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Cose che ho imparato frequentando i blog

Creato il 20 novembre 2014 da Obbrobbrio @obbrobbrio
Cose che ho imparato frequentando i blogBlogger non è una professione. Qualcuno riesce a guadagnare vendendo fumo, coglioneggiando in giro a botte di webinar, ma ho la sensazione che l'orda di santoni in erba armati di elenchi numerati e grassetti non ci stia capendo molto. O forse il tonto sono io.
Come ho già detto e ribadito a più riprese nei post precedenti, ognuno a casa sua è libero di far ciò che vuole. E se in altri lidi i miei commenti finiscono nell'inceneritore senza aver mai visto la luce, lasciate che utilizzi questo spazio personale per dirvi cosa ho imparato in questi anni di frequentazione assidua della blogosfera:
  • i blog sono generalmente noiosi e privi di contenuti davvero interessanti;
  • molti autori che puntano a ottenere visibilità non si rendono conto di scrivere post che possono interessare solo ad altri autori. Il risultato più evidente è costituito dai commenti di scambio e dal parlarsi addosso;
  • quasi tutti i post dal titolo che inizia con un "Come" in realtà non dicono nulla;
  • molti personaggi, anche noti, non hanno compreso il senso del blogging e con la scusa della moderazione dei commenti attuano politiche da fascisti del cazzo;
  • i blog che pubblicano recensioni di libri sempre e comunque positive son quasi tutti gestiti da marchettari in cerca di amicizie nell'editoria;
  • i guru del copywriting stanno contribuendo a un'odiosa standardizzazione dei blog;
  • gli scopiazzatori son sempre in agguato;
  • l'onnipresenza sui social è il miglior modo per farsi evitare come la peste. Almeno dal sottoscritto;
  • la gente tende a prendersi troppo sul serio e vive la gestione della propria vetrinetta virtuale nel peggiore dei modi.
Sarei ipocrita se vi dicessi che le discussioni sotto i miei post e le condivisioni di ciò che scrivo non mi fanno piacere. Ho sempre visto il blog come una sorta di "Speakers' Corner", quel leggendario posticino londinese in cui ogni pazzoide può esprimere davanti a una folla le proprie opinioni, senza dover necessariamente essere ammanigliato con Tizio o aver praticato una fellatio a Caio.
Di recente il buon Miki Moz ha dato vita a una trasmissione in diretta streaming, organizzata con degli amici, durante la quale ha interagito in tempo reale coi suoi lettori. Un'iniziativa simpaticissima (che forse un giorno imiterò), animata da una genuina passione che dovrebbe costituire un esempio per tutti coloro i quali ritengono che il senso del bloggare si riduca al semplificare e ordinare i propri testi a misura di frettoloso deficiente. Il risultato finale è spesso un'accozzaglia di parole e concetti senz'anima.
Uno dei diktat più frequenti che rimbalzano nella rete è individua la tua nicchia. Credo che la nicchia si crei da sola: quando è scoppiato un casino in seguito alla mia recensione del libro "Racconti della percezione" i numeri parlavano di mille visitatori unici al giorno. Dal momento in cui ho dichiarato apertamente il mio disprezzo nei confronti della sperimentazione sugli animali, i lettori sono drasticamente diminuiti (qualcuno è arrivato addirittura a insultarmi nei commenti. Dopotutto i nazi sono gli animalisti, no?).
Alla luce di questi dati, dovrei forse aggiustare il tiro dei miei post? Dovrei attuare la politica democristiana del dare un colpo al cerchio e uno alla botte? Ma manco per il cazzo
Quando penso a Obbrobbrio, a come vorrei che venisse vissuto da voi lettori questo spazio, mi viene in mente un'oscura bettola di periferia, un luogo virtuale frequentato da pochi intimi ma aperto a chiunque voglia lasciare un segno del proprio passaggio, condividere i propri pensieri sapendo che non verranno censurati dal Cotroneo di turno o ignorati come è accaduto alla mia lettera al giornalista Michele Brambilla
Potrei impegnarmi nel raccattare un centinaio di persone a cui spacciare il mio prossimo libro, invitarvi a cliccare mi piace su questa o quella pagina. Ma è più probabile che io decida di chiudere questo blog, nel caso in cui dovessi rendermi conto di tenerlo in vita solo per riuscire a vendere qualcosa.
Ah, dimenticavo la domanda finale: e voi, come mai seguite Obbrobbrio?

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