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Consegno questi cani del Signore alla storia.

Creato il 08 gennaio 2015 da Il Viaggiatore Ignorante
Consegno questi cani del Signore alla storia.I Frati di San Domenico, i Domenicani “Domini canes”, sono anche i cani del Signore, ossia i difensori della verità che azzannano gli eretici e difendono il gregge di Cristo.L'emblema del cane deriva da un'interpretazione lessicale del nome, in latino, degli appartenenti all'Ordine da lui fondato: dominicanes, letto come canes Domini, cioè "cani del Signore", ove il cane simboleggia la fedeltà.

Gli avvenimenti legati alle streghe di Baceno vedono la luce nell’anno del signore 1575, quando due frati domenicani, frate Alberto e frate Domenico, si recano in valle Antigorio alla ricerca dell’eresia.L’eresia è solo l’inizio di un percorso che li condurrà nell’antro del demonio.I due giovani frati ritengono di avere prove schiaccianti contro 20 donne della Valle. Il processo si svolgerà a Novara, presso l’ufficio della santa inquisizione.

Il risultato di questa tremenda macchina giudiziaria?Due delle donne troveranno la morte sul rogo.I loro nomi sono Gaudenzia Fogletta di Premia e Giovanna, detta la Fiora, di Croveo.Grazie a questo grande processo fra Domenico diventerà il Buelli.Chi era Domenico Buelli da Arona?Professore di teologia, padre priore dei frati domenicani di Novara ed inquisitore generale presso il Sant’Uffizio.Ambizioso.Molto ambizioso, come doveva essere il discepolo preferito del cardinale Ghislieri, padre della Controriforma e Papa con il nome di Pio V.Riguardo alla sua carriera di Inquisitore possiamo affermare, senza possibilità di essere smentiti, che cercò ripetutamente di mandare al rogo quelle donne, da lui, considerate streghe.Fra Domenico era talmente convinto delle proprie idee che la Congregazione del Sant’Uffizio fece fatica a tenere a bada quell’uomo infervorato, sadico e torturatore.Le idee del domenicano consistevano nell’utilizzo della tortura come strumento per la confessione dei peccati e nel passaggio delle streghe al braccio secolare, per la giusta punizione,Buelli era persona ambiziosa, come si è già detto, e megalomane. A partire dal 1585 fece erigere a Novara la nuova sede delle Santa Inquisizione, affiancata alla quale trovarono posto due carceri che, nelle sue fantasie, avrebbero dovuto ospitare tutti coloro si fossero imbattuti nelle sue amorevoli cure.La sua follia trasformò una città di provincia in una delle principali macchine inquisitoriali del tempo!Novara, secondo Domenico Buelli, aveva bisogno di tutto questo in quanto erano in aumento vertiginoso il numero degli esaminati e degli incarcerati in attesa di giudizio.Quella poca letteratura moderna che ha affrontato la questione delle “Streghe di Baceno”, ha cercato di fare opera di revisione, parziale, sulla figura sanguinaria legata a questo frate. Da dove parte questo revisionismo storico? Dal fatto che alcune delle donne torturate e poi lasciate morire, meglio sarebbe dire marcire, nelle carceri vescovili dal venerabile Carlo Bascapè, durante gli anni 1610 e 1611, vennero processate 35 anni prima dal Buelli e non incapparono nel fuoco redentore di tutti i loro peccati. Queste donne dopo un, breve, periodo di esilio tornarono alle proprie case ed alle proprie mansioni. Cercando un parallelo con la storia della città, forse sarebbe meglio dire con la storia dei frati domenicani a Novara, mi viene da scartare l’ipotesi della pietà del Buelli, per queste povere donne di montagna, a favore dell’idea che i parenti versarono ingenti somme per la costruzione della chiesa di San Pietro martire. Quest’ultima idea nasce da un pensiero del vescovo Bascapé, il quale non apprezzava i modi rudi e sbrigativi dell’inquisitore domenicano.Sempre la moderna letteratura, in materia di Streghe di Baceno, ammette che il tribunale Vescovile fece scarso ricorso alla tortura come metodo per la confessione mentre il tribunale Inquisitoriale di Novara ne fece largo utilizzo.Molto strano come da una parte si cerchi di rivedere alcuni eccessi della letteratura precedente a riguardo della figura di un frate sadico e torturatore, e dall’altra si ammette candidamente che la stessa persona abbia fatto largo uso di torture per estorcere confessioni, senza preoccuparsi dello stato fisico delle donne che si trovavano sotto la propria responsabilità.Quest’ultima frase si riferisce ad un pensiero di una delle donne considerate