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Costruire il privato per costruire il pubblico

Creato il 09 febbraio 2010 da Dallomoantonella

Ciao a tutti, oggi vorrei parlare con voi del rapporto esistente tra pubblico e privato.

Se foste interrogati, o meglio, se vi interrogaste sul genere di legame che nella vostra vita personale esiste tra i due ambiti, cosa vi  rispondereste?

Secondo voi, quale dei due luoghi è prioritario? Quale svolge il ruolo dominante? Dove si annidano i punti critici della loro auspicabile  integrazione ed armonia?

Personalmente credo che occorre avere una buona vita privata se si vuole avere anche una buona vita pubblica, o meglio, una vita pubblica a prova di rovesciamenti e di capovolgimenti  dettati dalla verità dei fatti e non dalla fantasia delle menzogne.

Se infatti noi avessimo una vita visibile  che ci offre soddisfazione ma una vita interiore gravemente insoddisfacente, la  nostra vita esteriore perderebbe la sua importanza e non potrebbe compensare il disagio dei sentimenti, degli stati d’animo, andando a creare una possibile precarietà psicofisica.

Se invece  noi avessimo  una vita visibile  affatto significativa ma una vita interiore assai ricca e movimentata, questo secondo elemento andrebbe a bilanciare l’assenza di successo   esteriore, anche perdurando   il vuoto di questo  legittimo  riconoscimento.

L’ideale sarebbe avere  una vita non visibile  pienamente allineata  nella sua qualità  ad una vita visibile,  ma questa condizione che potremmo definire privilegiata e non dipendente dalle nostre sole energie,  è un qualcosa che non può essere appunto programmato, deciso, determinato dall’io. Richiede un noi, una sinergia di forze.

La sola sfera che il singolo detiene come propria è quella privata, quella interna, quella personale; su questa sfera l’essere può dilettarsi quanto crede, incedere in lungo  e in largo, sempre utilizzando le armi che la contingenza gli mette a disposizione, senza la pretesa di avere strumenti che non può possedere perchè non gli sono propri.

E’ chiaro che il suo secondo e naturale passaggio  è quello di esteriorizzare il suo patrimonio, il suo gene, il suo dna; mi sembra un ordine più che   solido e vincente, per quanto richieda tempi di realizzazione non veloci, che non permettono scorciatoie di nessun genere.

Chi vuole cercare scorciatoie, non può avere una vita interiore significativa, non può avere una personalità all’insegna della correttezza e dei valori, forse raggiungerà prima di altri posizioni di comando, realizzazioni di apparente successo, ma questi successi sono sempre a rischio di rovesciamenti improvvisi, spesso per opera di altri individui altrettanto privi di scrupoli che sanno come interferire nei piani di vanagloria altrui…

Mi rendo conto che si sta parlando del bisogno di sapersi accontentare, un bisogno che il tempo odierno disconosce e certo non incoraggia; i giovani, gli uomini e le donne di oggi, persino gli anziani, oggi non si sanno affatto accontentarsi; mancano appunto gli esempi di riferimento, mancano adeguati stimoli di riflessione; mancano  forze ed energie  che probabilmente,   se ci fosse maggiore impegno anche da parte delle istituzioni che ci rappresentano,  sarebbero adeguatamente  garantite e presenti sul territorio dove quotidianamente ognuno di noi si trova poi ad operare all’interno del proprio specifico settore…

Insomma, è  il gatto che si morde la coda;  l’individuo è insoddisfatto perchè se si impegna non trova riconoscimenti, ma se non si impegna  non può pretendere di avere diritto a veri riconoscimenti.

Come sempre alla fine   è sempre    una questione di scelta personale.


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