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Crisi di Governo. Le tentazioni autunnali di Gianfranco Fini

Creato il 13 ottobre 2011 da Iljester

Crisi di Governo. Le tentazioni autunnali di Gianfranco Fini

È da un po’ di tempo che non parlo di Fini. In verità, l’uomo era caduto nell’oblio dopo l’affaire Montecarlo (mai chiarito del tutto) e l’immane figuraccia di dicembre 2010, quando tentò con una certa maldestrezza di far cadere il Governo che lui stesso aveva contribuito a formare. Allora, sembrava fosse destinato a essere la vera nemesi di Silvio Berlusconi. Poi, però, l’elefante politico si mostrò per quel che era: un topolino con una manciata di voti.
Eppure Almirante per lui aveva grandi progetti. Sappiamo come è andata. Dopo aver liquidato il Movimento Sociale Italiano, su ispirazione del trasformismo di facciata del Partito Comunista, fondò Alleanza Nazionale, e dopo aver liquidato anche Alleanza Nazionale e aver contribuito alla nascita del Popolo delle Libertà, molla anche questo partito e si dà all’antiberlusconismo più feroce, offeso perché Berlusconi non gli ha dato il giusto peso nelle decisioni di partito (ma sarà poi davvero così?).
Il fatto è – a onor di cronaca – che le premesse del tradimento c’erano già tutte in tempi non sospetti. Conosciamo perfettamente l’esperimento dell’Elefantino con Segni alla fine degli anni ‘90, ma credevamo tutti che il buon Gianfranco, il leader della destra moderna, avrebbe fatto di tutto tranne che intralciare il cammino dell’uomo che più di altri gli ha dato visibilità politica e prestigio: parlo di Berlusconi.
Purtroppo così non è stato. Forse mal consigliato, o forse semplicemente pieno di sé, o forse stanco di recitare il ruolo dell’eterno secondo, il «delfino» almirantian-berlusconiano, decide di mettersi in proprio, e lo fa nel modo peggiore: alleandosi con i vecchi attrezzi della Democrazia Cristiana dei tempi peggiori. Lo fa, ammiccando con Casini, che già da parecchio si era separato da Berlusconi per gli stessi motivi di Fini. E lo fa stringendo amicizia con un ex-tutto, qual è Francesco Rutelli, un uomo che dal radicalismo pannelliano è passato al verdismo del sole che ride, da questi al cattocomunismo della Margherita, e dalla Margherità (poi confluita nel PD) al democristianesimo dell’API, suo partito personale.
Almirante si starà certamente ribaltando nella tomba. Per quanto sia certo che egli non avrebbe «amato» Berlusconi, sono altrettanto certo che mai avrebbe stretto alleanza con ex-democristiani, ex-comunisti ed ex-trasformisti di varia natura, pur di far cadere un governo della destra, né avrebbe voltato le spalle a un alleato, facendo poi la vittima del caso. Cosa che invece ha fatto Fini e che sta facendo tuttora, e senza troppi problemi strategico-politici ed etico-politici.
Eppure, se Fini avesse (ancor oggi) a cuore gli ideali della destra e i suoi valori (valori che da sempre non scendono a compromessi con il doppiogiochismo di comunisti, ex-comunisti, ex-democristiani e post-democristiani), probabilmente avrebbe un diverso atteggiamento, certamente di maggiore rispetto nei confronti di chi l’ha votato e di chi ha creduto in lui. Così però non è. È più forte l’astio nei confronti del Premier che l’amore nei confronti della sua (ormai ex) base. È più forte la voglia di vedere morire Sansone, pur comportando la sua morte anche la morte dei filistei che lo hanno reso quello che è oggi.
In questi giorni di gravi difficoltà del Governo abbiamo tastato nuovamente con mano la triste realtà finiana. Ancora una volta, la tentazione di utilizzare la carica istituzionale per fare opposizione politica al centrodestra e affossare il Premier ha fatto capolino nella mente «strategica» di Gianfranco Fini. E l’occasione propizia è stata quando è salito al Quirinale per consultarsi con il Capo dello Stato. Si dice però che Napolitano abbia raffreddato i suoi bollenti ardori antiberlusconiani. Sarà vero o falso, una cosa è certa: per quanto possa prefigurarsi una sconfitta di Berlusconi, una sua caduta e una sua débâcle, Fini è ormai un politico in inarrestabile declino, il cui ruolo futuro sarà quello non di delfino di qualcun altro (sarebbe già qualcosa!), ma di banale stampella di qualche governuccolo istituzional-sinistrato. Facciamocene una ragione. Anzi, se la faccia Fini.

 

di Martino © 2011 Il Jester 


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