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Contributi a una cultura dell’Ascolto CAMMINARSI DENTRO (291): Stati di coscienza

Da Gabrielederitis @gabriele1948

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Giovedì 13 ottobre 2011

L’esordio non poteva essere più dirompente: noi tutti siamo ospiti del nostro corpo, ospiti ingrati e inconsapevoli, che viviamo grazie ad automatismi non controllati dalla nostra volontà e dalle nostra coscienza. Coscienza che, da che uomo è uomo, è oggetto di ricerca filosofica e scientifica: chi decide dentro di noi? Siamo liberi? Realmente esiste una volontà? Dove risiede e quanto è consapevole o legata a concatenazioni neuronali? Le domande a riguardo possono essere veramente tante, con sfumature raffinate quanto fondamentali, ma non sempre le risposte sono facili da dare; i tre mila anni di filosofia ne sono la prova.

Remo Bodei racconta l’evoluzione del concetto di coscienza, con chiarezza e semplicità; non sembra di avere di fronte un professore di fama internazionale, tale è l’informalità della prima lezione sulle Questioni di Coscienza.

La Volontà e la Coscienza non sono sempre stati concetti come li intendiamo noi oggi, derivano da evoluzioni secolari del pensiero: il libero arbitrio cristiano, di origine medievale, forse non è mai esistito, visto che le scelte che deve affrontare sono per lo più derivate da costrizioni o degli obblighi, e comunque è stato superato da Locke nel 1694, quando il filosofo britannico all’anima come soggetto dotato di volontà e luogo della coscienza, sostituisce l’identità personale, fatta dalla linea dei ricordi e dalla proiezioni dell’essere nel futuro. L’individuo, l’Io, quindi come un nodo di relazioni sia interiori che esteriori, relazioni tra le rappresentazioni di ciò che è stato, di ciò che è e sarà e gli altri.

La ricerca dell’Io ha da sempre solcato la storia della filosofia, ma non solo: poesia, narrativa e musica hanno toccato vertici e abissi spesso inarrivabili con il puro ragionamento, basta pensare a Pirandello e alle personalità multiple oggetto dei suoi scritti. “La coscienza è in continua costruzione — spiega Bodei — l’Io trasferisce continuamente i vissuti, aggiungendo qualcosa e perdendo qualcos’altro; questa costruzione può essere alta, bassa, intensa o fiacca, a seconda della cura che abbiamo di noi stessi e della nostra coscienza. A volte traumi, droghe o alcool posso modificare questa costruzione”

Lo studio della persistenza dell’Io sfonda il confine del problema etico: Proust si chiedeva, infatti, come mai esistono momenti in cui non si ha coscienza, come durante le fasi del sonno, e poi al risveglio, si torna ad essere noi, con tutte le nostre connessioni. La questione diventa spinosa in caso di traumi e situazioni di vita mantenuta tale da macchine: quanto Io e quanta Coscienza permane in un coma? Il problema dovrebbe essere affrontato con discussioni serie, e non con la pancia politica, barricata in dicotomie ideologiche.

“La Coscienza, la nostra personalità — conclude Bodei — richiede anche coerenza, con noi stessi e con gli altri: ciò non significa non cambiare, ma non rinnegare il percorso che porta ad un determinato stato di coscienza”. Questa coerenza ha forti ricadute sociali, perché su questo si basa la convivenza di una società: “Le società, anche le peggiori — afferma il filosofo — sono comunque un piccolo miracolo di coscienza collettiva, basato su fiducia più o meno spontanea, e responsabilità”. Responsabilità che è cosa ben diversa dall’obbedienza; l’etimologia aiuta a marcare questa diversità: obbedienza significa stare ad ascoltare, responsabilità invece rispondere a ciò che si sente. Proprio la Responsabilità, minacciata da servitù volontaria e indifferenza, sarà l’oggetto della prossima lezione del ciclo, lezione che avrà come voce narrante la giornalista Concita De Gregorio.

Bodei conclude questo primo appuntamento con una riflessione importante: “Dobbiamo alzare l’asticella della nostra Coscienza perché solo in questo modo non potremo più dare la colpa agli altri”. Come dargli torto?

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