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Contro Irlanda del Nord e Serbia, Prandelli pesca Zambrotta nel povero mare del campionato

Creato il 07 ottobre 2010 da Bruttotackle

Contro Irlanda del Nord e Serbia, Prandelli pesca Zambrotta nel povero mare del campionato

C’è chi sogna Superleghe europee e chi è costretto a pescare nel povero mare del campionato italiano.

Non dovrebbe, ma fa notizia Cesare Prandelli abbia richiamato in azzurro uno dei fedelissimi dell’ex commissario tecnico Marcello Lippi: l’esterno di difesa del Milan, il classe ’77 Zambrotta.
Gianluca Zambrotta è stato per anni uno dei pilastri della nazionale, ha giocato quasi cento partite in maglia azzurra (novantasette) e quattro anni fa, quando lo si poteva con certezza annoverare tra i migliori interpreti del suo ruolo, è stato tra i principali protagonisti della vittoria Mondiale in Germania. E’ un giocatore di esperienza e, esclusivamente sotto questo aspetto, di sicuro affidamento. Il mondiale tedesco è stato il suo canto del cigno: allora è cominciata, inarrestabile, la sua parabola discendente. E’ stata deludente la sua parentesi spagnola con la maglia del Barcellona, e persino povera di successi, dato che i blaugrana regalarono praticamente due campionati ai rivali storici del Real Madrid. Non abbiamo avuto segnali di rinascita da quando è ritornato a giocare in Italia, al Milan, il cui più annoso dei problemi strutturali – sistemato il reparto offensivo con l’acquisto del totem Ibrahimovic – è proprio quello degli esterni di difesa.

Eppure la convocazione di Zambrotta non dovrebbe fare notizia. Cesare Prandelli ha tristemente ragione quando asserisce che sono poche, praticamente nulle, le alternative offerte dal campionato italiano. Gli altri esterni di difesa convocati a questo giro rispondono ai nomi di Criscito, che all’ultimo Mondiale ha mostrato evidenti limiti caratteriali e di personalità; Cassani e Antonelli del Parma. Di più, quando quest’ultimo, improvvisamente salito agli onori della cronaca per un presunto interessamento dell’Inter nell’ultima sessione di calciomercato, ha dato forfait all’ultimo minuto per infortunio, è stato sostituito da Molinaro, onesto faticatore di fascia emigrato in Germania da qualche mese e di già titolare in azzurro nelle uscite recenti contro Costa d’Avorio ed Estonia.
Nessuno dei giocatori non convocati è all’altezza della situazione. Santon (tuttora un’incognita) e De Silvestri, esordiente contro le Fær Øer e finora come tutta la Fiorentina protagonista di una stagione non positiva, sono stati chiamati dall’Under 21 di Casiraghi per i play-off contro la Bielorussia. Non convocati anche i due esterni del Napoli, Dossena e Maggio, finora positivi, ma dalla difficile collocazione tattica. Entrambi i giocatori, infatti, sono più adatti a un sistema di gioco che prevede la difesa a tre e, quando schierati come esterni di una difesa a quattro, hanno faticato o clamorosamente fallito. Dossena, frattanto ritornato finalmente a essere un giocatore di calcio, è stato nel giro della Nazionale di Lippi fino alla Confederations Cup senza mai convincere. E sono state deludenti anche le sue stagioni al Liverpool, dove pure Benítez, che gli ultimi anni non è che abbia avuto la vista particolarmente lunga negli acquisti, lo aveva fortemente voluto.
Prandelli non ha motivo di stravolgere i sistemi di gioco della squadra proprio ora che, dopo la doppia vittoria contro l’Estonia a Tallin e a Firenze contro le Fær Øer, pare finalmente essere prossimo alla giusta quadratura del cerchio. L’Italia ha sei punti in classifica, conduce il suo girone di qualificazione al primo posto e contro Irlanda del Nord e Serbia (in casa) ha la possibilità di provare ad allungare. Abbandonata la pazza idea di giocare con tre giocatori alle spalle di un’unica punta, di costringere dunque Cassano a giocare in un ruolo non suo (non è e non sarà mai Iniesta, né tantomeno Sneijder), questa non appare una missione impossibile. Sarà bene rimandare eventuali superflue e pericolose sperimentazioni: in Italia non ci sono esterni di grande qualità, tanto vale farne a meno. Per qualificarsi agli Europei dovrebbe bastare.
Destano più preoccupazione la difesa, in attesa del prossimo innesto di Ranocchia, dato che la Juventus della coppia Chiellini-Bonucci vanta attualmente una delle difese più perforate del campionato. E il centrocampo, in assoluto e a esclusione di De Rossi (che comunque attraversa uno dei suoi periodi meno brillanti di sempre), privo di giocatori qualità. Non ci sono reali alternative: Aquilani (e il prossimo oriundo Thiago Motta?) è ancora lontano dalla migliore condizione e comunque è anch’egli un’incognita dato che, causa pure i troppi infortuni, non ha ancora dimostrato nulla in carriera e gli è sempre mancata una certa continuità. E’ troppo poco la sufficiente gara disputata contro l’Inter l’ultimo turno di campionato per considerarlo un giocatore arruolabile.
Campionato italiano che, a dispetto delle dichiarazioni del ct azzurro (che lo ha definito un campionato “ricco”, ma “povero per la nazionale”), appare di già decifrabile e confermare nei fatti quanto non era troppo difficile prevedere prima del via. Non ci sono state novità particolari e/o spettacolari: l’Inter ha confermato di essere un squadra, soprattutto una società allo sbando: l’allenatore non ha in pugno lo spogliatoio e, data l’abulimia sotto rete di Milito e la pochezza delle alternative nel reparto offensivo, sarà costretto a inventarsi qualcosa. Il Milan (e Allegri) ha finalmente capito che se vuole provare a vincere deve rinnegare il proprio credo calcistico, storicamente votato al bel gioco e al possesso palla, e affidarsi esclusivamente alle lune di Ibrahimovic; la Juventus è un cantiere aperto. Certo se avesse dismesso Amauri (ma, oltre Prandelli che lo ha convocato in nazionale, chi lo avrebbe mai preso?) e comperato un grande centravanti, piuttosto che tanti (troppi) più o meno discreti giocatori, avrebbe fatto meglio.
La Lazio non vincerà lo scudetto, ma per ora è meritatamente al primo posto. Negli ultimi anni, i biancazzurri hanno dimostrato di essere una squadra di buon livello: hanno giocato in Champions e, oltre Inter e Roma, sono stati gli unici a vincere qualche trofeo. Hanno un centrocampo di grande qualità, dove Hernanes, entrato stabilmente nel giro della nazionale brasiliana, è stato uno dei colpi più importanti (e costosi) dell’ultimo mercato e, in generale, un acquisto azzeccato. La Lazio è una squadra forte in attacco (ci può stare la convocazione di Floccari in azzurro) e solida in difesa. Persino Reja, finalmente capace di dare una identità calcistica alla sua squadra, appare un allenatore ritrovato dopo la parentesi partenopea, positiva sul piano dei risultati, ma molto povera sul piano dell’organizzazione del gioco.

