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Come si costruisce l’immaginario collettivo: dai culi rotanti alla buona biancheria

Da Bambolediavole @BamboleDiavole

Immaginate un centro commerciale.

Girate per fare acquisti e vi imbattete in diverse vetrine. Passate davanti al negozio di animali, dove vendono cuccioli di ogni genere e forma, dalla tartaruga al cagnolino scodinzolante, dal pesce silenzioso al pappagallo strillone. Da quello passate al negozio di attrezzature e abbigliamento sportivi, dove sono offerte scarpe da corsa, abbigliamento da sci e curiosi macchinari dei quali intuite vagamente l’utilizzo. A seguire una gelateria, mille gusti colorati compresi quelli a base di latte di soia per intolleranti al lattosio e improbabili torte gelato.

E infine vi imbattete nella vetrina di un negozio di biancheria intima e incontrate quelli che definisco scherzosamente – ma mica tanto – i culi rotanti.

Sono manichini irreali: non hanno testa né gambe, ma solo il tronco, dalle chiappe al collo. La maggior parte sono busti femminili e alcuni sono busti maschili.

I busti femminili sfidano quasi le leggi della fisica per adeguarsi a quelle della moda: chiappe sode e altissime, vite sottili e pance scolpite, seni eretti e mai più piccoli di una taglia 3.

I busti maschili hanno muscoli addominali così pronunciati che per averli una persona normale dovrebbe passare in palestra una quantità di ore che lo renderebbero un professionista sportivo e mutande ridicolmente ripiene.

Ad offendere ulteriormente la vista, questi busti infilati su supporti… ruotano.

A me i culi rotanti hanno sempre fatto pensare al kebab: forse non era quello lo scopo della mente che li ha prodotti, ma per quanto mi riguarda, così è.

Non vado oltre: eccoli qui in tutta la loro evidenza.

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Adesso immaginate di fare un salto e di trovarvi di punto in bianco in Olanda, il mio paese d’adozione. In Olanda i centri commerciali come li intendiamo noi non esistono. È definito centro commerciale un piccolo agglomerato di negozi nella stessa struttura o semplicemente nella stessa piazza.

Vicinissimo a casa mia, tra la zona residenziale e quella industriale, c’è proprio un piccolo centro commerciale: è un edificio quadrato, non molto grande, che contiene un supermercato; un discount non alimentare; un droghiere che vende farmaci (compresa la pillola del giorno dopo!), detersivi e amenità per la casa; una cartoleria; un fiorista; un negozio di biciclette; un bar; e infine un negozio di abbigliamento e tessili per la casa.

Quest’ultimo fa parte di una grossa catena che lavora in Olanda e in Germania, Zeeman.

È un marchio di qualità media e di spirito pratico e capisco da me che non posso pensare di paragonarlo a chi produce biancheria intima alla moda, ma vende un ottimo cotone e lavora parecchio: nella mia città ce ne sono davvero molti e sono sempre pieni.

Qualche tempo fa sono passata davanti alla vetrina e ho visto questo cartellone, che pubblicizzava un periodo di promozione simile alla nostra fiera del bianco, che mi ha piacevolmente stupita.

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Persone vere.

E per vere non intendo dire che si debba stabilite uno standard di verità, ma che le persone sono vere quando sono VARIE.

Persone di diverse età, di diversi colori (e non parlo solo della pelle!), di diverse forme e in diverse pose, senza ritocchi e soprattutto dotate di volto. Perché non sta scritto da nessuna parte che gli uomini debbano avere mutande traboccanti e pettorali lisci e definiti, né che le donne debbano sempre presentare pance piatte e toniche e seni grandi e alti e che sia solo questo a definirli, nemmeno quando lo scopo è vendere biancheria intima.

Non è normato chi può mettere cosa.

Il titolo della campagna pubblicitaria è “goed ondergoed”, che significa “la buona biancheria”. Ecco, mi ha fatto piacere vedere questa pubblicità e se Zeeman già mi piaceva, adesso mi piace ancora di più.

Chissà che un giorno i culi rotanti che mi urtano ogni volta che metto piede a Milano vengano finalmente sostituiti da qualcosa di più… umano?


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