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Comunicazione d’impresa: sponsorizzazioni, sì o no?

Creato il 25 ottobre 2013 da Redazione Firstmaster Magazine @FirstMasterFad
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Nelle aziende, la pianificazione dei budget è dietro l’angolo e, come ogni anno in questo periodo, si riaccende la questione: sponsorizziamo? Ecco una panoramica dei pro e dei contro. 

Sportive, culturali, locali. Le sponsorizzazioni possono essere un’ottima opportunità per un brand. Ma sono una scelta che va valutata con cura.
In grande sviluppo negli Usa, le sponsorizzazioni registrano cifre importanti anche da noi, con quasi 1,3 miliardi di euro investiti nel 2012 e un rapporto sulla pubblicità di 1 a 6. E’ un budget che rientra a pieno titolo nella comunicazione d’impresa e può rappresentare una forma particolarmente incisiva e penetrante di diffusione del brand. Le offerte sono sempre più variegate e si trovano in tutti gli angoli. Da quelle sportive multimilionarie alle fiere, alle manifestazioni locali e così via.

Per essere efficace, questo tipo di comunicazione necessita però del supporto dei media, che devono fare eco alla sponsorizzazione. Anche per questo vincolo, la sponsorizzazione richiede un’attenta analisi del rapporto costi-benefici.
Nello sport, sponsorizzare un campione o una squadra può essere un potente veicolo di comunicazione, ma c’è anche un elemento di fortuna e di rischio da valutare.

Anni fa, un velista emergente chiese la sponsorizzazione ad una nota agenzia di comunicazione. «Non sei abbastanza famoso per i nostri clienti», fu la risposta. Ma il ragazzo aveva talento e un’azienda decise di correre il rischio. In breve tempo, il velista divenne un campione famoso in tutto il mondo, con un ritorno d’immagine enorme rispetto all’investimento.

In effetti, i numeri legati allo sport sono allettanti: 17 milioni gli spettatori che seguono il calcio in Italia, contro gli 11 della Formula1 e 4 per tutti gli altri sport. E, per restare nel campo, sono 6 milioni i lettori fidelizzati della stampa sportiva.

Numeri a parte, spesso la scelta è legata a relazioni più o meno istituzionali oppure a passioni sportive dell’imprenditore o dell’AD. E’ il caso di Giorgio Squinzi, grande appassionato di ciclismo e sponsor storico, con la sua Mapei, della Nazionale Italiana di Ciclismo e, quest’anno, anche dei campionati del mondo.

Le ragioni per accettare una sponsorizzazione, a volte, sono ottime. Se è sinergica rispetto al prodotto o al brand e sostenuta da un buon piano di comunicazione, può essere uno straordinario trampolino di lancio per l’immagine aziendale, per rafforzare il brand e differenziarlo dalla concorrenza. Ma è comunque un investimento che rientra nel budget di un piano generale di comunicazione d’impresa. Per questo motivo il risultato deve portare un beneficio con ragionevole sicurezza: un incremento di fatturato, migliori rapporti con la clientela, un aumento tangibile della brand awareness.

Sponsorizzazione e target

Altro aspetto critico di questo tipo di comunicazione è il target di riferimento, che deve corrispondere al target aziendale per poter interagire in modo appropriato. Non è un caso che banche e società di investimenti prediligano le sponsorizzazioni culturali e artistiche. I dati parlano chiaro: arte e cultura sono importanti per un target medio-alto.

Anche il posizionamento strategico va valutato attentamente. Per capire in che modo l’azienda può raccontarsi attraverso una determinata sponsorizzazione, rafforzare il suo brand e differenziarsi dalla concorrenza. E per misurare i reali vantaggi in termini di comunicazione di marketing e la convenienza di chiedere un’esclusiva.

Ne è un esempio Fastweb, che ha legato la propria immagine a Valentino Rossi, un caso di perfetta sinergia con la velocità di trasmissione dati offerta dall’azienda. E, più di recente, Vitasnella, brand del Gruppo Ferrarelle, che è diventata l’acqua ufficiale dei ballerini del Teatro alla Scala. Una comunicazione di branding prestigiosa e in linea con il prodotto.

Ma c’è un ultimo aspetto a volte sottovalutato. Per avere successo, la sponsorizzazione deve necessariamente essere supportata da un piano di comunicazione e pubblicizzata adeguatamente. Ciò implica un costo aggiuntivo che deve rientrare nel budget destinato alla comunicazione d’impresa.

Quale alternativa alla sponsorizzazione?

La sponsorizzazione richiede molto più dell’apposizione di un logo. Se mancano i presupposti di base per avere successo, è bene riconsiderare la sponsorizzazione nel piano generale di advertising.
L’alternativa potrebbe essere una buona campagna di branding attraverso l’uso sapiente dei comunicati stampa. Uno strumento certamente più complesso da gestire rispetto alla sponsorizzazione, ma decisamente più accessibile e più manovrabile sul piano finanziario. Una soluzione a costi contenuti, che può produrre effetti immediati o di lungo termine con risultati misurabili, da quando c’è Internet.

Liliana Malenza & staff FirstMaster Magazine

 

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Link
- Wikipedia: sponsorizzazioni,
- Articolo: “Nel 2013 sponsorizzazioni indietro di 20 anni“.

A cura della Redazione - 25 ottobre 2013.


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