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Comprendere la politica economica internazionale: dall’usura alla dittatura

Da Straker
Comprendere la politica economica internazionale: dall’usura alla dittatura
Analizzando in chiave economica opere o scritti che definiscono, da Aristotele a Pound, l’usura come male assoluto, sembra impossibile pensare che questo germe non sia stato ancora eliminato, ma che anzi persista e si diffonda sempre di più con il passare dei secoli. L’intero globo, salvo qualche eccezione, rimane intrappolato in un terribile circolo vizioso. Chi ha la proprietà sulla moneta, presta soldi e ne chiede di più al momento del rimborso. Il debitore, persona o Stato che sia, dovrà procurarsi in qualche modo la somma di denaro esatta, in modo tale da pagare interamente il prestito, oltre al tasso d’interesse. Quest’ultimo sarà costretto come un cane che si morde la coda, a chiedere un altro prestito ad un’altra banca, che a sua volta gli chiederà di rimborsarla ad un ammontare di denaro ben più elevato del denaro prestato. E la storia si ripete, inesorabilmente, senza fine. (Intellettuale dissidente)
L’attuale scenario greco ci permette di comprendere la politica economica internazionale. In primo luogo, dimentichiamo tutte le disamine degli analisti: sono forvianti. In verità, la situazione è molto più semplice di come è presentata: le difficoltà elleniche non sono dovute al fatto che, fino a pochi anni fa, i Greci potevano andare in pensione a 55 anni o giù di lì. La principale se non unica causa del tracollo è il signoraggio bancario che crea un debito inestinguibile.
Le “risoluzioni” imposte dagli usurai internazionali (l’aumento delle imposte indirette ed un ulteriore taglio allo stato sociale) non puntano a ripianare un debito che non potrà mai essere saldato. Sono anzi misure recessive. [1] I banchieri mirano a destabilizzare ed a strangolare la Grecia, mossi non tanto da avidità quanto da un perverso istinto distruttivo e dal fine di ridisegnare gli assetti globali in direzione totalitaria. Infatti i banditi possono stamparsi le banconote che vogliono e mantenere i loro lussi sfrenati, accreditando sui loro conti tutto il denaro elettronico che desiderano. Se qualche paese non riesce a restituire le somme prestate dai ricattatori con tanto di interessi, che cosa cambia per loro? Rischiano forse di finire sul lastrico? Dunque perché pretendono ciò che sanno essere impossibile? Lo pretendono, poiché il fallimento delle singole nazioni spiana la strada alla centralizzazione, prima europea, poi mondiale del potere.
Non è vero che l’Europa è dominata dalla Germania dipinta come il paese del bengodi: la disoccupazione tedesca è bassa, ma grazie ad una serie di impieghi pagati una miseria. Certo, la situazione in Germania ed altrove è migliore, ma sono potentati sovranazionali (ad esempio, non a caso, la Banca centrale europea, la Banca mondiale ed il Fondo monetario internazionale) a condurre il gioco: la stessa Angela Merkel funge da Kapo nei confronti degli internati nel campo di concentramento europeo.
La crisi ellenica non è una crisi: basterebbe abolire il signoraggio e creare una moneta svincolata dal sistema dell’interesse, quindi un denaro-strumento e non merce, basterebbe favorire la struttura produttiva reale e non quella fittizia, per risollevare Atene. Ogni iniziativa, chiunque la suggerisca, attuata per fingere di arginare i problemi, è sempre inscritta nei biechi stratagemmi della finanza, nell’ottica strabica della speculazione: sono azioni più dannose che inutili.
Il giorno in cui ci saremo liberati della mentalità capitalista, imperniata sull’usura, il plusvalore, le borse, i titoli di Stato, le obbligazioni, le azioni, le cedole, i rendimenti, il rating, il debito ed il credito, la carta con cui ottenere altra carta o il denaro digitale con cui ricavare cifre elettroniche sempre più alte, potremo concepire una via d’uscita. Difficile anche solo sperare in un cambiamento di questa portata.
[1] Anche se si cancellassero ipso facto le provvidenze sociali e le pensioni, se si innalzasse l’aliquota dell’I.V.A. al 50 per cento e si adottassero altre misure draconiane, il debito greco (e non solo) continuerebbe a crescere, giacché esso ha altre tenacissime radici.
Articolo correlato: Intellettuale dissidente, Contro l’usura: da Aristotele ad Ezra Pound, 2013

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