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Considerazioni libere (229): a proposito dell'importanza del tacere...

Creato il 12 maggio 2011 da Lucabilli
Era segretario Natta. Una storia antica - diranno i miei sparuti lettori - tanto valeva che tu cominciassi con "c'era una volta". Invece no, miei cari, sto parlando di circa 25 anni fa, un tempo ragionevolmente breve, se ci pensate con attenzione. Per chi non lo ricorda, Alessandro Natta è stato segretario generale del Pci dal 1984 al 1988, succeduto a Enrico Berlinguer, di cui fu collaboratore strettissimo dagli anni Settanta, in particolare al tempo del "compromesso storico"; Natta, uomo coltissimo, persona mite, è un personaggio che si dovrebbe ricordare e studiare con maggior attenzione, ma in questa "considerazione" voglio ricordare un episodio assolutamente minore della sua vita politica e mi sia perdonata questa banalizzazione. Natta, mentre era segretario del Pci, fu invitato a Pronto Raffaella - il programma di mezzogiorno diventato famoso perché il pubblico da casa doveva indovinare il numero di fagioli contenuti in un grande vaso - e, a sorpresa, accettò l'invitò e si fece intervistare dalla Carrà, rispondendo anche a domande personali e non squisitamente politiche. Non a caso ho scritto a sorpresa, perché a quel tempo era strano, molto strano, che un politico partecipasse a una trasmissione "leggera"; ora nessuno si sorprenderebbe più, purtroppo. Se poi quel politico era il segretario del Partito Comunista Italiano, la cosa assumeva i toni dell'evento; e per qualcuno, i duri e puri, quelli dell'eresia. Vidi quell'intervista, ricordo l'iniziale imbarazzo di Natta, che era effettivamente persona d'altri tempi, non abituata a quel tipo di visibilità.
Leggete una biografia di Enrico Berlinguer - ad esempio quella scritta da Giuseppe Fiori o quella di Chiara Valentini, sono entrambe molto belle. Uno degli aspetti più interessanti è vedere come il segretario del Pci dosava e misurava i suoi interventi pubblici. Il segretario parlava al comizio conclusivo della Festa nazionale dell'Unità, dopo almeno un paio di mesi di silenzio, e quel lungo discorso segnava la ripresa della vita politica dopo le vacanze estive. I suoi interventi alla Camera erano calibrati, in occasione dell'insediamento di un nuovo governo - e non sempre - e in caso di leggi su cui c'era stata una forte iniziativa del partito. Gli interventi sui giornali, anche su l'Unità, e in televisione erano centellinati. Berlinguer è un leader che, nonostante i tanti anni in cui è stato protagonista della vita politica italiana ed europea, ha parlato ben poco, ma ciascuno dei suoi interventi ha lasciato un segno, ha rappresentato un passaggio nella vita del partito o nella storia politica italiana. Certo Berlinguer è stato un politico di una levatura altissima e qualsiasi paragone con gli attuali dirigenti dei partiti di sinistra sarebbe per questi ultimi ingiusto e ingeneroso. Però una qualche riflessione si impone su cosa è diventata la politica in Italia, e - sia detto per giustizia, visto che solitamente questo Paese è giustamente bistrattato - non solo in Italia.
Mi ricordo che qualche tempo fa, di fronte all'ennesimo annuncio berlusconiano del "piano casa", un qualche vecchio democristiano ha ricordato, con una voluta malizia, che Amintore Fanfani non ha mai fatto un discorso per annunciare il piano per la costruzione di 300mila alloggi popolari, il più importante intervento edilizio del secondo dopoguerra, ricordato appunto come "piano Fanfani". Così allora andava il mondo.
Ora la dico io un'eresia. Penso che perfino uomini intelligenti come Berlinguer o Aldo Moro, se dovessero ogni giorno partecipare ad almeno un talk show televisivo, se fossero costretti a rilasciare dieci dichiarazioni al giorno, rispondendo per lo più a domande idiote, se parlassero e scrivessero allo stesso frenetico ritmo con cui parlano persone - comunque assennate - come Bersani o Fini (B. e B. sono chiaramente fuori quota e imparagonabili), finirebbero per fare alcune magre figure. Nessuno può essere sempre intelligente o meglio può dire sempre cose intelligenti.
Naturalmente questa sorta di bulimia delle parole non basta da sola a spiegare e a giustificare la crisi della politica, ma serve a chiarirne un po' i termini. "Chi parla male, pensa male e vive male." diceva un profetico Nanni Moretti in Palombella rossa, film del "fatale" '89, poco meno di un anno dopo dalle dimissioni di Natta (sempre a quell'epoca torniamo). Basta leggere un giornale, per vedere come oggi si parla male, ergo...

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