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Come realizzare un laboratorio per la lavorazione dei salumi

Creato il 03 maggio 2011 da Scienziatodelcibo @scienziatodelci

Come realizzare un laboratorio per la lavorazione dei salumiMentre il settore carne è in crisi profonda, quello dei salumi si dimostra il segmento trainante, vuoi per l’utilizzazione come pasti veloci, aperitivi e finger food, vuoi per l’idea di tipicità, i numeri in Italia sono impressionanti: 2.150 aziende (di cui oltre la metà di tipo artigianale); 32.200 addetti; nel 2008 l’attivo commerciale (dati ASSICA 2009), infatti, ha registrato un ulteriore, pur se leggero, miglioramento, passando da 679 a 682 milioni di euro (+0,5%). Le vendite sul mercato interno sono salite dell’1%. Il 40% circa del fatturato del settore è realizzato da prodotti tipici certificati e biologici; i salumi rappresentano, in valore, ancora il 40% del mercato totale dei prodotti tipici certificati. Per realizzare un prodotto artigianale ed un laboratorio a norma che lavori quei 10 / 50 quintali di carne a settimana, si può spendere tra i 50 mila e i 100 mila euro, comprese attrezzature per la lavorazione e il confezionamento, celle e adeguamento della struttura. Il diagramma produttivo dei salumi è tradizionale e, nello stesso tempo, complesso, contemplando molte operazioni specifiche, legate ad una attività “manuale” ed a condizioni operative peculiari. Nella lavorazione delle carni è fondamentale preservare la qualità igienica: le carni possono contaminarsi con materiale intestinale dell’animale. Per risolvere questo problema o per ridurre al minimo il rischio, si deve agire sull’igiene della macellazione e su quella delle successive fasi di lavorazione, refrigerazione e trasporto. Non ultimo, deve esserci un attento controllo della temperatura, in modo che le carni non superino mai i valori di refrigerazione (0/+4°C), per frenare lo sviluppo microbico; utilizzare budelli salinati, spezie ed aromi di ottima qualità. Vediamo nello specifico le varie fasi di lavorazioni e le tecnologie occorrenti.

PREPARAZIONE

La preparazione degli impasti prevede la triturazione delle materie prime, la miscelazione con gli altri ingredienti e gli additivi tipici di ciascun salame e il rimescolamento (impastatura) per rendere più omogenea possibile la composizione dell’impasto finale. La triturazione viene eseguita in modo differente: per la produzione dei salami a grana media

Come realizzare un laboratorio per la lavorazione dei salumi
o grande, si utilizza un tritacarne, mentre per i salami a grana fine o finissima si preferisce utilizzare il cutter (immagine a destra). Io consiglio l’utilizzo di un cutter industriale (anche fino a 350 Kg di portata) con lame sostituibili a seconda del tipo di macinazione che si vuole dare (fine o punta di coltello); un buon cutter dotato di variatore di velocità e pala miscelatrice funge anche da impastatrice. Meglio se dotato di intercapedine per raffreddamento perchè, tra le variabili in gioco, la più importante è la temperatura di utilizzo delle materie prime, che condiziona sia la triturazione sia l’impastamento. Essa deve raggiungere un valore che facilit
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i le operazioni di triturazione, mantenendo il grasso lontano dalla sua temperatura di fusione. Dall’impastatrice o dal cutter l’impasto è portato all’insaccatrice (meglio se sottovuoto), per l’insaccamento nel budello, oppure è fatto sostare in celle di raffreddamento per circa 24 ore e poi è insaccato e legato con una legatrice automatica.
STAGIONATURA

Come realizzare un laboratorio per la lavorazione dei salumi
Subito dopo l’insacco, i salami appesi su appositi supporti, sono posti in camere o celle condizionate e ventilate, dotate di regolazione di temperatura e umidità. Da questo momento prendono il via le trasformazioni che conferiranno al prodotto finito le sue caratteristiche più proprie: inizia cioè la maturazione. La durata globale varia a seconda del tipo di prodotto che si intende ottenere, in linea di massima è compresa tra 15 e 90 giorni. La stagionatura è suddivisa in tre fasi distinte: stufatura, asciugatura e stagionatura, che si differenziano per le condizioni di temperatura e di umidità relativa dell’ambiente nonché per la loro durata. Le differenze maggiori si riscontrano nella prima fase (stufatura), durante la quale i salami sono posti in ambienti a umidità relativa elevata.  Con la prolungata stagionatura e acidificazione (sotto pH 5.2-5.4) viene inibita la crescita di salmonella e coliformi; con una buona asciugatura (sotto valori di aw di 0.92 o, meglio, 0.91) e un regolare calo della temperatura si favorisce lo sviluppo dei batteri lattici. I microrganismi utili potrebbero essere presenti in numero troppo limitato nelle fasi iniziali e questo può consentire un certo sviluppo iniziale di specie dannose, con influenza negativa sulla qualità igienica e sensoriale del prodotto, o le specie e i ceppi naturalmente presenti potrebbero non essere dotati delle caratteristiche ottimali per ottenere un prodotto di elevata qualità. Per questa ragione, come per altri prodotti fermentati, anche nell’industria dei salumi si è affermato l’uso di colture starter, composte da microrganismi selezionati che posseggono le caratteristiche desiderate e vengono aggiunti in numero elevato nell’impasto. Perchè conviene usare le colture starter?
• garantiscono decorsi fermentativi più regolari;
• determinano più efficacemente la riduzione e la progressiva scomparsa dei microrganismi indesiderati;
• Alcune producono batteriocine (conservativi naturali);
• possono ridurre i tempi di stagionatura;
• consentono produzioni qualitativamente più costanti.

Associando al trattamento refrigerante la modifica della composizione chimica dell’atmosfera che circonda l’alimento si può prolungare notevolmente la vita dei prodotti direttamente nelle confezioni che verranno vendute al consumatore.
• Si può escludere l’aria, ovvero l’ossigeno (O2), per il controllo dei microrganismi aerobi (confezionamento sotto vuoto, cottura sous vide);
• Si può aggiungere aria (O2) per il controllo dei microrganismi anaerobi;
• Si può aggiungere anidride carbonica (CO2) , o  aggiungere azoto (N2), per ritardare lo sviluppo di  microrganismi e rallentare le attività ossidative (atmosfere modificate).

La busta salvafreschezza, per esempio, assicura protezione fisica e igienica agli alimenti e non comporta l’impiego di macchinari. Il sistema di confezionamento concepito riduce del 50% il numero di imballaggi impiegati in ogni reparto: bastano infatti solamente il foglietto in PPL e la busta salvafreschezza per confezionare fino a 500 g di prodotto. Oppure ci sono i contenitori rigidi barriera – Slicepack  con supporto in materiale espanso –EVOH- con proprietà barriera, sigillato in atmosfera modificata, e film barriera, termoretraibile, stampato, che garantisce una conservabilità prolungata.

Nota: le macchine e gli impianti proposti nell’articolo sono dimostrativi e rappresentano macchine e attrezzature di costruttori da noi consigliati.

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