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Contro ogni degrado. I versi di Vito Antonio Conte

Creato il 02 dicembre 2012 da Faprile @_faprile

«A tutti quelli che lottano contro ogni degrado», sono le parole che in dedica aprono la nuova raccolta poetica di Vito Antonio Conte, Mai più secondo, edita da Luca Pensa. La lotta contro ogni degrado è una dedica, un auspicio, uno stimolo, una trance poetica che si rincara, rafforza e rivolge, mi piace pensare, ad un ampio abbraccio nel mondo e verso il mondo. Ci sono parole che lo scorticano, il mondo, se ne impossessano dialogando con i minuti e la quotidianità, sottraendo il nostro sguardo a tutte quelle cognizioni che vorrebbero portarci a dimenticare quanto ancora abbiamo accanto, quanto per cui ci sia ancora un senso da cercare, o magari solo sentire, ma saperlo lì accanto, presente. C’è la provocazione di chi è consapevole delle chiusure ritmiche che questo mondo “sociale”, “civile”, ci costruisce attorno, ma è nella provocazione, poetica, vitale, reale, che ci si avvale di uno strumento buono per scardinare un certo consenso ad ogni costo. La protesta è voce poetica che scalza la crescita che ci vorrebbero addosso e si rapporta al puer, alla nostra infanzia, a quel tempo bambino in cui l’innocenza regna e non censura il dissacrare genuino, sincero, che il bambino si porta dentro come una verità da cercare e difendere ad ogni costo. Il diritto all’infanzia ritrovata si costituisce come strada, in tutti i sensi, da cui l’atto poetico attinge e, imbevuto del mondo e dei piccoli – grandi – momenti che ci affollano il sangue, torna a farsi parola, a dialogare, a fermare immagini come fossero ancora lì, davanti agli occhi, a spezzare a scontornare quelle certezze che questa società vorrebbe farci credere nostre, ma che possiamo ancora rifiutare, come ci dice Vito Antonio Conte che la nostra «purezza / quella bambina / quella che abita ogni essere / quella che non si può negare / l’unica priorità tra le cure / l’unica che fa di ogni essere un uomo / l’unica che nessun fottuto scaffale / di nessun fottuto market espone», è ancora nostra, può essere ancora nostra, a patto d’ascoltarci, di seguirci, di dissacrarci, di sorridere alla terra che lei sorride a noi.

Francesco Aprile
2012-11-27

Da Il Paese Nuovo


Filed under: Frammenti

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