Destano curiosità proprio le vicende di Napoli, e del Palermo. Kasami, Bacinovic e soprattutto Ilicic (già a segno tre volte in questo campionato) sono l’ennesima dimostrazione di lungimiranza sul mercato dei rosanero. Sono intoppati in un paio di passi falsi in quest’inizio stagione, ma sono una squadra giovane e, soprattutto, hanno l’allenatore più bravo in circolazione. Delio Rossi, che Zamparini ha saggiamente evitato di cacciare via dopo la sconfitta casalinga contro l’Inter, e che è in assoluto uno dei pochi maestri di calcio del nostro campionato. Pastore e compagni, sebbene Zenga dall’Arabia Saudita continui a sostenere il contrario, forse non saranno da scudetto, ma sono sicuramente una delle realtà più interessanti di questo campionato. I partenopei hanno due giocatori di grande valore (Cavani e Hamsik) e, nonostante una difesa tra le peggiori del campionato, se schierati in campo con tutti gli effettivi pure hanno finora dimostrato di potersela giocare con chiunque. Stanno facendo bene in campionato, ma hanno finora fallito in campo europeo. I due soli punti raccolti contro Utrecht e Steaua Bucarest sono una miseria e mettono in serio pregiudizio la qualificazione al prossimo turno di Europa League.

A proposito di ex Coppa Uefa, lo scorso 29 settembre si è spento il sessantenne Bruno Giorgi. Non era un genio della panchina, ma ovunque abbia lavorato ha lasciato un buon ricordo, perché era una persona per bene e un professionista serio. Nel 1993/94, dopo aver eliminato tra le altre anche l’ultima Juventus di Trapattoni, guidò il Cagliari fino alle semifinali di Coppa Uefa, dove gli isolani furono poi sconfitti dall’Inter (poi vincitrice del trofeo). Sebbene supportato da una squadra di buon livello, quella di Giorgi fu una vera impresa, che oggi pare irripetibile per squadre che solitamente gravitano nella medio-bassa classifica del nostro campionato.
Qualcuno dovrebbe spiegare a Prandelli che Zambrotta non è solo una delle poche alternative che lui ha a disposizione per la nazionale, ma anche uno dei titolari inamovibili del club più forte e blasonato del nostro campionato, che, rispetto all’altro ieri, è sicuramente più povero qualitativamente e economicamente. Anche sportivamente, se è vero che oggi le società, gli allenatori e i giocatori sono persino disposti a sacrificare i risultati sportivi in nome degli affari e del business: le società italiane in genere disputano l’Europa League (che pare evidentemente essere poco redditizia) mettendo in campo le seconde linee e quasi mai superano la fase a gironi. Ma la più grande degenerazione è stata quella di stampa e tifosi, oggi meno interessati ai risultati sportivi della propria squadra del cuore e pure loro più interessati alla gestione economica e ai bilanci, manco fossero dei manager dell’alta finanza.
Ci sono tutte queste motivazioni dietro il mezzo fallimento europeo del Napoli. Fare turn-over è stata una scelta sbagliata (chi ha vinto negli ultimi anni, non ha fatto ruotare i giocatori più importanti) e persino dannosa in una società che ha evidente bisogno di crescere (non mi riferisco ai soli giocatori) sotto tutti gli aspetti. E cui farebbe bene disputare dignitosamente l’Europa League, piuttosto che farneticare circa la creazione di una fantomatica Superlega Europea. Che non si capisce bene a che titolo dovrebbe “arruolare” anche la compagine partenopea. Che peraltro esiste già.

Ernesto Battaglia


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