… quello che vivono, insieme agli amici del nord, vale, né più, né meno, tutto.
Vale la scelta di una settimana, sempre quella, da dedicare e dedicarsi – anche a costo di macinare migliaia di chilometri, cambiare programmi all’ultimo momento, partire. E ritornare.
Vale una condivisione accumulata degli spazi, organizzata come un tangram: grandi, Oompa Loompa, cani e gatti – ciascuno nei suoi orari, che sono un po’ quelli di tutti, ciascuno nella sua cuccia o il suo lettino.
Vale le spese multiple, l’impegno per preparare pasti (e piatti) che siano avvenimenti: dal pesce finto, agli arrosti misti affumicati al forno a legna, dalla pizza (idem come sopra, al forno), al colesterolo day in cui si frigge amorevolmente tutto (e tutto, o quasi, ovviamente sempre sgluto).
Vale un sonno a scacchiera, ché gli orari di giorno e notte son diversi – e il ritorno alla cuccia a tentoni, senza luce, ammucchiando i vestiti tutto intorno e sperando di non pestare troppe zampe nel cammino fino al letto (ma la luna, alla finestra, con le stelle, guarda benevola dall’alto, e sorride, dal suo solo lato della faccia, e ti dice che lo sa).
Vale dimenticarsi del telefono, appena e più che ognuno possa, e pure (almeno in parte, se non tutto) di ogni altro possibile contatto con il mondo – quello che importa è solo qui.
Vale vedere gli Oompa Loompa che crescono, e si organizzano da soli, e fanno banda (e poi quando son loro a portarti la merenda capisci che il cerchio quasi quasi si compie, e ti ricordi di un’altra te, un altro giardino, un altro tempo – e il senso di tutto quel che importa è ora e qui).
Vale perdere, una per una, le scommesse. Ma poi vincere così, come quando fuori (sta per) piovere, e ti sembra di aver capito tutto (ma poi invece ti accorgi che, molto semplicemente, è giovedì).
Vale il sole, e l’acqua, e gli spruzzi e pure l’abbronzatura a righe, all’occorrenza – e i libri letti insieme (“muore! muore! muore!”) sono quelli che si ricordano di più.
Vale un gatto, a righe pure quello, che si appallottola nei letti, e una processione di carezze in sovrappiù.
Vale un orario di treni recitato a memoria e all’indietrina, al momento del bisogno (e chiacchiere a una bottiglia di gin).
Vale una notte di luna (semi)piena, pure se fai da spettatore morto, ma guardi il cielo, e le nubi pecorelle, e la luce, e di diverti (ma era di nuovo giovedì).
Vale la nostalgia preventiva, lo strunguglione che ti si piazza nello stomaco, lo sturbo, anche quando, non si sa come (ma poi lo sai, ché tu programmi tutto), ti accoglie a tradimento. E resta lì.
Vale un sabato mattina di consapevolezza, quando scendi a colazione, e poi ti guardi, e, senza troppe sorprese, butti fuori: “Toh, anche tu?”.
Vale le lacrime ricacciate indietro a forza, e i chilometri ostinati, in direzione contraria, per la provincia più bella del mondo, lasciando pascolare i pensieri impertinenti – e poi ogni tanto la testa che domanda, da sola, “ma perché?”.
Vale una scommessa su se stessi, che comunque vada è già vinta, perché il premio, grande e unico, è in carne e sangue, in loro, solo lì.
Vale che l’amore non ha prezzo, e la ‘povna – cui lo sceneggiatore ha regalato questa, il primo, come l’ultimo giorno – non può che rispondere, in maniera così tanto semplice, con tutto l’amore che ha.
La ‘povna è tornata dalla sua settimana di vacanza, nell’agriturismo dello zio Matto. E’ andato tutto come sempre. E cioè: idiosincratico e perfetto. Ma di questo nessuno di loro aveva dubbi, perché la loro settimana, preziosa, e non trattabile, si nutre di ciò che, solo, è bello e giusto: e cioè attenzione, amore, cura.
Ora – mentre il cielo bianco della piccola città la guarda come già fosse novembre – dopo aver pulito il frigo, si organizza, e poi riparte. Da domani, e per un’altra settimana folle, la aspetta la Neverland di settembre, che incrocerà bizzarra il suo cammino (all’inizio, e pure in mezzo) con un po’ di doveri della scuola. E poi ci sarebbe così tanto da aggiungere, e lo strunguglione della fine si mescola, armonioso, con l’inizio (e non solo nei sogni). Ma la ‘povna, in un impeto strano di saggezza, corre a far le lavatrici, e non ci pensa. Poi, leggera, vola via.