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Da Vinci’s Demons – 6° episodio [recensione]

Creato il 28 maggio 2013 da Elgraeco @HellGraeco

Da Vinci's DemonsSignore e signori blogspettatori, ben tornati.
Se qualcuno – nonostante siano già passati cinque episodi, uno più folle dell’altro – aveva ancora dubbi sulla natura fantastica e non storica di questa serie, se li leverà con questo episodio. Servitevi liberamente del guardaroba in portineria. Mentre vi scrivo questo, mi accorgo anche di aver negligentemente scordato di dirvi che ogni episodio ha per titolo il nome di una carta dei Tarocchi, ossia – nell’ordine – The Hanged Man (pilot), The Serpent, The Prisoner, The Magician, The Tower e, per questo quinto episodio, The Devil. Sì, ok, il Serpente e il Prigioniero non le ho mai viste in un mazzo di carte, ma fa lo stesso… se questo universo alternativo può ospitare un Leonardo Da Vinci che è molto più simile a uno scapestrato genio alla Indiana Sparrow che all’artista rinascimentale a noi noto, può anche avere le sue carte, tutte quelle che vuole.

Bene, detto questo, andiamo al nostro consueto riassunto che, non c’è bisogno che ve lo dica, è zeppo di SPOILERS!

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Al termine dell’ultima avventura, il Turco è riapparso per consigliare Leo sui ricordi riemersi. Vi rammenterete anche voi infatti che il nostro eroe, nella grotta esplorata da ragazzino, aveva trovato se stesso appeso al soffitto. Il Turco non si scompone, rivelandogli che i Figli di Mitra hanno imparato a conoscere il tempo come un fiume e a navigarlo in entrambe le direzioni, e affidandogli la missione di salvare il misterioso Abissino – sono tutti misteriosi questi tizi – l’autore della mappa trovata da Leo nel libro dell’ebreo impiccato all’inizio della storia. Alcuni tra voi esclameranno: «Una quest! Una quest!» Esatto, il Turco appare per dare informazioni e assegnare missioni. Arrendetevi, è fantasy. Non fantasy D&D ma fantasy, poco ma sicuro.

Il tema della puntata sembra essere il viaggio, ma anche il trovarsi nelle mani del nemico. Infatti Lorenzo è a Urbino con Piero Da Vinci, il padre di Leo, a cercare un’alleanza col chiassoso e bellicoso – ma simpatico, dai – Duca d’Urbino, allo scopo di mettere un freno a Roma. Il Duca ci mette l’esercito e l’esperienza militare, i Medici mettono i soldi per finanziare tutta la campagna militare. Affare fatto.

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A Roma intanto Lucrezia informa il Pontefice, che riecheggiando “la furia omicida del porporato” quasi affoga Lupo Mercuri, prende a pugni Riario e copre di insulti Lucrezia, che viene congedata dal Conte e consigliata di non tornare subito a Firenze, poiché hanno progetti per la città.
Dopo che Madonna Donati se n’è andata, Riario dice a una guardia di ucciderla, perché ormai non serve più a niente, ma di fare tutto fuori dalle mura di Firenze simulando un’imboscata di banditi. Un piano classico e ben congeniato, salvo poi aggiungere un: «Mettetele dei legni negli occhi, ha visto troppo», che svacca tutto il concetto di segretezza. Staremo a vedere.

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Prima di tornare alle avventure di Leo, vi comunico un’altra sotto trama – ebbene sì, questo episodio è una torta a strati, anche più del solito – nella quale Giuliano cerca di discolpare il defunto Becchi e indagare sulla vera spia, così inizia a spulciare i libri della Guardia Cittadina, dove sono segnate le trasgressioni al coprifuoco e sui quali scopre che i cittadini illustri vengono indicati con simboli zodiacali per non mettere i loro nomi nero su bianco. Lui è il Sagittario, ma anche il Capricorno e l’Acquario sono stati visti in giro – anche voi avete pensato ai Cavalieri dello Zodiaco? – ora però deve interrogare la guardia e scoprire a chi corrispondono.

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Intanto si notano affettuosità sospette di Clarice nei suoi confronti, tanto che uno sospetterebbe che… e invece no, la moglie di Lorenzo – e il Magnifico stesso – hanno deciso di farlo sposare con la figlia di Francesco Pazzi, il loro più acerrimo nemico entro le mura di Firenze, allo scopo di creare un’alleanza. Un motivo potrebbe essere il fatto che Clarice non riesce a concepire un figlio maschio (necessario alla discendenza, comunque venga), ragione per la quale i dottori hanno consigliato un frullato di latte d’asina, ossa di capra e palle di toro, oltre al sesso rigorosamente a pecorina, che la coppia esegue anche a beneficio del pubblico.

