Magazine Cultura

“Confessioni di un mangiatore d’oppio” di Thomas de Quincey

Da Lielarousse

Girl With Red Hair

Spesso m’è stato chiesto come, e attraverso quale serie di passi, divenni consumatore d’oppio.
Fu gradualmente, per tentativi, con diffidenza, così come una persona, giù giù per una spiaggia declinante, scende fino al mare profondo, conoscendo fin da principio i pericoli del sentiero, e tuttavia con l’aria di sfidarli, corteggiandoli quasi? O, seconda ipotesi, fu per pura ignoranza di tali pericoli e indotto in errore da frode venale, in quanto spesso l’efficacia di certe pastiglie che alleviano le affezioni polmonari è dovuta all’oppio che contengono, all’oppio e all’oppio soltanto, benché pubblicamente rinneghino un’alleanza tanto sospetta e, sotto camuffamenti così traditori, esse inducono moltissimi a contrarre un imprevisto legame di dipendenza della droga, senza averla mai conosciuta né di nome, né di vista; per cui, non di rado, accade che la catena dell’abietta schiavitù viene scoperta solo quando già s’è inestricabilmente avvolta intorno all’organismo?
Oppure, terza e ultima ipotesi (“Sì”, rispondo io con appassionata anticipazione, prime ancora che la domanda sia formulata), oppure fu per un improvviso, indomabile impulso provocato dalle torture della sofferenza fisica? Ad alta voce ripeto: “Sì”; ad alta voce e indignato, come in risposta a una calunnia intenzionale. Semplicemente come a un anestetico, costrettovi dalla sofferenza più atroce, ricorsi la prima volta all’oppio; e proprio quel mio tormento, o qualche varietà di esso, conduce molte persone a far conoscenza con quel medesimo insidioso rimedio.
Così fu, così, affatto incidentalmente; mentre, pur senza vergogna da parte mia, la cosa avrebbe potuto andare in maniera molto diversa.



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines