Greenpeace ha appena diffuso i dati sulla contaminazione ambientale delle cozze intorno alle piattaforme offshore dell’Adriatico e di proprietà di Eni.
L’analisi, prodotta da ISPRA su richiesta di Eni, ha rilevato la presenza di sostanze pericolose nelle cozze raccolte su 19 piattaforme attive lungo le coste romagnole. Nelle cozze è stato trovato traccia di mercurio, cadmio, piombo e arsenico, benzene e altri idrocarburi policiclici aromatici.
Greenpeace ha spiegato che una parte delle cozze vendute in Italia è raccolta proprio sui piloni di piattaforme offshore. Per questo l’associazione ha chiesto all’Arpa Emilia Romagna di chiarire quali siano le garanzie esistenti sulle cozze “da piattaforma” immesse in commercio.
Un quadro davvero allarmante è emerso dal dossier “Trivelle fuorilegge” di Greenpeace in cui, per la prima volta, sono stati resi pubblici i dati ministeriali relativi all’inquinamento generato da oltre 30 trivelle. Secondo quanto rilevato da Greenpeace, le trivelle molto spesso non rispettano i limiti fissati dalla legge.
I risultati evidenziano che circa l’82% dei campioni di mitili raccolti nei pressi delle piattaforme presenta valori più alti di cadmio rispetto a quelli misurati nei campioni presenti in letteratura. Altrettanto accade per il selenio (77% circa) e lo zinco (63% circa). Per bario, cromo e arsenico la percentuale di campioni con valori più alti era inferiore (37%, 27% e 18% rispettivamente).
Inoltre, molte delle sostanze che l’Ispra ha rilevato presso le piattaforme di Eni dell’Emilia Romagna sono cancerogene.
Eni, in merito ha assicurato che a salvaguardia dell’area marina in cui sono raccolte le cozze vengono effettuati monitoraggi periodici da parte delle Capitanerie di Porto, delle ARPA competenti, di ISPRA e CNR-ISMAR.
Per gli amanti delle cozze, non resta che fare attenzione sulla provenienza del cibo che portano in tavola.
Intanto, tra meno di un mese si andrà ai seggi per il referendum sulle trivellazioni in mare. Votando sì i permessi già accordati entro le 12 miglia marine dalla costa non saranno ulteriormente prorogati oltre la loro naturale scadenza.
A parere di chi scrive, questa è un’occasione per l’Italia per guardare ad un futuro totalmente rinnovabile e sostenibile.
(fonte: http://greenme.it/)