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custodia d'anima

Creato il 03 novembre 2011 da Occhio Sulle Espressioni
custodia d'anima マロニエ (Marronnier)
2004
Giappone
Regia: Hideyuki Kobayashi
Soggetto: Junji Ito
Sceneggiatura: Hideyuki Kobayashi
Solitudine e incomprensione umana, tale da generare una deviazione dell'amore verso oggetti che perdono la loro natura, forse presunta, e si caricano di emozioni in loro trasmigrate (cfr. Jan Švankmajer http://occhiosulleespressioni.blogspot.com/search/label/Jan%20%C5%A0vankmajer ). Difficoltà nello scindere il bene dal male, unendoli. Totale nichilismo nel rapporto fra sessi e sulla comprensibilità dell'universo femminile. Le entità assorbitrici sunnominate sono quelle che a vista semplice più si prestano alla cosa: bambole. Bambole che il Giappone ha sempre tenuto sul palmo innalzato, pregne di storia, con significati profondissimi e in tempi recenti immagine di moderno ed antico in armonia.
Sono esse (loro?) più umane di noi? Meritano più attenzioni del prossimo? Ci aiutano più del prossimo?
Qui riportano in auge il mito di Pigmalione ed Eburnea!
Ma forse noi uomini non siamo così diversi, anche noi siamo in balia di burattinai, del destino, spesso anche quando ci illudiamo che non sia così.
Opera unica di Hideyuki Kobayashi (su alcune fonti chiamato Akira), anello mancante fra proposta amatoriale e lavoro professionale, nonché ottima commistione di arti.
Stavolta il termine "videoclipparo" assume accezione positiva, le immagini scorrono veloci come i pensieri nelle menti allucinate dell'antagonista. Ad addolcire ci son transizioni, a ricordarci che non esistono solo flussi negativi, in più sussistono filtri, delle sfocature che rendono l'atmosfera surreale, creati in post produzione, essendo un lavoro digitale. Però attenzione, questi, nei topoi del cinema, incorniciano momenti sognanti, qui no, qui sottolineano la percezione del sinistro, del sovrannaturale. Tutto questo rende regia e fotografia davvero uniche, ricordando che Kobayashi è artefice di entrambe, come del montaggio e di parte delle buone musiche.
Cali di tono recitativo, normale, visto che stiamo parlando di attori alla loro prima ed unica esperienza, props palesemente finti, forse ad amplificare la presenza di oggetti rapportabili al giocattolo (le bambole), ma poco credibile come cosa, non danneggiano però un film ingiustamente passato inosservato, a beneficio di altre opere nipponiche di minor incisione.
Ci sono momenti comici e personaggi macchietta, che iniettano attimi di arcinota tendenza "fumettosa"; forse per una volta se ne poteva fare a meno, ne sarebbe venuto fuori qualcosa di totalmente malato, già di per sé tale con la presenza di Hiroto Nakayama nel ruolo di Soichiro Numai, con la sua folle rilassatezza.
Tratto da un manga di Junji Ito, lo stesso autore di Uzumaki, e si nota la somiglianza di commistione di delirio e sottotesto; vale la visione anche solo per la presenza scenica dei pupazzi, creati anch'essi dall'abile mano di Kobayashi, che prima era noto proprio per questo, difficilmente visti così altrove.

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