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Concorsi “illetterari”

Creato il 09 gennaio 2015 da Vittoriano @BVittoriano
CONCORSI “ILLETTERARI”L’arte di arrangiarsi è una filosofia di vita tipicamente italiana. Siamo il Paese dalle mille risorse, dalle mille sfumature: di rosso, di nero, di grigio, tanto per usare i colori di El James, la scrittrice milionaria che dopo aver spopolato il web e le librerie di tutto il mondo, ora si cimenta con il cinema proiettando sul grande schermo il suo best seller più discusso e discutibile.
Ma che cosa hanno in comune l’Italia e l’autrice della pornografia spicciola e postribolare del momento? Direi una parola: l’improvvisazione, che qualche volta paga ma molto spesso illude e fa apparire come “variopinto” quello che in realtà è piuttosto sbiadito e incolore.
Accade così per i mestieri: in un’epoca di recessione e di aumento vertiginoso della disoccupazione, ormai arrivata ai massimi storici, ecco che fioriscono e si moltiplicano come funghi i mestieri più disparati e fantasiosi, grazie anche alla tecnologia informatica che molto aggiunge ma altrettanto toglie in termini di qualità e di veridicità dell’attività reclamizzata.
Tra i mestieri in auge spicca quello di promuovere i concorsi letterariche nel titolo di questo post ho volutamente storpiato anteponendo alla parola “letterari” il suffisso “il” per ricavare un termine che nella lingua italiana non esiste ma che nella sostanza si accosta molto al vocabolo “illetterato” ovvero “colui che non sa leggere e scrivere”.
Di questi concorsi ve ne sono tanti che sfruttano i sogni e le illusioni dei partecipanti con regole apparentemente legittime e selettive ma che sul piano concreto si tramutano in una vera e propria macchina “mangiasoldi” come le più comuni “slot machine” .
Vi sono bandi che prevedono una quota di partecipazione generalmente alla portata di tutti (si va dai 10 ai 20 euro) ma che moltiplicata per il numero dei concorrenti produce una fonte di sicuro guadagno. Basta fare i conti della serva: per il premio X con una media di 200 partecipanti (stima sicuramente in difetto) e una quota pro-capite di € 20, si ricavano ben 4.000 euro. Togliendo le spese per la gestione del concorso (peraltro mai specificate) e il premio al primo classificato (in genere la pubblicazione di un e-book dal costo mediamente di € 80) resta un bel gruzzoletto per far felici i pseudo giurati e l’intera organizzazione.
Il tutto senza una cernita preliminaredella qualità degli scritti che vengono ammessi senza riserva anche se“illeggibili” e “improponibili” in quanto estremamente “utili” per raggiungere l’incasso prefissato.
Non dico che bisogna stare alla larga dai concorsi letterari. In un’epoca nella quale si fa ben poco per la cultura e gli editori scarseggiano in spirito d’iniziativa e capacità di investimento, possono rappresentare un ottimo viatico per scoprire nuovi talenti.
Ma anche in questo campo occorre prudenza e circospezione.
Innanzitutto diffidare dai concorsi a pagamento, se proprio ci si vuole cimentare, consiglio di leggere con attenzione il bando e, soprattutto, acquisire informazioni sui componenti della giuria. La qualità e l’esperienza di coloro che sono chiamati a giudicare gli elaborati possono essere indice di serietà e di correttezza dell’organizzazione proponente.
In secondo luogo valutare l'entità del premio messo in palio: se è di scarso valore o di molto inferiore al presumibile ricavato come nell'esempio sopra illustrato, meglio rinunciare immediatamente. 
Ma prima di ogni cosa è bene fare una seria autocritica sulla bontà del proprio scritto: i sogni son desideri ma spesso generano illusioni che non danno la felicità.http://feeds.feedburner.com/VittorianoBorrelliLeParoleDelMioTempo

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