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Soggetto forte, trama debole

Creato il 05 novembre 2022 da Annalife @Annalisa
Soggetto forte, trama debolestelle alpine e risalite

Premetto che il libro (Fiore di roccia, di Ilaria Tuti) mi è piaciuto e che, dopo qualche inciampo iniziale, l’ho letto volentieri e velocemente. Premessa necessaria in quanto, rileggendo quello che ho scritto qui sotto, mi accorgo che sembro puntare più sui difetti che sui pregi di questo romanzo. In realtà, ripeto, i difetti ci sono (a parer mio, ovvio) ma non guastano la lettura che, anzi, risulta scorrevole e interessante per più di un motivo.

Il fatto è che conoscevo già l’autrice grazie ai suoi due romanzi precedenti, incentrati sulle vicende investigative della commissaria Teresa Battaglia: libri che avevo fatto un po’ fatica a leggere, soprattutto all’inizio, non tanto a causa di tutta la carne che veniva messa sul fuoco e costruita con incastri rimandi, salti nel passato, ritorni, eccetera, quanto per la scrittura ricercatissima o specialistica ma messa in bocca a personaggi che, provenendo da un ambiente poverissimo e poco acculturato, si permettevano di sciorinare conoscenze con il linguaggio alto di esperti scienziati o simili.
Mi aveva infastidito anche il carico metaforico, e di similitudini, esagerato. Lo stesso era successo per l’aggettivazione o l’uso di alcuni verbi: il sole che “si insinua” tra le ciglia, i passi sono nervosi, il nero è turbinoso, l’aria elettrica, l’ombra umida, gli sguardi severi (e tutto questo in una sola pagina).

Le cose sembrano cambiate in questo romanzo storico, che racconta le vicende delle “portatrici”, donne che, nel corso della Prima Guerra Mondiale operarono, lungo il fronte della Carnia, trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane, dove combattevano i reparti alpini. In questo nuovo romanzo, non giallo, Tuti sembra essersi regolata con più scioltezza e misura: la sua lingua è sempre precisa e ricercata; i suoi personaggi, anche i più umili e derelitti, parlano tutti benissimo; le metafore ci sono ancora, ma il tutto è dosato, appunto, con più attenzione e miglior risultato (di nuovo secondo me). Ci sono ancora alcune scene un po’ innaturali o forzate (mi viene in mente l’esplosione della protagonista – solitamente molto misurata e contenuta anche nei momenti più terribili – quando salta fuori il tema dell’onore), un lirismo a volte eccessivo e alcune pagine che premono il tasto della retorica e che rischiano di ridurre a melodramma un po’ teatrale l’arrancare doloroso della società e il tragico della guerra.

Tuttavia, se i personaggi, pur nella loro evoluzione personale, risultano a volte stereotipati e prevedibili; se, spesso, pur avendo tutte le potenziali caratteristiche per entrarti dentro, a me sono sembrati in realtà freddi, quasi elementi di fondo rispetto alla storia narrata; se la trama è, nel complesso, debole (scorrevole, dinamica, certo, piacevole da seguire ma scarna e un po’ frettolosa, funzionale soprattutto nel richiamare alla mente le vicende storiche, ma non abbastanza approfondita); ecco, se anche rimangono nella (bella, precisa, ricca, pomposa) scrittura di Tuti queste mancanze, sta di fatto che alcuni episodi si fanno ricordare, commuovono, e si fanno perdonare quel sentimentalismo che secondo i critici qui non esiste, ma che c’è e, alla fine, rende un po’ meno freddo l’ambiente della Guerra Bianca, così tanto trascurata dalla Storia.

Il merito di Tuti (già avvezza a ricerche minuziosissime) è di aver portato a galla una delle tante storie che i libri di storia trascurano o ignorano del tutto, e di averlo fatto senza la pedanteria che aveva caratterizzato i gialli di Teresa Battaglia.

Ilaria Tuti
Fiore di roccia
Longanesi editore
320 pagg, 18,80 €


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