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Cucina Triestina, Maria Stelvio, 1942 (1)

Da Bloody Ivy
Cucina Triestina, Maria Stelvio, 1942 (1)

Bruno Croatto
Trieste 1875-Roma 1948
“Melograni e vaso”

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Maria Stelvio è un po’ il Pellegrino Artusi delle zone Giuliane. La prima edizione Cucina Triestina di Maria Stelvio risale al 1927, la più recente, sedicesima edizione riveduta e corretta, Edizioni Italo Svevo, è del 2000. La spiegazione delle ricette è semplice e chiara, a seguirle non si sbaglia mai, anche se non è corredata da illustrazioni, in nessuna delle edizioni. Le sue ricette hanno fatto la storia, accompagnando più generazioni. Io ne posseggo copie in tre diverse edizioni, il che non significa 3 libri uguali, poiché di volta in volta l’edizione si adatta agli anni in cui viene pubblicata e alle condizioni di vita che inevitabilmente cambiano. L’edizione che presento in questo post è la quarta, quella del 1942, durante la seconda guerra mondiale, stampata da Stabilimento Tipografico Nazionale.

Tratta di tutto: antipasti, brodi e consumati, minestrine comuni,  minestre estive ed invernali, zuppe di lusso, salse sia economiche che normali e di lusso, legumi e ortaggi, carne, pesci, crostacei e molluschi, piatti forti e contorni semplici, piatti economici, piatti economici dolci, piatti per bambini, spuntini e cene, dolci, bevande calde e fredde, pane, frutta crude, cotte e marmellata, liquori diversi e articoli di economia domestica e gestione della casa in tempo di guerra. Siamo nel periodo fascista, in pieno conflitto mondiale. Non è facile trovare gli aggettivi da accostare alla vita di allora, con stati di angosciosa paura con la consapevolezza di essere a rischio di morire sotto i bombardamenti in ogni momento. Non si vive nell’abbondanza, non si butta via il cibo avanzato, e non c’è il frigo per conservare la carne o il burro, si andava a comperare gli alimenti con la tessera, la tua razione prevista, non di più, ma questo non esclude che, che non si possa cucinare qualcosa di buono lo stesso. 

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La prefazione è una dedica alla giovane figlia Augusta che andava a marito, ancora poco preparata a condurre una casa, e riappare identica in tutte le edizioni, anche nella più recente dove risulta ovviamente anacronistica ma ci ricorda la mentalità di quegli anni.
Dissi a mia figlia che andava a marito: Ti compilerò un ricettario e dettaglierò la preparazione delle vivande in modo che tu, da profana, riesca a farti onore.” 

Le prime pagine di questa Cucina Triestina di Maria Stelvio, 1942, sono consigli di economia domestica da adottare in tempo di guerra. Come risparmiare il gas, impilando una pentola sopra l’altra come se quella in alto fosse il coperchio della prima, come fare a scaldarsi se è inverno e si è sotto i bombardamenti. Insegna a rimediare ad alcuni disagi che, in confronto, tutto ciò di cui possiamo lamentarci noi, son bazzecole.
In tempo di guerra è indispensabile avere in casa una bilancia per poter pesare giornalmente, con esattezza, i generi razionati e anche gli altri. Si eviterà così di esaurire le scorte prima della scadenza della tessera, si potrà valutare il costo di ogni singolo pasto, commisurando la spesa alle proprie risorse. Dopo quella dei generi alimentari, l’economia più importante è quella del combustibile. Converrà pertanto confezionare due cassette di cottura per poter cucinare anche due pietanze, adoperando il gas soltanto l’indispensabile per portarle a bollitura (…) Con un freddo eccezionale e la diminuizione dei mezzi di trasporto o per effetto dei bombardamenti può accadere di rimanere per giorni e giorni, senza nessuna fonte di calore.”

Tante le dritte, i consigli, i trucchi (magari un po’ vetusti) da sapere. Per esempio sulle ossa: “Le ossa danno sostanze nutritive anche dopo 8 ore di bollitura, perciò dopo aver fatto il brodo, si fanno ribollire con altra acqua che assieme a una puntina di burro, due dadi e le solite verdure daranno un secondo brodo”.

Non c’è più burro? Inutile perdersi d’animo, rinunciare e cucinare facendo a meno del burro: basta shakerare ininterrottamente, per circa mezz’ora, in una bottiglia a collo largo, del latte crudo. Semplice?

La buona massaia poi non butta via nulla, dagli avanzi di cibo fa polpette, ma sa utilizzare anche la carta della spesa. Se la si mette in gran quantità, a macerare per 3 giorni in acqua fredda e poi la si spreme e se ne foggiano delle palle che si fanno asciugare al sole, si ottiene un ottimo combustibile per la stufa. Se si è così accorte da utilizzare ogni cartina, ci si può scaldare anche tutto l’inverno. (clicca sulle  immagini sottostanti, per ingrandire) 

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Ecco delle ricette, spesso son all’insegna di “l’attesa accresce il desiderio”, vista la durata della preparazione. Fra gli antipasti, le acciughe salate, da poter gustare dopo una marinatura di anche due giorni.

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Per il brodo comune, le ossa delle bistecche van più che bene. La carne per un buon brodo va messa in acqua fredda, viceversa, per avere un buon lesso va messa nell’acqua bollente ma il brodo lascerà desiderare (regola sempre buona, fra l’altro) .

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Per le rape acide bisogna, da quando ne hai l’appetito ed inizi a prepararle, attendere 15 giorni (almeno).

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Ecco le pietanze a cui i triestini non riuscivano a rinunciare neanche in tempo di guerra: la  Jota, la minestra con i capuzi garbi (a cui ho dedicato un intero post)

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il  Goulash

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fonte immagine - cucinatavola.wordpress.com

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Il termine Struccolo merita due righe a parte. Intanto è una storpiatura, forse tipica di quegli anni, per italianizzarlo a tutti i costi. In realtà si scrive con una C solamente, Strucolo, e deriva da Struckel, versione dialettale del tedesco Strudel, adottata anche in Slovenia (Cucina Triestina, Maria Stelvio del 2000, contiene molte ricette di Strucoli ma tutti con una sola C).
E’ un dolce così gradito ai triestini che il nome viene adoperato come vezzeggiativo. Per esempio, se altrove le nonne apostrofano il nipotino con “angioletto mio” e le mamme con “chi è la mia principessina?”, a Trieste si dice “te son el mio strucolo!” che significa, più specificatamente, “sei proprio da abbracciare stretto“, perché la pasta dello Strucolo ha una forma di spirale che può ricordare un abbraccio avvolgente. Più vezzeggiativo ancora è chiamare qualcuno Strucoleto, e non sto assolutamente scherzando!
Lo trovo, fra l’altro, un nome simpaticissimo da dare al proprio gattone. (cliccare sulle immagini per ingrandire)

  

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FINE PRIMA PARTE – Divido l’articolo in due parti, visto l’eccezionale numero di immagini che potrebbe appesantire la pagina e rallentarne la visualizzazione.

Seconda parte Cucina Triestina, Maria Stelvio, 1942 (2)

casalinga
                           bloody ivy


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