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Confini: il dove della poesia italiana – Antonia Pozzi

Da Wsf

antonia

da Guardami: sono nuda

Canto della mia nudità

Guardami: sono nuda. Dall’inquieto
languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color d’avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
del bagno bianco e m’inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.

Grido

Non avere un Dio
non avere una tomba
non avere nulla di fermo
ma solo cose vive che sfuggono -
essere senza ieri
essere senza domani
ad acciecarsi nel nulla -
- aiuto -
per la miseria
che non ha fine -

Dopo

Quando la tua voce
avrà lasciato la mia casa
ritorneranno di là dal muro
parole rauche di vecchi
a nominare nell’oscurità
invisibili monti.
Udirò greggi
traversare la notte:
il vento – curvo
sul letto dei torrenti -
scaverà
incolmabili valli nel silenzio.

da Diari

Ho paura, e non so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido. Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilegua, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giù attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granellini sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia. Forse è perchè quella rimasta in me è particolarmente lieta, forse perchè, se pure alcunchè di doloroso o di violento è passato nella mia vita tranquilla, io ho vissuto questa vita intensamente, godendo quasi della mia stessa sofferenza, esultante per la gioia di poter vivere dentro di me, di sentirmi dentro, chiusa come in uno scrigno, un’anima, un’anima palpitante, ridente, nostalgica, appassionata; è forse per questa piena di sentimenti, per cui in una giornata soffro e godo ciò che apparentemente si può soffrire in tutta un’esistenza che rimpiango il passato; perchè sono contenta di essere io, con i miei difetti e con le mie poche virtù, perchè non so se in avvenire potrò essere ancora così.

NOVEMBRE

E poi – se accadrà ch’io me ne vada -
resterà qualche cosa
di me
nel mio mondo -
resterà un’esile scia di silenzio
in mezzo alle voci -
un tenue fiato di bianco
in cuore all’azzurro -
Ed una sera di novembre
una bambina gracile
all’angolo di una strada
venderà tanti crisantemi
e ci saranno le stelle
gelide verdi remote -
Qualcuno piangerà
chissà dove – chissà dove -
Qualcuno cercherà i crisantemi
per me
nel mondo
quando accadrà che senza ritorno
io me ne debba andare.

