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Copa America, l’analisi: adesso o mai più, Cile a un passo dalla gloria

Creato il 30 giugno 2015 da Pablitosway1983 @TuttoCalcioEste
Copa America, l’analisi: adesso o mai più, Cile a un passo dalla gloria

28 anni sono tanti, tanti di voi non li avranno neppure sulla carta d'identità. Il Cile invece se li è portati nel gozzo fino a ieri notte. 28 anni dall'ultima finale di Copa America, il Santo Graal del calcio cileno. 12 luglio 1987, il giovane Zamorano e compagni vennero trafitti da Bengoeche a e la Copa America finì tra le mani dell'Uruguay. Tanto per cambiare. Era la quarta finale per la Roja, fino a ora sono tutte andate male. Ma stavolta potrebbe essere diverso. La squadra di Sampaoli, dopo aver fatto cose notevoli ai mondiali dello scorso anno, è matura per prendersi il continente. O adesso o mai più, lo si capisce dalla pressione che accompagna i giocatori fin dalla gara inaugurale, qualche balbettìo di troppo contro l'Ecuador proprio per questo motivo. La chiamata del destino riguarda la generazione più forte mai espressa dal calcio cileno, un gruppo di giocatori che potrebbero non avere più un'occasione tanto ghiotta.

Si gioca in casa, già questa è un'investitura, quando poi ti presenti ai nastri di partenza con il portiere del Barcellona, il goleador dell'Arsenal, il centrocampista pluriscudettato della Juventus e tanti altri giocatori di valore... Beh, non puoi nasconderti. Abbiamo già detto della pressione che ha accompagnato il Cile fino a questo momento, gli avversari protestano per alcuni presunti "trattamenti di favore". Qualche dubbio per l' espulsione di Zambrano c'è in effetti, non tanto per il secondo giallo quanto per il primo, aggiungiamoci pure le proteste peruviane per la posizione dubbia in occasione del primo gol, una certa severità anche nei confronti di Cavani ai quarti di finale. Non passa neppure inosservato il fatto che i padroni di casa abbiano disputato tutte e cinque le gare all' Estadio Nacional, evitando trasferimenti. In questa sede però vorremmo guardare oltre la polemica, questo Cile è spinto da pura emozione. Sensazioni contrastanti, non solo nell'arco della Copa America ma durante ogni singolo incontro, si pensi alla semifinale con il Perù.

Garega ha confezionato una squadra senza grandi firme. I vari Vargas, Guerrero, Farfan Pizarro sono usato sicuro ma non sono più nomi di grido, hanno un gusto quasi démodé. I primi venti minuti sono stati un inferno per i padroni di casa, Bicolor perfetta nella due fasi, palo colpito da Farfan. Una sofferenza per Sampaoli. Le cose sono cambiate, ma non troppo, con il rosso a Zambrano. Un colore che porta bene al Cile, meno ai suoi avversari che se lo ritrovano sventolato davanti al naso spesso e volentieri. Il Perù non è mai scappato dalla partita, neppure dopo il gol - piuttosto fortunoso - realizzato da Vargas. Il Cile è volato sulle ali dell'entusiasmo e ha sentito su di sé la responsabilità per un popolo intero. Lo stesso peso che è costato a Vidal le pubbliche scuse dopo il noto episodio stradale e lo ha portato a rischiare il cartellino in avvio di gara.

Autorete di Medel per il pari, la segnatura però è più che meritata, sulle tribune cala il silenzio. Meno male che questa Copa America è riuscita ad esaltare Edu Vargas, forse al salto decisivo in carriera. Dopo tanto girovagare e prossimo alle 26 candeline, il ragazzo che fece sensazione con l'Universidad de Chile deve decidere chi vuole essere. A Napoli per ora poche gioie, meglio al Gremio e al Valencia, sfortunata l'annata in Premier terminata con la retrocessione del Qpr. Ci sono momenti che non ricapitano, questo Cile ce lo dimostra di continuo, l'istante in cui Vargas ha deciso di battere a rete dalla distanza è uno di quegli istanti che si espandono all'infinito. Un gesto tecnico improvviso, nel momento più complicato, il gol che cambia la serata e - forse - la storia di un popolo. Di certo questa prodezza potrebbe cambiare la carriera di Edu Vargas, al suo terzo centro in questa Copa America. Certi treni non ripassano. Adesso o mai più.

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