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Corri Forrest, corri...

Creato il 08 luglio 2014 da Fredy73 @FedericaRossi5
In questi due anni e mezzo di problemi e perdite inaudite, il mio fisico ha deciso di cedere il passo alla depressione. Sono ingrassata. Irrimediabilmente. Dopo tutta la fatica che avevo fatto per perdere chili e trovare una forma non perfetta, ma almeno accettabile. Ho capito che i chili in più, per me, sono il sintomo, l'effetto più visibile della depressione e dell'inquietudine che mi accompagna sempre e si fa più acuta in determinati frangenti. Certo, non voglio trovare giustificazioni di sorta. Ma perdere una madre, il lavoro, la propria posizione economica e sociale, per giunta a 40 anni (un'età infame per le donne, il corrispettivo dei 50 per gli uomini), non è che mi abbia aiutato a trovare il mio equilibrio, né a rimettermi in carreggiata. Mi sono lasciata andare. Punto. E no, non mi consola sapere che altre persone sono nella mia stessa situazione.
Improvvisamente, o forse solo per il naturale esaurirsi del periodo di lutto, mi sono risvegliata da questo torpore e ho deciso di porre rimedio dedicandomi a qualcosa che potessi controllare. Mi sono data piccoli obiettivi, a cominciare dalla certificazione internazionale di inglese. Ho frequentato un corso e sostenuto l'esame per il FCE (livello B2 ché l'inglese già lo parlo dignitosamente) e sono in attesa dei risultati. Non so se riuscirò ad ottenere la certificazione, ma almeno ho portato a compimento una piccola cosa che mi ero prefissata. Poi è stata la volta del mio fisico, il mio più grande cruccio da quel 29 agosto del 1973, quando mi presentai al mondo con tutti i miei 5 Kg e 50 grammi di corpulenta tenerezza. Le premesse non erano delle migliori. Avrei dovuto capirlo sin dal primo vagito che il peso sarebbe stato il mio acerrimo nemico per tutta la vita. Senza stare qui a raccontarvi delle innumerevoli diete fatte, degli sport praticati, delle oscillazioni sulla bilancia, ho deciso, per l'ennesima volta, di iniziare il percorso di recupero. Eh già, perché ai drogati, agli alcolizzati, ai tabagisti si riconosce facilmente una condizione di malattia, riuscendo anche ad affrontare il problema alla radice, eliminando direttamente e drasticamente ciò che crea dipendenza. Per le persone grasse, invece, si parte dal presupposto che sia una loro colpa. Senza appello e senza riscatto. Con l'aggravante che il cibo, diversamente dalle sigarette, dall'alcool e dalle altre droghe, non si può eliminare del tutto dalla vita di una persona. E poco importa se un medico ti ha certificato una disfunzione metabolica seria. Per gli altri sarai sempre la "chiattona" immaginata a rimpinzarsi di schifezze ad ogni occasione. Anche se la realtà è ben diversa.
Quali che siano i motivi dell'ingrassamento, ho iniziato nuovamente una dieta ferrea, cercando di introdurre (più che altro sostituire) più frutta e verdure, ché il problema della fame non l'ho mai avuto, avendo sempre mangiato pochissimo. Ma so benissimo che l'alimentazione non basta. Avendo seguito per quasi 5 anni una dieta metabolica con integratori e sostitutivi dei pasti (sotto rigoroso controllo medico), ho constatato che neanche questa è ormai più in grado di riattivare il mio metabolismo. Mi resta l'ultima carta da giocare, il mio vulnus: l'attività fisica. Così, ogni mattina - presto che il caldo è micidiale - indosso scarpe da ginnastica e lettore mp3 per fare a passo svelto i miei 10.000 passi giornalieri. In salita e con andatura costante. In barba al sudore che mi cola sulla fronte e mi appanna gli occhiali da sole. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano. Il problema è stato trovare un percorso che potessi fare. Il primo giorno, infatti, sono andata su una stradina che costeggia uno dei due fiumi cittadini (che gli amministratori locali, in un impeto di mania di grandezza hanno chiamato boulevard). Un sentiero che dovrebbe condurre a un parco archeologico. Ma le condizioni di questa zona sono a dir poco indecenti, se non pericolose. Neanche il tempo di addentrarmi nel sentiero che incontro, nell'ordine, un serpente d'acqua nero, un serpente non meglio identificato e una pantegana che inizialmente ho scambiato per una mucca al pascolo. Certo, il mio dietro-front è stato pari allo scatto di Usain Bolt e scommetto che l'attività cardio ha registrato un picco che neanche 2 ore di zumba potrebbero raggiungere, ma alla fine ho dovuto optare per una percorso a circuito da ripetere più volte per raggiungere l'obiettivo prefissato. Non un gran divertimento.
Così, il giorno dopo ho deciso di affrontare un altro percorso. Il più temuto. Il più evitato. Anticipando di mezzora la mia uscita, ho scalato l'immensa salita che da casa mia conduce al principale corso cittadino per poi, da lì, proseguire per un viale alberato, raggiungere una chiesetta che conclude la strada e fare il percorso a ritroso (giusto 10.000 passi o poco più). Il problema non è la salita. ma il corso principale. Perché i beneventani, inchiodati ai bar anche alle 7.30 di mattina, ti guardano con aria giudicante, insieme severa e divertita. Un incentivo per accelerare il passo e togliersi di dosso quell'orribile sensazione di occhi puntati alle tue spalle. E di commenti malevoli. O di giudizi poco lusinghieri. O, peggio ancora, di bonaria compassione per la "chiattona" che tenta di dimagrire. Ma tant'è. Tempo verrà, anche per me, di ricambiare quegli sguardi con sprezzante fierezza.
Ognuno deve trovare una sua motivazione per dimagrire. La mia, oltre il senso di rivalsa, oltre l'uscita dal tunnel in cui ero sprofondata e oltre la giusta voglia di sentirmi meglio con me stessa è tutta in questa unica ragione: Sfuggire al senso del ridicolo. Quello che mi trasmettono i miei concittadini. E quello che getterò su me stessa se dovessi fallire. Ora che, pubblicamente, ho deciso di mettermi in mostra nel mio lato più fragile e vulnerabile.
Giorni trascorsi: 10
Chili persi: 5
Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.

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