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Come Matteo Renzi si intestava il merito del mega-investimento UE da 300 miliardi: una vera "sòla"

Creato il 28 novembre 2014 da Tafanus
Matteo Renzi, professione "Annunciatore", si era precipitato ad intestarsi il Grande Merito di aver "proposto, e per alcuni versi imposto all'Europa" (sic!) il "piano di investimenti" da oltre 300 miliardi. Come Matteo Renzi si intestava il merito del mega-investimento UE da 300 miliardi: una vera (Fonte e VIDEO) Ancora una volta, il "Vanna Marchi" è stato tradito dall fretta di vendere "l'unguento miracoloso" prima che questo fosse disponibile. E ancora una volta ne usciamo (o ne esce?) con una figura di lana caprina. I "soldi veri" (non quelli del monòpoli di Renzi e Junker) sono molti di meno: solo 21 miliardi. Ecco come l'economista tedesco Guntram Wolf dell'Università di Bonn, già consulente dell'Fmi e dal 2013 direttore del Bruegel Institute di Bruxelles, smonta la "sòla" Juncker/Renzi:
Guntram Wolff: "Piano Juncker? Gli investimenti reali saranno molti meno, progetto troppo ambizioso

"La più grande vittoria dell'Italia in Europa è quella di aver proposto e per alcuni versi imposto (sic!) un piano di investimenti da 300 miliardi. E' il primo segno di attenzione non solo per l'austerità e il rigore ma anche per crescita e investimenti". Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante il suo intervento in Senato per presentare i principali temi di discussione del prossimo Consiglio europeo a Bruxelles di giovedì 23 e venerdì 24 ottobre. Al centro del vertice europeo ci saranno i temi ambientali, energetici e climatici [...]

(Intervista di Emanuele Occorsio)

"L'economista Guntram Wolf dell'università di Bonn, già consulente dell'Fmi e dal 2013 direttore del Bruegel Institute di Bruxelles, gela sul nascere qualsiasi eventuale entusiasmo: "Progetto troppo ambizioso" (di Eugenio Occorsio - Repubblica/Economia)

Come Matteo Renzi si intestava il merito del mega-investimento UE da 300 miliardi: una vera
"E' totalmente irrealistico il rapporto di uno a quindici indicato come leverage. Nelle condizioni attuali questo ratio non può essere superiore, se va bene, a uno a cinque". Guntram Wolff (nella foto), economista dell'università di Bonn, già consulente dell'Fmi e dal 2013 direttore del Bruegel Institute di Bruxelles, gela sul nascere qualsiasi eventuale entusiasmo sul piano Juncker. "Basare un progetto così ambizioso e di tale visibilità sul meccanismo delle "leve" finanziarie senza offrire a supporto alcuna certezza, mi sembra quasi disonesto. Diciamo la verità: è un esercizio da laboratorio, tutt'al più un'ipotesi di lavoro".
Perché escludere che i privati si inseriscano nell'iniziativa con i loro capitali, la famosa "leva", e inneschino un circuito virtuoso di investimenti?
"Sarei il primo a esserne felice perché sono convinto che l'Europa abbia bisogno di una politica di espansione. Ma nelle condizioni attuali è difficile che i privati si gettino in massa nella costruzione di infrastrutture che dovrebbero sostenere un'economia stagnante, a fronte di garanzie così indefinite e comunque insufficienti. C'è il pericolo di costruire autostrade dove nessuno passa, e allora chi ripaga l'impegno? Nei periodi di crescita gli investimenti arrivano ugualmente, in recessione sono difficili qualsiasi sia il progetto di appoggio chiamato a sostenerli. E qui il progetto è debolissimo. Non basta garantire contro la "first loss" come dice Juncker, perché oltre alla prima perdita rischia di esserci la seconda, e la terza..."
Però se smantelliamo il principio della "leva" abbiamo finito di parlare: su di esso, cioè sull'adesione dei privati, si basa l'intero progetto. Vuol dire che non se ne farà niente?
"Diciamo che si ridurranno i costi di alcuni investimenti, e qualche sporadico caso di convenienza ci sarà. Però, come dicevo, al massimo si moltiplicherà per cinque la cifra sul tappeto, i 20 miliardi di contributo Ue. Fanno 100 miliardi e non 300 e più come si dice, e 100 miliardi sono pochi per battere una crisi come l'attuale. Senza contare che prevedo dissidi a non finire per l'attribuzione dei fondi visto che negli uffici della commissione sono arrivati progetti per mille miliardi e oltre. Ma c'è ancora un altro punto debole, anch'esso importantissimo: non è chiaro a quale livello avverrebbe lo "sgravio" dai calcoli del deficit e del debito: quando uno Stato contribuisce al fondo? Quando in virtù del fondo si avvia qualche progetto? Oppure solo quando si concedono le garanzie?"
Se è per questo, a proposito del nuovo "veicolo" finanziario, appunto il fondo per gli interventi, non è stato neanche chiarito il termine di volontarietà per il contributo ad esso...
"Già. E c'è un paradosso: gli Stati possono rinunciare a determinati fondi strutturali non ancora erogati, per "girarli" al nuovo fondo. Senza però la certezza che poi il fondo stesso investirà nel loro Paese. Chi oserà sfidare gli euroscettici aderendo a un'operazione così potenzialmente autolesionista?"


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