANDO SMETTERE DI DIPINGERE?

La narrativa nel mio lavoro è come una rete di idee e di punti di riferimento. Mi piace la libertà che esiste all’interno di una matrice, e più dipingo, più ne sto rispondendo, più fitta diventa la rete.
Tutto inizia a chiudersi, come una ramificazione di decisioni, fino a quando, ad un certo punto, non c’è più niente da fare. Il pezzo successivo viene di nuovo da queste idee, attraverso lo stesso processo ma in un luogo diverso, in un diverso punto di vista.

COME INIZIARE A DIPINGERE E QUANDO FERMARSI. L’ARTE DI KATHARINA GROSSE.

Katharina Grosse, If Music No Good I No Dance, 2004, mostra a cura di Milovan Farronato a Viafarini, Milano (Foto di Rossana Lo Russo)

KATHARINA GROSSE  (www.katharinagrosse.com) è nata a Freiburg nel 1961, e vive e lavora tra Düsseldorf e Berlino.
Professoressa alla Kunsthochschule di Berlino ha esposto nel corso della sua carriera in numerose mostre personali e collettive in Europa e nel mondo.
Fra le personali: MassMoCA, North Adams (2010), Museum for Moderne Kunst, Copenaghen (2009), FRAC Auverge, Clermont-Ferrand (2008), Renaissance Society, Chicago (2007), Serralves, Museu de Arte Contemporanea, Porto (2007), Contemporary Art Center, Cincinnati (2006), Palais de Tokyo di Parigi (2005), Contemporary Arts Museum di Houston (2004), White Cube di Londra (2002).


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