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Vi assicuro che i nudi in questo episodio non si sprecano, neppure durante le trattative tra Medici e Urbino, che vengono ultimate in sauna, coperti di un niente di asciugamano, escluso il Duca d’Urbino che porta giusto la benda in quanto guercio. E pensare che ci son fior di moralisti che tuonano contro Game of Thrones, ma Da Vinci’s è sul satellite e si sa che quello è luogo di nequizie per il quale nessun inquisitore spreca più una singola favella.

Veniamo dunque all’avventura di Leo di questa settimana, per la quale ho un titolo che è tutto un programma.

Da Vinci’s Dracula

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Siamo rimasti in tre, tre somari e tre briganti.

Dopo aver spiegato a Leo i poteri dei Figli di Mitra, il Turco fa girare una moneta sul piatto e lo manda in un tempo indefinito a farsi una cavalcata con Solomon Ogbai, ossia l’Abissino, grande cartografo e l’unico che può dirgli come raggiungere la terra illustrata nel suo libro, ossia il Sud America. I due parlano della natura del tempo, che un giorno Leo capirà, anche se – dice Ogbai – lui è già oggi il bambino che era e il saggio che sarà da vecchio, e cose così. Poi l’Abissino lo saluta e Leo si sveglia di nuovo in sella a un altro cavallo, diretto con Nico e Zoroastro in Valacchia, per salvare l’Abissino dalle grinfie di Vlad Tepes III detto l’Impalatore, o Dracula.

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Benvenuti in mia casa.

Vlad li intercetta subito e mostra immediata simpatia per Zoroastro, che insulta cortesemente dandogli del bastardo mezzosangue turco eccetera, ma lui non ci sta e alla Dracula gli domanda: «Allora come ti definiresti?» al che il nostro gli risponde: «Unico». Perché Zoro è un figo, o ci prova.
Comunque Leo acquieta gli animi dicendo di essere un emissario di Firenze, inviato per chiedere consigli militari bla bla bla perché Vlad è un grande guerriero e statista eccetera eccetera. Per fortuna, le lusinghe funzionano.

Dracula è pazzo, ma pazzo pazzo, e lo sa. Racconta di essere stato in ostaggio dei turchi per volontà paterna (scambio di nobili ostaggi, come si faceva un tempo), di averli odiati e di odiare in pratica tutti quelli che non sono caucasici come lui, ma soprattutto insiste per brindare a Lucifero, col quale dice di aver stretto un patto in cambio della liberazione e di averci rimesso solo l’anima, senza la quale – afferma – non si vive poi così male, e per dare una dimostrazione fa sbranare un turco da due cani. Leo ricambia con un altro brindisi, ne offre a tutti con strana insistenza, pure alle bestiole. Io mi sarei insospettito un filo, ma forse oltre che pazzo Dracula è anche ottusamente sicuro di sé. Infatti il liquore è drogato, e solo Leo ha l’antidoto che usa per sé e per gli amici, dopodiché si va al salvataggio dell’Abissino, chiuso in una gabbia metallica con cui sono infilate mille mila lame che lui deve estrarre tipo Shangai.

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Difficulty Level: Extreme.
Challenge: Accepted!

Sulla gabbia sta scritto “non portarmi via” che sarebbe poi la traduzione dell’aramaico “ogbai”, ossia il cognome dell’Abissino. Leo riflette, ma vede uno schema nelle lame e procede all’estrazione. Tirano fuori Solomon e fuggono, ma Vlad è sulla loro strada. Gli danno anche fuoco, ma lui continua a combattere dicendo di essere immortale, ma lanciarlo dalla finestra della torre fin giù in cortile contraddice questa anamnesi ottimistica.

Sulla via del ritorno però l’Abissino sta per tirare le quoia. Infatti la scritta non era solo un gioco di parole, ma anche un avviso. La tortura mirava a eviscerarlo e adesso si ritrova con un buco che non si può sistemare.

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Leo protesta: «Ma io dovevo salvarti!» Ogbai gli dice di smettere di pensare al tempo in modo lineare, perché lo salverà, ma un altro giorno. Intanto gli mostra un tatuaggio (da staccare e conservare quando sarà morto, come un adesivo omaggio di Cioè), che servirà per interpretare la mappa già in suo possesso, e con la quale potrà arrivare là dove – gli dice – sua madre lo aspetta col Libro delle Lamine in una città di pietra (e io già immagino mamma Rebecca a Machu Picchu), ma prima dovrà andare a Roma, perché l’altra metà della Chiave si trova là (al collo del Conte Riario, come abbiamo visto qualche puntata fa). Quindi, rotta per il Sud America? Lo scopriremo nel prossimo episodio, restate in linea!


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