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Come parlare al lettore?

Da Marcofre

come parlare al lettore

In un post precedente dal titolo “È davvero difficile scrivere?” mi ero domandato: come parlare al lettore? E non avevo dato una risposta. Certo, è un sistema altamente diabolico che ha come fine quello di alzare l’attenzione, caro lettore o lettrice. Di illuderti che chi scrive (nel caso ti fossi distratto: io) sa, e ai tuoi occhi è una specie di esperto o guru che dir si voglia.
Siccome devo tentare di mantenere questa illusione ancora un po’, proverò a farlo con una domanda uguale al titolo del post eppure differente: “Come parlare al lettore?”.

La vita è quella cosa che scorre mentre tu… 

Domanda banale? Mica tanto. Perché si dà per scontato che il lettore aspetti proprio noi. Che sarà felice di leggere le nostre storie. Invece costui o costei fanno tranquillamente a meno di noi. Un po’ perché hanno già i loro autori preferiti (ammesso che leggano), e non basta agitare la manina per convincerli a darci la loro fiducia.
Inoltre, hanno altre cose da fare: sì, per esempio hanno tra le mani quella roba là, come si chiama… la vita, ecco.
Ferma i buoi adesso. (Ti piace questa immagine campestre dei buoi? Bucolica, non è vero? È per dimostrare che questo è proprio un blog coi fiocchi, insomma, un blog letterario).
Dicevo: hai fermato i buoi? Bene: una storia parla della vita. Anche qui in apparenza non c’è niente di nuovo, e potresti chiederti di che dovrebbe trattare una storia.
Spesso non si parla di vita, ma di surrogati. Oppure, si pontifica, si declama. Ancora peggio: si educa.
Il fatto che funzioni non significa che debba essere il sistema giusto. In fondo, l’economia di Roma Antica si basava sulla schiavitù: e funzionava. Credo che in pochi siano favorevoli alla schiavitù, al giorno d’oggi.

Il vero obiettivo: essere popolare


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