Magazine Cultura

Da Olimpia, il racconto di una distruzione pianificata

Creato il 10 agosto 2012 da Filelleni

Molte altre cose ci sono da vedere tra i Greci, e molte meravigliose a udirsi; ma nulla è più divino dei riti eleusini e degli agoni olimpici (Pausania)

Da Olimpia, il racconto di una distruzione pianificata
Tra un tiro al piattello, una stoccata vincente e un tuffo sbagliato, viene istintivo ricordare l’origine dei giochi che ci tengono incollati agli schermi dei nostri apparecchi televisivi più smart e tecnologici che mai. Si perché in questo storico momento che ci troviamo a vivere, fatto di transizioni, evoluzioni e cambiamenti forse radicali, può essere utile ripercorrere alcune tappe fondamentali della storia a partire proprio dalle Olimpiadi.

Una delle leggende riguardo ai giochi olimpici istituiti a Olimpia nell’VIII sec. a.C. parla della rievocazione della disputa tra Pelope, che aspirava a sposare Ippodamia, e Oinomao padre della fanciulla e re della regione. Proprio dalle leggendarie sfide sui carri tra i due uomini deriva la spettacolarizzazione agonistica della contesa di un premio (ahimé in quel caso la fanciulla!) ed è da lì che trarrebbe origine l’idea strutturata di competizioni atletiche collegate a offerte votive; è proprio a Olimpia infatti che si può dire inizia la “monumentalizzazione degli edifici cultuali”.

Da Olimpia, il racconto di una distruzione pianificata
Ben presto questo luogo vide il sorgere di numerosi templi e luoghi di culto tra cui il più importante fu certamente il tempio di Zeus (V sec. a.C.) arricchito nei secoli da statue di divinità e atleti, oltre che essere stato reso famoso in tutto l’Ellade per la presenza della monumentale statua crisoelefantina di Giove.

Ed è proprio Olimpia che rappresenta nella storia uno degli esempi di contrapposizioni tra diverse modalità di concepire la vita civile e religiosa dei popoli europei che si sono avvicendati nel dominio su quelle terre; e proprio da questa storia sembra emerga la consapevolezza che il nesso che lega, nel bene e nel male, alcuni popoli sembra non essersi mai evoluto definitivamente.

Tra i dotti e meno dotti l’epoca classica greca è indiscutibilmente il simbolo di valori e stereotipi fondanti della cultura occidentale. Tuttavia mentre i letterati greci del I secolo d.C. avevano preso a scrivere in latino, forse perché considerata lingua più dotta o forse perché già inclini alla contaminazione (inseguendo quell’innato senso  esterofilo che porta oggi i greci ad organizzare i quartieri residenziali come periferie urbane del New Jersey), ci volle la mente illuminata di Adriano, nel II sec. d.C. perché la lingua greca tornasse in auge e molti degli scrittori dell’epoca riprendessero a utilizzarla per le narrazioni (tra i quali, appunto, Pausania non a caso citato in apertura). Ma nonostante ciò già a quell’epoca sembrava che il destino della Grecia fosse segnato per via della tracotante ascesa delle culture barbare che, sottovalutate forse per eccesso di auto-considerazione, finirono per travolgere quel mondo che scetticamente ne osservava l’arroganza.

Da Olimpia, il racconto di una distruzione pianificata
Se solo quelle due culture avessero dialogato, a quel tempo, se solo quei due mondi si fossero parlati, forse il risultato sarebbe, oggi, una cultura europea davvero stratificata e integrata, anziché una stereotipata contrapposizione tra radici dotte (che all’esasperazione spesso si traducono in conformismo e scetticismo) e impeto dell’innovazione (che in estremo diventa solo volontà di distruzione).

Nonostante le apparenze, nonostante le volontà di Adriano nel salvaguardare le specificità e la ricchezza di una cultura complessa come quella greca, il declino vero e proprio sarebbe inesorabilmente iniziato solo un secolo più tardi, per effetto sia del potere dei romani, sia delle province dell’impero che andavano consolidandosi ad Oriente.

Fu così che il destino della Grecia venne pesantemente segnato per mano di Teodoro I (detto il Grande) nel III sec. d.C. quando decise di porre fine all’indipendenza della Grecia, interrompendo anche i famosi giochi panellenici di Olimpia. Ma il gesto più atroce e definitivo fu compiuto da Teodosio II, nel IV sec. d.C. sempre ad Olimpia, quando diede ordine di radere al suolo il Tempio di Zeus e decapitare tutte le statue dedicate a dei pagani (Teodosio come i Talebani?); ponendo fine così non tanto e non solo a una pratica sportiva, ma svuotando di ogni significato quei luoghi testimoni all’evento sacro delle Olimpiadi che scandivano la vita e il tempo della comunità (venivano addirittura interrotte le guerre per il periodo dei Giochi – la cosiddetta pace sacra ovvero ekecheiria- e l’anno veniva intitolato al vincitore della corsa semplice – come dire che il 2012 è l’anno Bolt).

Molti secoli dopo, per un rigurgito di classicismo da utilizzare forse come lavacro delle proprie colpe, o come simulacro di quelle dotte radici da cui, a seconda delle convenienze e circostanze, si ritiene di discendere tutti, la cultura greca venne riscoperta e numerosi storici, filosofi e filologi del XVII sec., in particolare tedeschi, approfondirono gli studi della lingua greca fino a codificarne nuovamente (forse con un po’ di arroganza?) la pronuncia, la sintassi, la grammatica.

E furono ancora archeologi tedeschi a indagare, fin dal 1875, il sito archeologico di Olimpia, proprio nell’epoca in cui, dopo secoli di interruzione, i giochi olimpici riprendevano ad Atene la loro tradizione.

La passione ottocentesca per le “rovine” e il romantico trasporto per le memorie del classicismo, diede la spinta per svelare luoghi di una bellezza e di una perfezione architettonica mai altrove riprodotta, sepolti sotto diversi metri di terra e stratificazioni, ma non ha mai ridato a quei luoghi la dignità della loro storia.

Oggi Olimpia mostra una distesa di reperti la cui forza evocativa riscatta solo in parte il danno prodotto dall’ignoranza di che ne provocò la distruzione e tra romanzate trascrizioni e mitiche leggende si riproducono metafore che sembrano parlare della storia contemporanea…

Intanto i giochi proseguono nella “isolana” Londra, distante e sorniona, e chissà che dopo lo sbarco di Curiosity su Marte i prossimi giochi Olimpici non possano godere di una location “aliena”.

Ma il ricordo di Ippodamia e del suo merito inconsapevole (o della sua disarmante impotenza) nell’aver generato gli storici Giochi, manterrà le sue radici a Olimpia, per sempre.

Erre



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :