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Da una sponda all’altra dell’Egeo

Creato il 19 luglio 2011 da Istanbulavrupa

Da una sponda all’altra dell’Egeo(pubblicato su il futurista il 19 luglio 2011)

Da una sponda all'altra dell'Egeo, "Karşıdan/Karşıya": è il titolo dell'affascinante mostra sulle civiltà del terzo millennio a. C. nelle isole Cicladi e in Anatolia centrale in corso a Istanbul. Una mostra che parla di attraversamenti, di preistoria marinara, di marcate similarità cultuali ed estetiche, di influenze reciproche; una mostra che ha un'enorme valenza politica, perché rappresenta il primo progetto ufficialmente condiviso tra istituti culturali turchi e greci: il museo (privato) Sabancı che la ospita fino al 28 agosto, il Museo archeologico nazionale e il Museo dell'arte cicladica della Fondazione Goulandris di Atene. I circa 500 oggetti esposti provengono anche dalle collezioni dei musei turchi, in particolare dal Museo delle civiltà anatoliche di Ankara: utensili in bronzo, ceramiche, le famose figurine stilizzate in marmo che hanno ispirato Moore e Picasso, idoli e falli, armi rudimentali in ossidiana, spille e qualche gioiello, l'esatta replica di un'imbarcazione di 14 metri assemblata solo con assi di legno e corde dal Centro di ricerche per l'archeologia marittima dell'Università di Ankara.

Nella conferenza stampa di presentazione, il messaggio politico è stato predominante: soprattutto da parte della direttrice del Sabancı Nazan Ölçer, che ha curato la mostra insieme al direttore del Museo dell'arte cicladica Nicholas Stampolidis. L'ha descritta come un viaggio nel tempo alla ricerca delle tracce di un passato condiviso, come un evento "che aiuterà a superare i pregiudizi residui degli anni recenti" e che spingerà la Grecia e la Turchia - "vicini così vicini eppur così lontani" - "a riscoprire e rideventare orgogliose di questo passato": l'Egeo di nuovo come spazio comune, come mare di pace su cui fioriscono gli scambi commerciali e culturali. L'obiettivo è quindi di coinvolgere il grande pubblico: attirandolo con un allestimento accattivante (autore, l'architetto museale ceco Boris Micka) in cui vengono raffigurate pittoricamente scene di vita marittima e quotidiana nell'età del bronzo, con giochi di luce che sembrano far galleggiare nelle onde increspate la barca delle Cicladi, con un fitto programma di attività didattiche e ludiche per adulti e bambini. Grande pubblico, ma anche pubblico che conta: come i due ministri della cultura, il turco Ertuğrul Günay e il greco Pavlos Yeroulanos, presenti la sera dell'inaugurazione - ulteriore segno tangibile di come l'arte rafforza i percorsi di pace.

E lo stesso Günay, qualche ora prima, aveva presenziato insieme al Patriarca ecumenico Bartolomeo all'inaugurazione di un'altra splendida e significativa mostra: quella alle scuderie del palazzo imperiale Topkapı - da poco restaurate - dedicata ai pittori greci di Istanbul a cavallo del XIX e XX secolo, cento capolavori provenienti dalle chiese ortodosse della capitale romana e ottomana e da collezioni private selezionati dalla curatrice Mayda Saris (che a questi pittori ha dedicato un pregevole volume). Pittori più o meno conosciuti, opere che comprendono ritratti di sultani e ufficiali ottomani, vedute, nature morte, preziose icone; pittori e opere che, per il Patriarca, fanno parte della cultura turca: "e anche noi, come comunità greca e patriarcato greco, facciamo parte di questo paese" - parole di orgogliosa rivendicazione identitaria. Ma ancor più emblematica e per alcuni versi rivoluzionaria è stata la dichiarazione del ministro della cultura, che ha sostanzialmente condiviso quella di Bartolomeo: i rum - o romei - "sono uno dei tanti colori del nostro arcobaleno culturale, una popolazione indigena dell'Anatolia [...] che non è affatto straniera alla nostra cultura o al nostro paese"; e le due mostre che ha inaugurato sono "un passo positivo nella giusta direzione, con migliori e più grandi cose a seguire" - altri eventi culturali, altri programmi di preservazione del patrimonio storico in passato trascurato o addirittura vandalizzato, finalmente la fine delle recriminazioni e del contenzioso e la normalizzazione dei rapporti tra Grecia e Turchia.

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