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Confini. Il dove della Poesia Italiana: Amelia Rosselli

Creato il 21 maggio 2015 da Wsf

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Tutto il mondo è vedovo

Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora
tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo
è vero se è vero che tu cammini ancora, tutto il
mondo è vedovo se tu non muori! Tutto il mondo
è mio se è vero che tu non sei vivo ma solo
una lanterna per i miei occhi obliqui. Cieca rimasi
dalla tua nascita e l’importanza del nuovo giorno
non è che notte per la tua distanza. Cieca sono
ché tu cammini ancora! cieca sono che tu cammini
e il mondo è vedovo e il mondo è cieco se tu cammini
ancora aggrappato ai miei occhi celestiali.

(1930)

*

Se l’anima perde il suo dono allora perde terreno, se l’inferno
è una cosa certa, allora l’Abissinia della mia anima rinasce.
Se l’alba decide di morire, allora il fiume delle nostre
lacrime si allarga, e la voce di Dio rimane contemplata.
Se l’anima è la ritrosia dei sensi, allora l’amore è una
scienza che cade al primo venuto. Se l’anima vende il suo
bagaglio allora l’inchiostro è un paradiso. Se l’anima
scende dal suo gradino, la terra muore.

Io contemplo gli uccelli che cantano ma la mia anima è
triste come il soldato in guerra.

*

Cercare nel rompersi della sera un nascondiglio
meno adatto di questo che stimola i miei
riflessi in lunghe nappe obbligatorie. O
ritrovare tra le erbe frammiste di tenerezza
un’obbligatoria crudeltà il giorno che
tu fermasti gli occhi al solco della primavera
incantando un mondo di bestie con vetrali
lacrime che non scendevano ma s’imbrogliavano
nel tuo sonno tutto rose.

Cercare nel sonno che concede qualche mal
posto ristoro un’ombra gracile che fu quella
giovinezza persa fra stenti, quando doravi
il libro d’ore.
(SERIE OSPEDALIERA, 1963-1965)

*

C’è come un dolore nella stanza

C’è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.

C’è come un rosso nell’albero, ma è
l’arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch’essi pesano.

Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d’un destino
di uomini separati per obliquo rumore.

da “Documento” (1966-1973)

*

Dentro della grazia il numero dei miei amici aumentava
e la gioia filava storie d’amore impossibili. Dentro della
grazia tormentava il povero il ricco e il cappello si levava
in atto di pura gratitudine. Dentro del Tao scemava la
noia fuori della grazia rimava il poeta assassinato. Dentro
della grazia corrompeva i mobili l’uccello passaggiero
ieri l’altro ieri v’era una bussola che guidava, oggi la
pioggia scorre con tristezza e le promesse dei ricchi sono
una luce che non corrisponde. Vicino alla grazia l’amore
giaceva dentro della grazia stonava ogni fiore e nell’alba
corrompeva ogni luce l’inferno. Fuori dal furore percorreva
sinistramente la strada maestra di tutte le nostre furie
un uragano. Tale è la nascita – tale è la rivincita dei
poveri di spirito. Contro dello spirito di misericordia
si levava unanime il mio cuore salace che scendeva toccato
dalla grazia ma non ritrovava il sole delle giornate salvo
in un grido d’affari. Per ritrovare il Caos bastava la
nota del danno. (L’indifferenza stessa.)

da “Variazioni”, (1960-61)

*

A Pier Paolo Pasolini

E posso trasfigurarti,
passarti ad un altro
sino a quell’altare
della Patria che tu chiamasti
puro…

E v’è danza e gioia e vino
stasera: – per chi non pranza
nelle stanze abbuiate
del Vaticano.

Faticavo: ancora impegnata
ad imparare a vivere, senonchè
tu tutto tremolante, t’avvicinavi
ad indicarmi altra via.

Le tende sono tirate, il viola
dell’occhio è tondo, non è
triste, ma siccome pregavi
io chiusi la porta.

Non è entrata la cameriera;
è svenuta: rinvenendoti morto
s’assopì pallida.

S’assopì pazza, e sconvolta
nelle membra, radunata a sé
gli estremi.

Preferii dirlo ad altra infanzia
che non questo dondolarsi
su arsenali di parole!

Ma il resto tace: non odo suono
alcuno che non sia pace
mentre sul foglio trema la matita.

E arrossisco anch’io, di tanta esposizione
d’un nudo cadavedere tramortito.


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