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Come leggere un racconto /4 – Greenleaf di Flannery O’Connor

Da Marcofre

La signora May aveva avvertito, nel sonno, un masticare ritmico e ostinato, come se qualcosa stesse rodendo un muro maestro. Aveva capito che, qualunque cosa fosse, mangiava fin da quando lei era entrata in possesso della piantagione, e aveva divorato tutto, dallo steccato di confine alla casa, e ora stava mangiando la casa, dopo di che, con lo stesso ritmo tenace, avrebbe continuato placidamente oltre la casa, a mangiare lei e i ragazzi, e poi ancora tutto all’infuori dei Greenleaf, e ancora, ogni cosa, finché non sarebbe rimasto nulla all’infuori dei Greenleaf, una piccola isola tutta loro, in mezzo a quella che era stata la sua piantagione.

Un brano lungo, che però ha il pregio di illustrare alla perfezione come la signora May la pensi. Quello che nelle lezioni precedenti avevo accennato, qui si rivela con chiarezza.
Abbiamo a che fare con una specie di sindrome da accerchiamento. Questa donna è persuasa di essere minacciata, in pericolo, e tutto questo pericolo però non toccherà affatto i Greenleaf. Ma per quale ragione è in pericolo? La risposta è piuttosto semplice, vero?

In pericolo ci sono sempre i migliori, quelli che hanno valore, e la signora May è certa di essere almeno una spanna sopra i Greenleaf. Perché ha una fattoria, una piantagione, e questo genere di cose non sono per tutti.
Non lo sono per i Greenleaf, per esempio.

Altro aspetto da considerare. Certe persone (come la signora May) trovano sempre, e ovunque, dei validi motivi per confermare la loro opinione sul resto del mondo. Forse addirittura vanno in giro con tanto di lanternino, e a ogni passo annuiscono, perché scovano l’ennesima prova che ad avere ragione sono loro, e non gli altri. Non importa troppo che poi le cose vadano male. Costoro lo sanno: siccome sono migliori di tutti gli altri, le difficoltà hanno una predilezione particolare proprio per essi. I disagi non colpiscono i fannulloni: se ne stanno a far niente, quindi sono al riparo.

La signora May accetta tutto questo con serenità. Non contesta, non si arrabbia. Non chiede spiegazioni. Vede come vanno le cose, e non è affatto sorpresa. Però qui sono apparsi i Greenleaf. E più avanti leggiamo:

Il signor Greenleaf doveva aver lasciato aperto il cancello del viale, e senza dubbio la mandria era tutta nel prato.

La tipica condotta di chi non ha cura né delle proprie cose, né di quelle altrui.

Piccola considerazione (che in realtà non è affatto piccola). Definire il modo di pensare, o meglio la visione di un personaggio, e tutto quello che gli sta attorno, è una faccenda complicata. Qui Flannery O’Connor ci riesce ricorrendo a elementi molto concreti. Forse avrebbe potuto spiegarci per filo e per segno come pensa la signora May, cosa pensa, e via discorrendo. Sarebbe stato pericoloso, perché avrebbe potuto annoiare. E allora?

La scrittrice illustra la concezione del mondo della signora May, come se fosse un mestolo, o un tavolo, o un carico di sacchi di cemento.

(…) aveva avvertito, nel sonno, un masticare ritmico e ostinato,

Perché persino nel sonno certe persone sono all’erta, e capiscono al volo tutto. Sanno già tutto.

(…) qualunque cosa fosse, mangiava fin da quando lei era entrata in possesso della piantagione, e aveva divorato tutto, dallo steccato di confine alla casa,

Flannery O’Connor ricorre a una serie di immagini molto “solide” che svolgono un duplice compito.
Da una parte, ci indicano con la necessaria precisione cosa c’è in questo luogo (la casa; lei e i ragazzi; i Greenleaf). Senza scendere nel dettaglio, diciamo che fissa il perimetro, poi ci sarà tutto il tempo per ampliare o precisare; ma adesso sarebbe inutile. Quello di fissare il perimetro, è un espediente tipico dei narratori. Ricordate “La casa di Chef” di Raymond Carver?

Soprattutto, queste immagini ci indicano come rendere i personaggi reali, attraverso elementi della loro vita quotidiana, che rimandano al loro modo di pensare.
Invece di scrivere: “La signora May pensava… o diceva… o considerava…”, l’autrice sceglie una strategia differente. Che nasce dall’osservazione: si guarda attorno e “sfoglia” il luogo dove lei viveva (una fattoria della Georgia), e sceglie tutto quello che serve alla propria storia al fine di spiegare al lettore il suo personaggio.

Niente pensieri; niente elucubrazioni. Roba concreta.
Certi autori esordienti adorano riempire le pagine di pensieri. Forse temono i lettori, e per questo li tengono lontani dalla loro opera registrando ogni moto dell’animo o del cervello. Qui invece siamo alle prese con quello che un autentico scrittore può cogliere facendo lavorare i sensi.

Occorre tanta pratica, però.

Come leggere un racconto /3 – Greenleaf di Flannery O’Connor


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