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Dal Nepal una richiesta: a casa gli “esperti” del dolore

Creato il 15 giugno 2015 da Cren

Cresce la richiesta di trasparenza verso il sistema dell’industria dell’assistenza (Organizzazione non governative INGO e Nazioni Unite) in Nepal. Prima sul web, poi sulla stampa in nepalese e, oggi, scende in campo l’autorevole quotidiano Republica (fortunatamente niente da spartire con il quasi omologo italiano). Il titolo dell’articolo è semplice: INGOs, show us your numbers. Ed è durissimo.

In post precedenti abbiamo visto che tanti aiuti (Save The Children, Croce Rossa nepalese) sono fermi, per l’abituale indolenza del sistema; che spesso (oggi in Nepal e in passato altrove) “the relief works that are being conducted by various I/NGOs in the earthquake-hit areas are “publicity-oriented” rather than  a humanitarian act”, cioè concentrandosi nei posti più visibili, per produrre materiale pubblicitario per raccogliere fondi e, a volte, comparendo nei luoghi disastrati, promettendo aiuti e poi sparire.

Il rapporto della Humanitarian Accountability Monitoring Initiatives (Hami) aggiunge: “ various I/NGOs working in the quake-hit areas were found hiring vehicles paying exorbitant sum of money only to deliver small quantity of supplies”. In Nepal arrivano ogni anno più di un miliardo di aiuti gestiti dal sistema e non è una novità che siano concentrati nelle aree più visibili e malspesi.

La soluzione, per i donatori italiani, è semplice: valutare progetti piccoli, localizzati, gestiti da associazioni locali, con chiarezza sui costi, beneficiari, gestione dei fondi. Donare ai fast food della cooperazione è buttare via soldi e buone intenzioni.

Il direttore di Republica, Subbash Ghimire, parte dal disastro di Haiti: Croce Rossa che raccoglie SD 500.000 per costruire 6 case, 96% (su USD 3,5 miliardi) gestiti dalla INGO, molti dei quali in consulenti e spese amministrative e che il flusso dei fondi, con pochi controlli, ha generato un immensa corruzione e ancora, migliaia di baraccati. Niente di nuovo per i lettori di questo blog (oltre Haiti c’è l’Iraq, l’Afghanistan, i campi profughi africani, etc.) ma non è una novità neanche per il Nepal ed è un bene che la stampa se ne accorga, almeno adesso.

Ricorda che il governo nepalese si è mosso male nella prima fase del terremoto ma che esso deve rispondere al popolo, cosa che INGO e UN non fanno (anche se i loro fondi arrivano in gran parte dalle nostre tasse). Aggiunge, però, superato il momento iniziale” pathetically indecisive”, ora il sistema dei controlli statali si sta muovendo. Il National Vigilance Center sta vagliando e contrastando le irregolarità sulle distribuzioni degli aiuti e ha presentato un rapporto al governo. Il Parlament Public Accounts Committee sta monitorando l’utilizzo dei fondi dei vari ministeri e distretti e l’operato dei funzionari. Il Comitato Contro la Corruzione (CCIIA) ha sequestrato documenti dal Ministro dei Trasporti e sta investigando su casi di corruzione. L’Office of the Auditor General sta controllando conti e transazioni.

Il giornale si chiede, le INGO e le NU stanno facendo altrettanto dopo tante parole su transparency and accountability. Chiede che siano resi pubblici i conti sui costi sostenuti per stipendi e consulenze di centinaia di “esperti” arrivati in Nepal dopo il terremoto. Molti di questi, aggiunge, arrivati “to “help us” wanted their interviews published in the major dailies, before even trying to understand the severity of the tragedy”.

Molte delle organizzazioni non sono state in grado di spendere i soldi ricevuti, molte li hanno sprecati affittando elicotteri a USD 2.500 all’ora (costo normale USD 1.000) per portare pochi aiuti nei villaggi ma facendo così spettacolo a favore del fundraiser.

“Il nostro governo”, continua il direttore,  “è stato duramente criticato ma è stato in grado di organizzare 4.999 voli, raccogliere oltre 7.600 persone con l’eliambulanze, e curare migliaia di vittime gratuitamente.

Le Nazioni Unite e le altre INGO hanno ricevuto US 124, 7 milioni (Flash appeal delle Nazioni Unite) e altri 182,9 da altri donatori. Hanno fatto arrivare migliaia di “esperti internazionali”: UNICEF 104, WFP (quello del riso marcio) 200, WHO 100, oltre a quelli già residenti in Nepal (oltre 3000). I salari variano da usd 1.000 a USD 10.000 al giorno. Le spese amministrative e logistiche superano USD 20 milioni.

La maggioranza di questo personale era destinato alle prime operazioni di emergenza (rescue) , ora che queste sono finite nessun se ne va. Restano qui con l’intenzione di fermarsi (vista la cuccagna, aggiungo io), dichiarando che le nostre istituzioni sono incapaci di gestire la crisi.

Le Nazioni Unite hanno messo in piedi centri di coordinamento (cluster) a Gorkha, Dhading, Sindhulpalchowk senza l’approvazione del governo e riempiti di “esperti” quali psicologi, sociologhi, esperti di inclusione di genere.

Una delle organizzazioni che più fa lobbyng contro il governo Nepalese è la Nepal Risk Reduction Consortium (NRCC), che unicamente pubblica rapporti fatti dalle agenzie governative. Il segretario del Ministro degli Interni è presidente onorario ed è diretta da un consulente estero pagato fra i USD 10-30 mila mensili.


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