Nacque a Milano da una famiglia molto agiata.
Cresciuta a Milano, sempre di carattere solitario, passa la maggior parte del suo tempo chiusa in camera. Al liceo, instauro’ una relazione molto profonda con il suo professore di latino e greco, Antonio Maria, che divenne il grande amore della sua vita. Apparteneva, la famiglia di Antonia, all’alta societa’ milanese, alla cosiddetta Milano-bene,  il padre avvocato famoso, colto e rigido, fiero della figlia poetessa, la madre contessa,  impegnata più nella vita mondana che a quella familiare. In una famiglia cosi’, discendente da Tommaso Grossi, si studiava, si leggeva, si andava a messa, alla Scala, in vacanza nella villa di Pasturo e in qualche viaggio all’estero. E il matrimonio con un semplice insegnante di scuola non veniva nemmeno preso in considerazione. La forte opposizione della sua famiglia alla relazione, le impedi’ di sposarsi. Nel ’32,  l’avvocato aveva imposto ai due innamorati di non frequentarsi piu’, ma loro avevano resistito mesi ancora, prima di darsi per vinti. Fu l’inizio della fine? Puo’ essere. Almeno lo potrebbe fare supporre lo strazio di quei versi – della “Vita sognata” – nei quali Antonia augura ad Antonio Maria di trovare una nuova fidanzata “…Oh, possa tu incontrare la donna che ti ridia la creatura che abbiamo sognata e che e’ morta…” dalla quale avere il figlio cosi’ spesso immaginato con le solite frasi “…Voglio che il bambino abbia gli occhi come i tuoi…”.
La perdita dell’amato, e la conseguente impossibilita’ di avere un figlio da lui, segnarono per sempre la vita della scrittrice. Perduto Antonio Maria, di grandi amori per la giovane poetessa non ce ne furono piu’. Ci fu la passione, non ricambiata, per il compagno d’universita’ Remo Cantoni e ci fu l’amicizia, stretta, accompagnata da un intenso scambio di lettere, con Vittorio Sereni.
Nel 1930, si iscrisse all’Universita’ di Milano, dove studio’ filologia moderna. Li’ aumento’ la sua passione per la filosofia, la letteratura ed il linguaggio, stimolante fu la frequentazione, assieme all’amico fraterno Vittorio Sereni e ad altri giovani studenti quali Luciano Anceschi, Gian Luigi Manzi, delle lezioni del professore di Estetica Antonio Banfi. In seguito viaggio’ molto e nell’estate del ’38 scrisse alla nonna, comunicandole la sua intenzione di scrivere un romanzo storico sulla Lombardia. Le lettere di questo periodo, lasciano trasparire un forte entusiasmo per il progetto.In una lettera datata 23 ottobre, lo stato di Antonia apparve radicalmente cambiato. Le leggi razziali contro gli ebrei, avevano causato la partenza di alcuni dei suoi amici piu’ cari, e la ragazza, fu sinceramente sconvolta dall’evolversi degli eventi. Il 1 dicembre, Antonia decise di spostarsi nella sua casa di Chiaravalle, per sfuggire all’avanzata della guerra, e, da li’, scrisse una lettera ai suoi genitori. Tre giorni dopo, fu trovata morta.
Nel suo ultimo biglietto, non cito’ i suoi scritti, ma parlo’ di “disperazione mortale”. Le sue opere, poesie e diari, furono tutte pubblicate postume. Con rigidezza simile a quella esercitata su di lei viva, il padre controllo’, dopo la morte, la sua opera. Corresse e aggiusto’ secondo il suo gusto, cancello’ e riscrisse quello che probabilmente riteneva eccessivo, non in linea con il modello di figlia esemplare e ideale che aveva sognato. Soprattutto elimino’ quasi dappertutto la dedica “per A.M.C.” che contrassegnava molte poesie. L’antico testo e’ pero’ stato, forse dappertutto, ripristinato. Quasi tutti coloro che conoscevano Antonia Pozzi sono ormai morti. Quasi nessuno piu’ che se la ricordi in carne e ossa, ragazza con la faccia da zia, malinconica e solitaria. Resta la sua compagna di scuola e d’universita’ Lucia Bozzi, oggi suora di clausura, cui la giovane poetessa aveva dedicato e affidato molti pezzetti di carta coperti di versi. E resta – come racconta Patrizia Finucci Gallo che l’ha incontrata di recente – un’amica d’infanzia di Pasturo, Alessandra Castelletti, che ricorda i loro giochi e i giri in bicicletta. Suo cognato fu autista della famiglia Pozzi e, quando tornava su al paese, diceva sempre che Antonia era strana, che era molto triste. Ma, soprattutto, resta Maria Corti che, dagli incontri all’universita’, ne conserva una memoria molto forte: “Il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull’orlo degli abissi. Era un’ipersensibile, dalla dolce angoscia creativa, ma insieme una donna dal carattere forte e con una bella intelligenza filosofica; fu forse preda innocente di una paranoica censura paterna su vita e poesie. Senza dubbio fu in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi la consolava certo piu’ dei suoi simili”.

Opere di Antonia Pozzi

Parole, Mondadori, Milano, 1939 (I edizione privata, 91 poesie); 1943 (II ed.,157 poesie); 1948 (III ed., 159 poesie); 1964 (IV ed., 176 poesie).

Poesie pasturesi, Arte grafica Valsecchi, Lecco s.d. (ma 1954).

Eyless in Gaza, (saggio su Huxley), in “Corrente di Vita Giovanile”, a. I, n.9, 31 maggio 1938.

Flaubert. La formazione letteraria (1830 – 1865), con una premessa di Antonio Banfi, Garzanti, Milano, 1940.

La vita sognata ed altre poesie inedite, a cura di Alessandra Cenni e Onorina Dino, Scheiwiller, Milano, 1986.

Diari, a cura di Alessandra Cenni e Onorinadino, Scheiwiller, Milano, 1988.

L’eta’ delle parole e’ finita. Lettere (1925 – 1938), a cura di Alessandra Cenni e Onorina Dino, Archinto, Milano 1989.

Parole, a cura di Alessandra Cenni e Onorini Dino, Garzanti, Milano, 1989.

Pozzi e Sereni. La giovinezza che non trova scampo, a cura di Alessandra Cenni e Onorina Dino, Viennepierre, Milano, 1998.

Parole, a cura di Alessandra cenni e Onorina Dino, Garzanti, Milano, 2001.


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