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Così parlò Pennacchi

Creato il 07 maggio 2011 da Casarrubea
Così parlò Pennacchi

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In Panorama.it, qualche settimana fa, abbiamo letto un articolo di Pietrangelo Buttafuoco che ha un titolo inquietante: “Antonio Pennacchi, il fascio comunista”. Vi si dice che fascisti e comunisti non è detto che si debbano prendere sempre a botte e che in nome di una loro presunta naturale consanguineità, possono pure promuovere liste comuni, sempre attuali, per battere il fascismo di destra, rappresentato da Silvio Berlusconi. Che prima o poi saremmo arrivati sull’orlo del baratro non c’erano dubbi, ma adesso pare che gli italiani si siano posizionati sull’esile bordo che li separa dal precipitarvi. Basta una spintarella.

Alle prossime elezioni di Latina lo scrittore Antonio Pennacchi, capeggia la lista Pennacchi-Fli, Filippo Cosignani candidato sindaco. Dice che vuole riportare i fascisti nella loro casa naturale, cioè a sinistra. Tanto naturale che a Predappio, nella casa natale dell’ex duce, c’è un’unica bandiera – sostiene-  quella del Partito socialista.

Non sappiamo se i toni di Buttafuoco siano canzonatori del Pennacchi o meno. Ma non si può certo affermare che i fascisti erano quelli che toglievano ai ricchi per dare ai poveri. In qualche modo dei liberalcapitalisti, bonificatori di paludi, opposti ante litteram a Berlusconi. Che Pennacchi non capisca cosa sia stato il riformismo agrario fascista nell’agro pontino è grave. Che non sappia quali collusioni lo abbia poi legato al feudo è imperdonabile. Certo è che non ci stupisce come egli possa guardare alla “fatica immane dello Stato o della Patria” o del “Tricolore per il popolo”. Ma di quale popolo parla Pennacchi? Di quale Stato? E, soprattutto, di quale storia?

E così, tanto per non cambiare e restare ancorato ai militi di Salò e al fascismo di sinistra, Pennacchi alza il tiro. Perché, a quanto pare, solo lui ha capito. Per esempio la lotta al latifondo in Sicilia. Fu il vero e più concreto attacco alla mafia. Dice.

“Giusto. Il fascismo toglie i feudi ai ricchi e, costruendovi città e borghi, a difesa dei poveri vi porta lo Stato. E quando Salvatore Giuliano consuma il suo primo delitto – ricorda –, quando ammazza per rubare il grano, sta facendo un’azione da assassino delinquente e nulla più. Ma quando organizza l’assalto alla caserma dei carabinieri a Bellolampo sta diventando mafioso, e perciò nemico dello Stato. Compie un atto antifascista perché in quel borgo, nel cuore di quello che era stato solo un feudo, i militi, così come i funzionari dell’ente agrario, i maestri elementari e i preti, li aveva voluti Mussolini. Per sottrarre il territorio alla mafia e portare finalmente la legge”.

Andiamo così di male in peggio e corriamo il pericolo che tra qualche anno ci ritroveremo in un mondo dove l’ignoranza è padrona assoluta di tutti i campi e dove sarà facile al primo arrivato, alzarsi la mattina dal letto, e decidere di fare del popolo italiano e della sua storia una vera e propria  carneficina.

La crisi del post comunismo, dopo la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, ha aperto non poche questioni di natura politica e sociale. Il tracollo delle ideologie legate all’esperienza del mondo operaio e alla visione marxiana della vita ha trascinato con sé non pochi problemi, anche di orientamento nel mare aperto e in tempesta che si è affrontato, nostro malgrado, e non solo a sinistra. Lo sfascio c’è ed è generale. Alcuni pensano che sia risolvibile con la conservazione del capitalismo, altri, al contrario, ritengono che anche la visione classica di questo modello di produzione e di lavoro, sia entrato in crisi irreversibile, trascinato dalle spinte liberistiche alle quali,  anche i Paesi un tempo socialisti, sono stati indotti.

In realtà ci troviamo di fronte allo scompaginamento delle formule con le quali eravamo stati abituati a leggere il mondo come si può constatare dal semplice fatto che le relazioni tra il Nord e il Sud, come del resto tra l’Occidente e l’Oriente, hanno subito una profonda trasformazione, interessate dall’improvviso irrompere di variabili di portata planetaria che obbligano a fare i conti con quanto sta emergendo, non solo con il fallimento del modello capitalistico della società, costretto a fare i conti con la Cina, ma anche con le credenze cristallizzate in virtù delle quali abbiamo considerato fino ad ora quello che ci appariva come  un modello altro da noi, dalla nostra visione occidentale del mondo.  Ad esempio quello islamico ed arabo interessato da oltre un miliardo di persone.

Che Dio ce la mandi buona a tutti .


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