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Cosa sognano i morti

Creato il 13 marzo 2014 da Salone Del Lutto @salonedellutto

Non è difficile immaginare perché abbia scelto di acquistare e leggere un libro con un titolo come questo: Cosa sognano i morti. Eppure questo titolo porta un po’ fuori strada, perché più che un libro sui sogni dei morti quello di Lydia Millet è un lavoro sul rapporto dei vivi con la morte, intesa come morte di un singolo e soprattutto come morte di una specie, estinzione.

Illustrazione Juan Gatti

Illustrazione Juan Gatti

T. è un bambino con i desideri di un uomo. Per lui, non c’è “illustrazione” che valga di più dei ritratti dei presidenti Jackson e Hamilton raffigurati sulle banconote e non c’è “pupazzo” che lo plachi maggiormente dei soldi custoditi sotto il cuscino. Come spesso accade a chi ama il denaro al punto di farne una passione totalizzante (e capita già da bambini), T. ha una sua meschinità ben evidente – che ci riesce difficile perdonare perfino a un ragazzino –, una meschinità che emerge prepotente, ad esempio, dal dialogo con la madre di un suo amico, Perry, che a T. devolve settimanalmente la sua paga in cambio di protezione. Messo alle strette dalla donna, T. non esita a spiegarle con una lucidità sconcertante le ragioni del costo del suo aiuto, finché lei, meravigliata dall’avere a che fare con un ragazzino disincantato come un adulto, o forse più di un adulto, non lo liquida dandogli del «piccolo bastardo viscido». Da un bambino cresciuto con quest’unica passione ci aspetteremmo che diventi un pessimo adulto.

Illustrazione Juan Gatti

Illustrazione Juan Gatti

Eppure T., l’adulto, è anche capace di provare sentimenti disinteressati: la pietà e l’orrore per un coyote investito sulla strada; la vicinanza che mostra verso sua madre, divenuta insopportabilmente patetica dopo essere stata abbandonata senza spiegazioni dal marito… E, ancora, un amore puro, sincero, per la sua prima compagna e il dolore profondo che scaturisce dalla sua perdita. Ecco, è proprio la perdita, il lutto, a far scaturire nel protagonista la necessità di empatia. Non tanto con altri esseri umani, però. Quello che T. decide di esplorare è il regno animale, andando in cerca di tutte quelle specie che, in cattività o nel loro habitat naturale, sono prossime all’estinzione. Lentamente, T. si trasforma in un “cacciatore” di fragilità, fragilità alle quali offre protezione e dalle quali allo stesso tempo si sente protetto. Osservandole, ascoltandone il respiro, e poi osando sempre di più, fino al punto di addormentarsi vicino a loro, accoccolato nelle gabbie.

Quindi sì, Cosa sognano i morti è una riflessione sulla morte del singolo, ma anche e soprattutto una riflessione profonda e sempre più necessaria sulla scomparsa delle specie. È il portare l’attenzione su un accadimento spesso ignorato dall’essere umano quando non addirittura provocata dai suoi comportamenti irresponsabili. Cosa sognano i morti è anche un romanzo di formazione, il passaggio dall’egoismo di un bambino all’amore di un uomo, il cambiamento dall’essere T. al diventare Thomas, dall’essere confinato negli spazi sicuri di una casa o un ufficio al perdersi completamente nella natura.

Illustrazione Juan Gatti

Illustrazione Juan Gatti

Come sempre, vi regalo un brano del libro:

«Beth aveva finito di essere morta, la sua dipartita era compiuta e la sua assenza era totale. C’era ancora il suo ricordo, ma quello non c’entrava nulla con la morte, anzi la ostacolava con caparbietà.

Gli animali invece stavano morendo, non solo uno per volta, ma per gruppi e categorie. T. lo trovava sempre più angosciante. Cominciò a setacciare i giornali in cerca delle ultime notizie sulle specie in estinzione; si abbonò a varie riviste. Nelle foto vedeva animali lontani, nei luoghi dove continuavano a vivere o cominciavano a sparire. Alcuni erano su sfondi verdi, altri su sfondi gialli, altri turchesi. A volte c’era del bianco, la Siberia o l’Antartide. Quelli erano i luoghi d’origine degli animali: il verde intenso, il giallo secco, il blu profondo.

Poi c’era il grigio delle dimore umane. Il blu diventava marrone, il giallo polvere, il verde fumo e cenere. Ogni volta che un animale spariva – una specie o a volte organizzazioni di specie, interconnesse tra loro – era come se sparissero tutte le montagne, o tutti i laghi. Un aspetto particolare del mondo. Ma nel grigio metastatizzato dei continenti e degli emisferi sembrava che ci fossero poche persone preoccupate da quelle estinzioni o anche solo desiderose di parlarne: nessuno al di fuori di soggetti marginali e gruppi elitari, professori e hippy, piccoli popoli di scarsa importanza. La scomparsa della massa silenziosa, il ribaltamento dell’Arca, passavano inosservati».

di Silvia Ceriani

Cosa-sognano-i-morti-Cover
Lydia Millet
Cosa sognano i morti
Indiana
Milano, 2013
Traduzione dall’inglese di Costanza Prinetti

Per illustrare il contenuto del libro, le immagini di Juan Gatti, argentino arrivato a Madrid nel 1979, dove inizia subito a collaborare con la movida culturale. Anatomia del corpo umano e tassonomia del mondo naturale, illustrazioni che sembrano uscite da un’enciclopedia illustrata di un mondo di sogno, fiori, uccelli, muscoli, scheletri, kitsch e pop, il mondo di Juan Gatti è un mix di emozioni e sensazioni diverse.


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