streghe, esattamente la Mandarina, che riferisce di aver perso un figlio per le torture subite da Frate Alberto e Frate Domenico.Consegno questi cani del Signore alla storia.La seconda figura che dobbiamo indagare in questo scritto l’abbiamo più volte nominata, si tratta del vescovo di Novara, Carlo Bascapè.La nomina a vescovo avvenne nel 1593, e per ben 10 anni, dovette collaborare con l’inquisitore del sant’uffizio Domenico Buelli.Il vero nome di battesimo non era Carlo, bensì Giovanni Francesco.Decise di modifica il nome, in Carlo, in onore del suo grande mentore, ed amico, Carlo Borromeo.Nobile per nascita.Raffinato e colto.Amato dal Clero e dall’amico San Carlo Borromeo.Tenuto in alta considerazione da due diversi Papi, Gregorio XIV ed Innocenzo IX.A soli 39 anni gli fu annunciata la nomina a cardinale, anticamera della possibile elezione a Papa.Poco tempo dopo fu eletto papa Ippolito Aldobrandini con il nome di Clemente VIII. Il mondo del Bascapè cambiò. Radicalmente.Il cappello cui aspirava rimase un lontano miraggio..Fu nominato vescovo di Novara.Lui che voleva cambiare il mondo, cosa faceva in una piccola città di provincia?Non si scoraggiò!Partendo dalla città piemontese pensava di cambiare la Chiesa ad immagine delCardinale Carlo Borromeo, quindi ad immagine dei dettami usciti dal concilio di Trento.Personaggio strano per quanto concerne l’aspetto inquisitoriale.Il Bascapè fu molto attento a non inimicarsi i sudditi con condanne a morte o con l’uso indiscriminato della tortura, dall’altra parte sappiamo che lasciò morire di stenti e malattie dieci donne provenienti dalla valle Antigorio nel periodo tra il 1610 ed il 1611.Vizi privati, pubbliche virtù!Chi poteva sapere il motivo per il quale queste donne non avevano fatto ritorno a casa?Chi poteva immaginare che potessero morire di stenti nelle carceri novaresi sotto la diretta responsabilità del vescovo?Erano sparite. Nel nulla. Semplicemente sparite e nessuno sapeva dove….Vizi privati, pubbliche virtù!Il cappello cui tanto teneva mai arrivò!Arrivò invece, come sostituto del defunto Domenico Buelli, Gregorio Manini da Gozzano.Persona alta e snella.Pallido, ma d’aspetto gradevole.Eloquio eccelso.Gran predicatore per il quale le chiese erano teatri ed i fedeli, spettatori.Sognava le grandi cattedrali, i grandi pulpiti e le grandi masse.Non arrivò nulla di tutto ciò.Se per il Bascapè i sogni si spezzarono a causa delle politiche ecclesiastiche, per il Manini la causa fu se stesso!Era considerato un ottimo inquisitore, motivo per il quale, a soli 40 anni fu nominato Inquisitore Generale a Novara.Novara era considerata piazza complessa, non per l’elevato numero di processi che si svolgevano, ma per la guerra intestina alla chiesa.Da una parte il Tribunale Vescovile, che cercava di “strappare” i processi per stregoneria avocandoli a se, dall’altro la santa Inquisizione, il cui compito era, semplicemente, di torturare le donne al fine di ottenere delle confessioni per accendere roghi che rischiarassero le notti della pianura.Frate Gregorio Manini non era molto diverso dal Bascapè.L’uno voleva modificare il mondo partendo dalla Chiesa, l’altro semplicemente voleva modificare le donne.Il Manini era ossessionato dalla castità!“…come il diavolo è il rovescio di Cristo le cui spose sono le monache, le streghe sono le spose del diavolo, con il quale si riuniscono carnalmente durante i sabba…”.In questa sua ricerca nel mondo femminile scopre che le streghe si presentano al sabba anche con il corpo, demolendo l’idea, generalmente accettata, che fosse soltanto l’anima a presentarsi al cospetto del demonio.Durante gli interrogatori alle streghe di Baceno Frate Manini non sembra utilizzare la tortura fisica come strumento per la confessione.Utilizza la tortura psicologica.Gli interrogatori avvengono alla presenza degli strumenti atti a devastare i corpi delle donne. Molte di loro sono state processate 35 anni prima sotto il dominio di Domenico Buelli. Sono consapevoli di quello che potrebbe succedere.La tortura non viene praticata ma sempre minacciata.Il minacciare non equivale a praticare?
Fabio Casalini.Bibliografia:* Domina et Madona: la figura femminile tra l'Ossola ed il lago Maggiore, dall'antichità all'ottocento. Antiquarium Mergozzo 1997. Intervento di Gianbattista Beccaria, le ultime sacerdotesse di una religione pagana sopravvissuta nei Monti d'Antigorio.* La Chimera. Sebastiano Vassalli. 1990.

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